Diciassette miliardi e cinquecentomila euro sono i “costi esterni” medi, annuali, della produzione di energia elettrica in Italia (2016-2018); i costi relativi ai danni alla salute umana e agli ecosistemi sono di gran lunga le due maggiori esternalità, soprattutto per l’energia fossile.
Nei paesi UE + G20 non UE, i costi esterni medi dell’energia elettrica (2016-2018) sono rispettivamente di 179 e 3.087,3 miliardi di euro. Nonostante ciò, la quota maggiore di tasse e misure sull’energia riguarda, con un ampio margine, il consumo, non la produzione.
Un rapporto recente, al quale hanno partecipato esperti della Commissione Europea, fornisce un insieme coerente di dati sui costi di generazione e di sistema e sui “costi delle esternalità nel settore energetico”. L’ambito di applicazione é stato l’UE e i paesi del G20 non UE.
La ricerca ha preso in considerazione l’intera catena del valore dell’energia, dalla produzione primaria alla trasformazione, alla trasmissione, alla distribuzione, allo stoccaggio e al consumo.
I combustibili fossili hanno i costi esterni più elevati
Una esternalità è il costo di una attività per coloro che non svolgono un ruolo nella stessa attività. Nel caso dell’energia gli autori utilizzano la definizione secondo la quale il costo totale dell’energia include sia i “costi privati” dell’energia, ad esempio quelli direttamente correlati all’attività come il prezzo pagato per una centrale elettrica, eventuali costi del carburante, più eventuali tasse o altri oneri, sia i “costi esterni” per la società come gli impatti delle emissioni di una centrale elettrica su salute, clima, ecosistemi, agricoltura ed edifici. Gli autori hanno fornito dati disaggregati sui costi esterni per il settore energetico (ad esempio i costi relativi alla salute umana e agli ecosistemi).
I combustibili fossili hanno i costi esterni più elevati di 68-177 €/MWh. Il costo esterno totale più elevato per MWh per la media dell’UE a 27 incide sulle tecnologie energetiche dei combustibili fossili, carbone fossile, lignite, gas naturale e petrolio, con un range che va da circa 68 €/MWh a 177 €/MWh per la media dell’UE a 27. I costi per la biomassa (52€/MWh) sono inferiori a quelli del gas naturale, ma sono sempre rilevanti. Per i paesi del G20 non UE, i costi sono più elevati, da 81 a 305 €/MWh, a causa della minore riduzione delle emissioni degli impianti fossili in questi paesi, in particolare Cina e India.
Danni alla salute tra due e quattro miliardi di euro
Le tecnologie per l’energia rinnovabile hanno costi esterni di 3-17 €/MWh nell’UE e nel G20; queste tecnologie includono il solare fotovoltaico, il solare CSP e la generazione geotermica, ma esclude la biomassa. Il cambiamento climatico e il particolato sono di gran lunga le due maggiori esternalità, soprattutto per l’energia fossile. Gli impatti più significativi sono i cambiamenti climatici, maggiori per il carbone, la lignite, il petrolio e il gas naturale.
Questi impatti rappresentano almeno la metà dei costi esterni delle tecnologie fossili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che, entro il 2030, i costi dei danni diretti alla salute per la mortalità e la morbilità causati dai cambiamenti climatici (esclusi i costi in settori determinanti per la salute come l’agricoltura, l’acqua e i servizi igienici), siano compresi tra 2 – 4 miliardi di euro l’anno.
La seconda quota più grande dei costi esterni è associata al materiale particolato (polveri), questi costi rappresentano i danni alla salute umana a seguito della esposizione alle emissioni tossiche nell’atmosfera ed è più alto per le fonti di energia basate sulla combustione (combustibili fossili e biomassa).
Una tassazione sbagliata
Poche misure di internalizzazione (tasse) si concentrano sui produttori di energia, la tassazione si concentra principalmente sui consumi e i consumatori finali sono i più colpiti pagando direttamente con la propria salute i danni causati dalle emissioni inquinanti.
A seguito di una revisione dei dati fiscali, gli autori dello studio hanno notato che ci sono pochissimi strumenti, al di fuori dell’area dei cambiamenti climatici, i quali possono essere considerati come internalizzazioni degli impatti dei costi esterni che sono stati valutati.
Inoltre, la produzione di energia riceve trasferimenti monetari da enti pubblici a meccanismi e schemi economici privati ed esistono normative che si traducono in sussidi incrociati.
Non c’è alcun segno che la crisi energetica stia migliorando e la Russia non riprenderà completamente le sue forniture di gas all’Europa fino a quando l’Occidente non rimuoverà le sanzioni imposte a Mosca per la sua invasione dell’Ucraina.
In questa situazione drammatica sembra imperativo che le famiglie debbano essere protette dall’impennata, apparentemente infinita, dei prezzi dell’energia perchè i cittadini stessi, da sempre, pagano non solo come consumatori finali ma, in termini di danni alla salute, anche la maggior parte dei costi esterni dell’energia elettrica.
Una soluzione giusta sembra essere, dunque, quella di far pagare con i fondi degli extraprofitti l’aumento dei costi delle bollette della luce alle stesse compagnie elettriche che producono energia da combustibili fossili, a compensazione delle esternalità.