Probabilmente se io porgessi ad una persona un foglio bianco con un segno nero, quella persona noterebbe solo il segno nero, il foglio bianco non lo vedrebbe nemmeno. Ecco provate ad immaginare che il foglio bianco siano tutte le azioni che la società civile ha portato avanti di fronte alle sedi che avrebbero dovuto dare realmente ascolto, mentre invece da quest’ultime, l’attenzione è arrivata solo dopo aver spostato il focus su quel segno nero, necessario, di disobbedienza civile. Una continua ricerca del dialogo verso chi veramente potrebbe operare le giuste decisioni per togliere un altro segno nero, quello che incombe sul futuro del nostro pianeta. Nei prossimi sette anni, ci saranno fino a 700 milioni di sfollati, per carenza idrica ed eventi estremi in Africa (fonte IPCC). Ma non serve andare troppo lontano per notare gli effetti catastrofici, in quanto la stessa zona mediterranea – che ospita anche la nostra penisola – sta subendo una metamorfosi di aridità, con conseguenze che sono perfettamente visibili. L’innalzamento delle temperature porta nel breve periodo una maggior secchezza della flora rendendola maggiormente soggetta ad incendi e più in grande ad un’elevata siccità, spostando quindi anche il tiro nella vita sociale e lavorativa.
Insomma sono molteplici gli aspetti per i quali, il destino al quale stiamo andando incontro, è un qualcosa che dovrebbe farci preoccupare tutti e se siamo arrivati a dover fare azioni di disagio pubblico (sempre rispettando la linea della nonviolenza) è perchè realmente temiamo di essere – l’ultima generazione – che ha provato a guardare in avanti, che si è preoccupata di quello che sarà la nostra vita e quella di chi verrà dopo di noi.
Una delle critiche che ci viene rivolta più spesso riguarda il target delle nostre mobilitazioni, che spesso purtroppo intralciano la vita quotidiana delle persone; premesso che poniamo sempre molta attenzione nell’avvisare i nuclei ospedalieri vicini al luogo della manifestazione di scegliere altri itinerari in caso di emergenza, la ragione del disagio è proprio quella di creare un malessere che non può essere più ignorato da chi realmente ha la forza di decidere. Chiaro che se potessimo, faremmo di tutto per dare voce alle nostre parole di amore per il futuro, senza recare fastidio a nessun’altro, cosa che ahimè si è resa necessaria ma sempre seguendo i dettami pacifici della disobbedienza civile, riprendendo azioni compiute anche dal movimento dei diritti civili, in parte guidato da Martin Luther King, come ad esempio i blocchi stradali.
Quello che più ci preme, è riuscire a demolire le emissioni da qui ai prossimi tre anni in modo drastico e per farlo, serve una netta inversione di rotta dal punto di vista dell’investimento energetico. Per questo chiediamo innanzitutto l’interruzione dell’incremento di produzione delle centrali a carbone, metodo ormai chiaramente obsoleto ed estremamente dannoso per chiunque, dall’uomo fino alla fauna e all’ambiente che ci circonda. Allo stesso modo chiediamo anche l’interruzione di nuovi progetti di estrazione di metano nel suolo o nel mare italiano – argomento tristemente di attualità nell’ultimo periodo – medesimo portatore di danni e obsolescenza. La soluzione alla nostra portata e che vogliamo porre all’attenzione generale è l’aumento di 20 gigaWatt di produzione eolica e solare da apportare il prima possibile; conversione che avrebbe un impatto fondamentale per la nostra salute e dell’ambiente.
Inoltre, rispetto alla narrativa che vorrebbe la creazione di nuovi disoccupati esuli del settore fossile, secondo alcuni studi, riqualificando i medesimi lavoratori nel settore delle rinnovabili, si creerebbero almeno il triplo, mantenendo una stima bassa, di posti in più rispetto a quelli disponibili attualmente. Il tutto, impreziosito da un netto calo delle bollette, visto che la “classifica” delle fonti energetiche più costose, vede il gas al primo posto.
Insomma sono molte le ragioni per le quali percorrere questa strada, socialmente ed economicamente parlando, ma soprattutto eticamente, perché se restiamo sconvolti di fronte alla zuppa sul vetro di un quadro che verrà pulito in qualche minuto, non possiamo ignorare la distruzione di quello a cui stiamo andando incontro, visto che tra qualche anno saranno i beni culturali stessi a subire il degrado dell’innalzamento delle temperature. Sir David King, scienziato e capo consulente del governo britannico, afferma che i prossimi tre o quattro anni saranno fondamentali per la sorte della vita nel pianeta Terra, in questo breve messaggio è comunicata tutta l’impellenza di dover agire ora, perché quello su cui ci troviamo in bilico è un confine dal quale poi, una volta superato, non si torna più indietro.