Il governo ha annunciato la decisione di cancellare il bollettino giornaliero dei casi Covid. Detto e fatto. Il flusso d’informazioni è stato interrotto da un momento all’altro. Dalla piattaforma informatica pcm-dpc/Covid-19 del ministero non sarà più possibile ottenere informazioni circa l’incidenza dei casi, la loro tipologia e la loro distribuzione regionale. Sarà invece fornito un bollettino settimanale. Questa decisione ha delle implicazioni politiche programmatiche che esulano dall’aspetto tecnico e scientifico sebbene neanche quest’ultimo non sia trascurabile. A partire dall’aspetto strettamente politico non si può fare a meno di ricordare le parole della presidente Meloni: “Ho voluto un ministro della Sanità cosicosì (immagino riferito al prof. Schillaci) perché il tema della scienza non si affronta con approccio ideologico, ma con evidenze scientifiche”. Ebbene prof. Schillaci, accademico e scienziato, proprio a lei chiedo cosa c’è di più antiscientifico e ideologico che negare alla comunità scientifica l’accesso ai dati (le evidenze scientifiche di cui parla la presidente) e quindi impedire che la comunità scientifica stessa e anche il pubblico informato possa giungere a deduzioni indipendenti. Questa scelta che lei ha compiuto è in totale conflitto con i principi di condivisione delle informazioni e di trasparenza che rappresenta la misura del rispetto che le istituzioni, quindi il suo ministero, hanno nei confronti dei cittadini e dei contribuenti. I dati, vale di nuovo la pena ricordarlo, appartengono a tutti noi e ne reclamiamo il diritto di consultazione libera. Questa decisione è, inoltre, in totale contrasto con le politiche di acceso ai dati raccomandate dall’Oms e dal Centro europeo per il controllo e prevenzione delle malattie (Ecdc) cui l’Italia ha aderito. A questo punto viene da chiedersi se l’interruzione del flusso dati Covid interessi anche gli obblighi che l’Italia ha nei confronti di Oms e di Ecdc o se solo ai cittadini sarà negato accedere a queste informazioni. Il bollettino Covid con il numero dei positivi, ricoverati e deceduti rappresenta il termometro dell’andamento dell’epidemia ma è anche un indicatore per verificare l’efficacia delle misure di contrasto messe in atto. Dopo la rimozione di tutte le misure di contrasto e controllo proposte dal governo, il bollettino giornaliero rappresenta l’unico strumento puntuale a disposizione per misurarne l’impatto. Forse è questa informazione che non si vuole condividere con la comunità scientifica e con i cittadini. Il motto del nuovo governo “non disturbare chi vuole fare” offre una chiave di lettura illuminante sulla scelta di interrompere l’accesso ai dati Covid. I dati e le evidenze scientifiche disturbano “chi vuole fare”, restringono il ventaglio delle scelte politiche e soprattutto possono essere utilizzati per individuare delle responsabilità. Dal punto di vista tecnico-scientifico, la scelta di limitare l’accesso al bollettino giornaliero ha delle implicazioni sulla capacità della comunità scientifica di eseguire valutazioni indipendenti sull’indice di trasmissione R0 nelle diverse regioni, di verificare il livello di protezione della popolazione contro eventuali nuove varianti e valutare l’impatto delle misure di contrasto messe in atto. Non si può chiedere una commissione d’inchiesta e allo stesso tempo negare accesso a dati che permetterebbero di valutare le azioni future di chi adesso ha il dovere e la responsabilità di proteggere la salute degli italiani. I governi che si sono avvicendati prima di questo hanno preso delle decisioni che a volte non ho condiviso, ma va dato atto di come il ministro Speranza sia stato un esempio virtuoso di condivisione totale, illimitata e senza restrizioni di informazioni e dati Covid: politica fondamentale per vincere la battaglia contro l’epidemia.
*microbiologo e senatore Pd