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NORMA ANTI-RAVE: MELONI RIVENDICA, FORZA ITALIA ESITA. LA STRATEGIA PIANTEDOSI E I GUAI DI SANTANCHÈ. L’emergenza doveva essere il caro-bollette, ma il governo resta appeso alla legge anti-rave. Giorgia Meloni stamattina l’ha rivendicato: “Ne vado fiera perché l’Italia non sarà più maglia nera in tema di sicurezza”, ha scritto su Facebook rispedendo al mittente le accuse di liberticidio, e poi ha rassicurato: “Non negheremo a nessuno di esprimere il dissenso”. Salvini dice che la Lega sosterrà il testo così com’è in Aula, ma poi il leghista Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia, apre a modifiche. E perfino Fabio Rampelli, da FdI, parla di confronto con l’opposizione per miglioramenti. I malumori, però, sono soprattutto in Forza Italia, con il vice ministro della Giustizia Paolo Sisto ad invocare una revisione. Tuttavia, la norma è già in vigore e a dispetto dell’interpretazione ristretta che ne dà il ministro dell’Interno, per come è scritta potrebbe valere anche per le occupazioni dei movimenti per la casa. Lo ha detto senza mezzi termini il meloniano Federico Mollicone: “Questa norma può essere applicata giustamente ai palazzi pubblici e privati occupati. Mi riferisco anche agli edifici occupati che la sinistra di Gualtieri tutela a Roma”. Per sdrammatizzare, ma neanche tanto, c’è il commento di Fiorello che stamattina consiglia al governo di usare il decreto per vietare le riunioni di condominio. L’altra grana per Meloni si chiama Daniela Santanchè: la Procura di Milano ha chiesto il fallimento per la società Visibilia, fondata dalla ministra del Turismo. Sul Fatto di domani continueremo a mettere in luce le contraddizioni di questo decreto, non solo giuridiche ma anche sociali, facendo degli esempi concreti. Poi poseremo la lente su due ministri, il titolare del Viminale Matteo Piantedosi e il Guardasigilli Carlo Nordio. Il primo è l’ex prefetto di Roma: cercheremo di capire come è cambiato il suo approccio nella gestione dell’ordine pubblico. Il secondo è l’alfiere del garantismo: voleva ridurre il numero dei reati, il governo ne ha appena inventato uno nuovo (e vuole subito modificarlo).
MORATTI SI DIMETTE E DIVENTA IDOLO DI CALENDA. TORNA BERTOLASO. Letizia Moratti lascia la giunta della Regione Lombardia sbattendo la porta. L’assessora alla Sanità ha accusato il governatore leghista Attilio Fontana di aver tradito l’interesse dei cittadini lombardi. Poi ha attaccato il governo di Giorgia Meloni per il via libera ai medici no vax. Gli attriti con il centrodestra non erano certo un mistero, vista l’ambizione di Donna Letizia di correre per il Pirellone (fortino della Lega) nella primavera 2023. Ora la sua candidatura rischierebbe di compromettere la rielezione di Fontana: un incubo per Matteo Salvini e il centrodestra. Il suo nome era stato fatto per un incarico nel governo Meloni, proprio per scongiurare la discesa in campo. Sul tavolo, anche la nomina (saltata) come amministratore delegato delle olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Rimasta a mani vuote, lo strappo è definitivo. E si intensificano le voci di un suo “interessamento” verso il centro, in particolare Azione. Non serve neanche troppa immaginazione, visto che Carlo Calenda a caldo ha definito Lady Moratti “coraggiosa” e si è detto “certo che in futuro potrà dare un contributo positivo nella politica regionale o nazionale”. Un’accusa risentita viene direttamente da Fontana: “È chiaro che guarda verso sinistra e non da oggi”. In giunta, comunque, al posto di Moratti, arriva l’eterno Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile ai tempi del G8 del 2009 e del terremoto all’Aquila. Sul Fatto di domani vi racconteremo la faida nel centrodestra e le gesta di Bertolaso (inclusi i conflitti d’interesse).
