Pubblichiamo la postfazione del libro “Libere” di Martina Castigliani
Ogni volta. Ogni volta che penso a chi ha bisogno, ma realmente bisogno, chiudo gli occhi e provo a fare un esercizio che vorrei facessero tutti. Provo con la mente a vivere la vita degli altri, quelli che non sono nati dove sono nata io, con genitori simili ai miei, con le stesse possibilità culturali ed economiche. Allora mi immagino in fila per un pugno di riso perché ho fame, mi immagino persa nel mare con il rischio di affogare perché sto scappando dall’inferno oppure mi immagino di essere una donna che deve scappare da un matrimonio forzato o da una famiglia che non mi vuole libera nelle mie abitudini, ambizioni e scelte di vita. Quando riapro gli occhi non provo solo sollievo per non essere in quella condizione, ma provo anche senso di impotenza e disagio nel condurre quotidianamente la mia vita privilegiata sapendo che da qualche parte nel mondo ogni giorno ci sono milioni di persone che non hanno cibo, e migliaia di persone che vivono soprusi e violenze. E migliaia di donne che non riescono a scappare. Questo libro nasce dalla voglia di dare un contributo se pur apparentemente piccolo a quel percorso di conquista della libertà e del rispetto della persona umana che tante donne stanno cercando disperatamente di affrontare.
Senza ossigeno si muore. Non si respira. La libertà è il nostro ossigeno per vivere. E la possibilità di ribellarsi e di dire no è un privilegio della democrazia, almeno di quella a cui noi siamo abituati a pensare. Ebbene qui, in questo poco spazio, abbiamo raccontato le storie di alcune donne che per riuscire a respirare e avere lo spazio di condurre una vita dignitosa, scelta e non imposta, per smettere di essere oggetto di violenze talvolta anche fisiche, oltre a quelle psicologiche, sono scappate gridando aiuto. Abbandonando magari le proprie radici e i propri familiari, cercando di reinventarsi con la paura che non le ha mai abbandonate. Coraggio e paura. Ci vogliono entrambi per farcela. Il coraggio ti fa scegliere, la paura ti permette di chiedere aiuto. Sono felice, molto, che con la Fondazione Umanitaria Il Fatto Quotidiano abbiamo aiutato l’associazione Trama di terre che opera in Emilia-Romagna, salvando donne che con coraggio e paura ce la mettono tutta per ricostruirsi una vita all’insegna della libertà. Per riuscire a respirare. Non è facile reinventarsi. Non è facile lasciare tutto senza sapere cosa ti aspetta. Proviamo sempre in quell’esercizio salutare di mettersi nei panni degli altri, a pensare a quelle che noi riteniamo fatiche nelle nostre vite. E poi proviamo a pensare subito dopo alla fatica di scappare lasciando tutto quello che ci appartiene. Pensiamo alla fatica di lasciare dei familiari a cui vogliamo bene, ma che ci opprimono per motivi religiosi o comunque culturali, o alla fatica di scappare da una persona, nella fattispecie un uomo che ha costruito una galera perfetta per soffocarci, per ucciderci. Ecco che le nostre fatiche sono il nulla, anzi spesso simbolo dei nostri privilegi. Mi capita spesso di sentirmi inutile quando penso all’oceano di persone che avrebbero bisogno di aiuto ma non lo sappiamo. O meglio non riusciamo ad arrivare ovunque per tendere quella mano civile da uomo a uomo. Da persona a persona. Non posso essere ovunque ci sia bisogno. Chissà in quante case c’è una persona che piange in solitudine, che sogna di scappare ma non ci riesce. Se penso a questo ne deriva per forza un grande senso di impotenza che però cerco di mettere subito nel cassetto. Mai dare spazio al senso di impotenza così tanto da pensare che sia tutto inutile e che non vale la pena fare qualcosa anche se poca cosa rispetto a quell’oceano di bisogno. Mai. Facciamo quello che possiamo. Puntiamo a fare il massimo, sperando di far parte di una catena lunghissima di persone che ogni giorno dedicano un po’ del loro tempo e della propria vita agli altri. A quelli che gridano aiuto. Dalle tante piccole azioni nascono grandi imprese umanitarie.
Le storie raccontate in questo libro sono vere. Sono tutte vere. E sono le vite che non abbiamo vissuto noi perché ci è andata molto bene. Il menefreghismo, quello che la nostra epoca consumistica ci ha insegnato, sta facendo il suo tempo. Temo sia in scadenza. Perché anche noi incominciamo un po’ a tremare di fronte alle crisi economiche, di fronte alle pandemie, di fronte al rischio di non avere più il benessere di prima, di fronte alle guerre che notiamo solo se ci stanno al confine, viceversa ’sti cazzi. Speriamo che il menefreghismo sia davvero in crisi. E che dalle macerie dell’epoca nostra ne rinasca un’altra dove prevalga il pensiero che se sto bene io, ma il mio vicino di casa muore di fame o è vittima di violenza, non posso voltarmi dall’altra parte. Personalmente i momenti della mia vita più belli sono quelli in cui ho aiutato gli altri e soprattutto quando ho condiviso il mio benessere con chi non ne aveva. Sono donna, non ho figli e spesso mi chiedo a chi andrà la mia casa, a chi lascerò i miei averi un giorno. Allora approfitto di questo spazio per dire che spero tanto il prossimo anno di iniziare un percorso di adozione. Vorrei tanto adottare una donna che è scappata chissà da dove e ha bisogno di ricostruirsi una vita. La legge italiana non permette a una donna single di adottare un minorenne. Ma maggiorenne consenziente sì. Ci riuscirò. E salverò una vita. Ho trovato un biglietto di mia madre proprio recentemente scritto tanti anni fa; recitava così: “I figli non sono solo quelli che si cagano, ma sono anche le persone che aiutiamo. Io ti amo ma non fossi arrivata avrei trovato il senso della mia vita negli occhi di chi ha fame”.
* Presidente e Ad Seif
LIBERE. IL NOSTRO NO AI MATRIMONI FORZATI
di Martina Castigliani. Illustrazioni di Elisabetta Ferrari. Postfazione di Cinzia Monteverdi (edizione PaperFirst)
Il libro è disponibile in tutte le librerie dal 4 novembre al prezzo di 17,00€, i proventi derivati dai diritti d’autore saranno donati alla Onlus Trama di Terre (ACQUISTA QUI)