In questa eterna gara a chi fa peggio, non si sa se sia più indecente la Moratti a candidarsi in Lombardia contro le destre di cui è stata fino all’altroieri la vicepresidente dopo esserne stata la presidente Rai, la ministra dell’Università, la sindaca di Milano, la candidata al Colle e l’aspirante presidente della Regione; o il duo Ollio & Ollio a caricarsela e a stalkerare il Pd perché se la accolli; o il trust dei giornali di casa Elkann & De Benedetti a spacciarla come la soluzione ideale per il Pd.
Diciamo che il match a tre finisce ex aequo e occupiamoci degli elettori progressisti, che non vedono l’ora di votare la compagna Letizia per una serie di decisive ragioni.
1) Da presidente Rai nel 1994, la Moratti piazzò al Tg1 e al Tg2 i berluscones Rossella e Mimun, poi cacciò da capo della concessionaria pubblicitaria Sipra Edoardo Giliberti, che si era permesso di far concorrenza alla berlusconiana Publitalia con utili da record; lo rimpiazzò con Antonello Perricone, ex amministratore Publitalia; e teorizzò che “la Rai dev’essere complementare alla Fininvest”: non concorrente, sennò B. s’incazzava.
2) Da ministra dell’Università, oltre a distruggerla con una riforma demenziale e tagli selvaggi, siglò un accordo con Poste per prenotazioni, acquisti e consegne dei libri scolastici forniti in esclusiva da Mondolibri, cioè da Mondadori della famiglia B..
3) Nel 2006 chiamò le destre in piazza contro Prodi che non militarizzava abbastanza Milano contro il presunto boom della criminalità.
4) Nel 2007 aderì al Family Day col marito Gianmarco, ovviamente divorziato.
5) Nel 2006 si unì alla campagna di B. che rifiutava di riconoscere la vittoria di Prodi e gridava ai brogli, e sostenne addirittura che “al Senato abbiamo 2 milioni di voti in più dell’Unione” (maxi-balla).
6) Da sindaca buttò fiumi di denaro pubblico in incarichi e consulenze inutili e fu condannata nel 2017 dalla Corte dei Conti, col vice De Corato e 20 fra assessori e funzionari, a risarcire il Comune con 1,9 milioni (di cui 591 mila euro in proprio) per “grave colpevolezza” e “scriteriato agire, improntato ad assoluto disinteresse dell’interesse pubblico alla legalità e all’economicità della funzione”.
7) Nel 2011 si ricandidò a sindaca e accusò il suo avversario Giuliano Pisapia di essersi salvato 30 anni prima per amnistia da una condanna per terrorismo e rapina (una mega fake news: Pisapia aveva rinunciato all’amnistia ed era stato assolto nel merito).
8) Da vicepresidente e assessora regionale, oltre a perpetuare i favori alla sanità privata, gestì malissimo il Covid e giunse a chiedere al commissario Arcuri di ripartire i vaccini fra le Regioni anche in base al Pil.
A questo punto, se dovesse dimettersi da ministra, meglio la Santanchè: è molto più di sinistra.