LOBBY FOSSILE, L’ITALIA SPENDE PIÙ DELL’ARABIA SAUDITA. L’Italia è il sesto più grande finanziatore di combustibili fossili al mondo: tra il 2019 e il 2021 ha fornito 2,8 miliardi di dollari all’anno in finanza pubblica al settore, più di Arabia Saudita e Russia, che sono all’ottavo e al nono posto nella classifica dei Paesi del G20. A dirlo è un report pubblicato da due associazioni Usa (per la parte italiana hanno collaborato Legambiente e ReCommon), la Oil Change International e Friends of the Earth. L’analisi rivela che in tre anni la media di finanziamenti a petrolio, gas, e carbone è stata di 56 miliardi di dollari all’anno, mentre alle rinnovabili andava poco più della metà, 29 miliardi di dollari. Come se non bastasse, l’Italia è in ritardo rispetto ad altri Stati nell’attuare l’impegno a porre fine al finanziamento pubblico dei combustibili fossili entro la fine del 2022, sottoscritto alla conferenza globale sul clima di Glasgow l’anno scorso. Non è un bel biglietto da visita per la Cop 27, che comincia domenica al Cairo, in Egitto. Sul Fatto di domani vedremo nel dettaglio i numeri del report ma faremo anche il punto sugli effetti diplomatici del conferenza sul Clima, che dà al governo di Al Sisi una importante occasione di ripulirsi l’immagine. Seguiremo anche il nuovo rialzo dei tassi di interesse negli Usa da parte della Fed (altri 0,75 punti) e capiremo quali ripercussioni avrà sull’economia globale.
UCRAINA, LA RUSSIA RIENTRA NELL’ACCORDO SUL GRANO. VOTO IN ISRAELE: IL VENTO SOFFIA A DESTRA. Mosca è rientrata nell’accordo per i corridoi di esportazione del grano dai porti ucraini. Lo ha annunciato oggi il ministero della Difesa, affermando che le garanzie ricevute da Kiev sono sufficienti. Il prezzo della materia prima ha perso subito il 6%, ma la parte più rilevante della notizia è il dialogo tra i due belligeranti, anche se circoscritto. Negli Stati Uniti il New York Times ha scritto, basandosi su fonti di intelligence, che i vertici militari russi avrebbero discusso recentemente di “quando e come” usare un’arma nucleare tattica in Ucraina. Scoop smentito dal portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, John Kirby, che però conferma la preoccupazione di Washington per il rischio. Lo stesso Kirby ha dichiarato che anche la Corea del Nord ha cominciato a fornire proiettili d’artiglieria all’esercito russo. Sul Fatto di domani ci sposteremo anche in Israele, il giorno dopo le elezioni. I risultati ufficiali sono attesi per domani ma il conteggio dei voti ha assegnato una chiara maggioranza alla coalizione di destra guidata da Benyamin Netanyahu, che con 65 seggi su 120 si appresta a tornare premier per la quinta volta nonostante scandali e fallimenti. Per vincere, si è alleato con il controverso partito estremista Sionismo Religioso, terza forza in Parlamento con 14 seggi, e due partiti ultraortodossi (20 eletti in totale). Sul giornale di domani la cronaca dello scrutinio e un’analisi di Gad Lerner sulle ragioni dello spostamento a destra della società israeliana.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Covid, Schillaci entra in guerra alle Regioni. Il governo vuole impugnare la legge regionale che in Puglia impedisce ai medici senza vaccino di lavorare. Il ministro Schillaci si scontra con la realtà della Sanità regionale e ne esce contuso. Intanto, secondo le prime stime sarebbero 1878 i camici bianchi che dovrebbero rientrare in servizio senza vaccino: il 47% di loro ha più di 68 anni.
Mafia, niente permesso per Graviano. Condannato all’ergastolo tra i mandanti per le stragi di mafia del ’92 e del ’93 e per l’uccisione di don Pino Puglisi, recluso dal 1994 in regime “differenziato”, il capomafia Filippo Graviano non ha ottenuto dalla Cassazione il via libera per uscire dal carcere in permesso premio. Il motivo? La sua dissociazione solo di facciata e l’aver mantenuto “rapporti con i familiari” tra i quali ci sono parenti “convolti in logiche associative”.
“Citofonare Hegel”. Il filosofo della triade dialettica ha una risposta a ogni domanda, sostiene un saggio di Paolo Pagani. E se non ce l’avesse, ci si può rivolgere a Kant.
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