Giuseppe Sala passerà alla storia come il sindaco della privatizzazione di Milano, o meglio, della rinuncia del Comune a gestire la città e le sue trasformazioni in nome dell’interesse dei suoi cittadini. Un tempo il sindaco era l’amministratore della città, colui che doveva far prevalere l’interesse pubblico, rispetto ai legittimi interessi privati in campo. Ma oggi gli operatori privati sono ormai i padroni incontrastati della metropoli, delle scelte urbanistiche, delle operazioni immobiliari, della gestione del presente e della progettazione del futuro. Dallo stadio di San Siro agli scali ferroviari, dal villaggio olimpico al palasport di Santa Giulia, il sindaco e la pubblica amministrazione sono soltanto notai che assistono alle scelte degli operatori privati e ratificano decisioni prese da altri. Nel migliore dei casi, smistano i progetti e le proposte avanzate dai privati, chiedendo qualche modifica cosmetica. Ormai è un metodo, un sistema consolidato. Per comprenderlo, è bene partire da un esempio piccolo, poiché il diavolo è nei particolari e dal piccolo si può capire come funziona ormai la grande macchina della privatizzazione della città.
C’era una volta la piscina Scarioni. Cinque vasche, di cui una olimpionica, di proprietà comunale. Prezzi popolari, in una zona periferica della città dove la piscina pubblica è l’alternativa alla spiaggia per chi anche d’estate rimane in città. Da quattro anni il centro balneare Franco Scarioni è chiuso. Ora la giunta di Sala ha approvato il progetto di “riqualificazione” presentato dalla società spagnola Ingesport Health And Spa Consulting. Prevede la demolizione della vasca olimpionica e di quella per i tuffi, sostituite da due vasche più piccole (per adulti e per bambini), utilizzando lo spazio ricavato per edificare un centro fitness con palestra e grande parcheggio privato, eliminando mille metri quadrati di verde e alberi, e naturalmente aumentando le tariffe. Costo dell’operazione: oltre 15 milioni di euro, di cui solo 2 per le piscine e gli spazi che resteranno pubblici; tutto il resto sarà per il centro fitness privato di Ingesport, a cui sarà concessa in gestione la nuova Scarioni per 42 anni. I cittadini del quartiere hanno costituito un comitato per contestare il progetto, hanno ricevuto sostegno dal Municipio 9, ma hanno trovato chiuse le porte di palazzo Marino.
È il metodo Salaland. Largo ai privati, a cui si lascia la gestione di pezzi sempre più grandi di città, riducendo gli spazi pubblici e mortificando l’interesse collettivo. Gli esempi “grandi”, ben più devastanti dell’affidamento ai privati di una piscina pubblica (la Scarioni, come prima il Lido di Milano, già gestito da Ingesport), sono noti. Il Meazza, bene pubblico del Comune di Milano, dovrebbe essere abbattuto – se la proposta di Asm Global non riaprirà la partita – per far posto a un nuovo stadio privato, più piccolo e più costoso per gli spettatori, con attorno grattacieli e centri commerciali da edificare su terreni pubblici per remunerare l’investimento privato di un paio di fondi esteri. La costruzione del villaggio olimpico per Milano-Cortina 2026 e il destino dell’intero ex scalo Fs di Porta Romana è lasciato nelle mani di Manfredi Catella di Coima.
Più in generale, il Comune di Milano ha rinunciato alla gestione della più grande operazione di rinnovo urbano d’Europa, quella sui sette scali ferroviari della città, lasciandone la gestione a Fs Sistemi urbani, società delle Ferrovie dello Stato che opera come un immobiliarista privato, ricavandone almeno 500 milioni (il Comune solo 50). E il palasport di Santa Giulia che sarà costruito per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026? Sarà pubblico, a disposizione del Comune, solo un paio di giorni all’anno.