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UCRAINA, QUANDO FINIRÀ LA GUERRA. BIDEN PERDONA BIN SALMAN. Mentre il conflitto è arrivato al 266esimo giorno, le parti in campo parlano di fine della guerra con una concretezza inedita. Tutto è cominciato con le dichiarazioni del capo di stato maggiore del Pentagono, il generale Mark Milley, che ieri in una conferenza stampa ha giudicato improbabile la possibilità di una vittoria militare a breve termine dell’Ucraina. La Russia, è l’analisi di Washington, anche dopo le ultime battute d’arresto mantiene una forza da combattimento significativa. Commentando queste parole, il consigliere di Zelensky Mykhailo Podolyak ha detto per la prima volta che la guerra potrebbe finire prima che l’Ucraina liberi tutti i territori occupati con i mezzi militari. Il chiaro riferimento è alla Crimea. Per Podolyak, Mosca si potrebbe già considerare sconfitta se il suo esercito dovesse perdere una grande città occupata dal 2014, come una di quelle del Donbass (anche perché verrebbe meno la continuità territoriale con la penisola occupata). Il Cremlino, con il portavoce Peskov, chiede agli Usa di convincere Kiev al cessate il fuoco. La risposta di Washington, che ritiene che l’inverno può essere “una buona finestra per negoziare la pace”, è che gli Usa non parleranno con la Russia senza la presenza della controparte ucraina: “Spetta a Zelensky decidere quando”, dicono dalla Casa Bianca. Sul campo, i filorussi preparano fortificazioni nei territori conquistati, l’Ucraina denuncia che metà delle infrastrutture energetiche del Paese sono fuori uso e accusa i russi di aver lanciato un missile di tipo nucleare senza testata atomica. Sul Fatto di domani capiremo se siamo di fronte a un passo avanti in direzione della fine delle ostilità (seppur temporanea) anche con un’intervista a Samir Puri, professore di studi militari del King’s College di Londra, autore del libro La via della guerra russa e osservatore sul campo del conflitto in corso. Daremo conto anche degli ultimi sviluppi dell’inchiesta della Danimarca sulle perdite dei gasdotti Nord Stream: il sabotaggio è confermato, ma la responsabilità non è chiara. Voleremo infine a Washington per parlare della decisione shock del Dipartimento di Stato americano di accordare l’immunità al principe ereditario saudita Bin Salman nell’ambito del processo per l’omicidio di Jamal Khassoggi. Una retromarcia clamorosa per l’amministrazione Biden, che del resto aveva già inaugurato la stagione di disgelo (per motivi energetici) con un viaggio in Arabia Saudita ad agosto.
BILANCIO E AUTONOMIA: IL GOVERNO ENTRA NEL VIVO. Dopo i rave e le navi delle ong con i migranti, Giorgia Meloni è pronta ad aprire i fascicoli spinosi dell’Autonomia e della legge di Bilancio. La manovra vedrà la luce nel consiglio dei ministri di lunedì prossimo. Intanto, la Lega vuol marciare spedita sull’Autonomia (con Fratelli d’Italia pronta a tirare il freno). A Montecitorio la premier ha incontrato i suoi vice – Tajani e Salvini – con Roberto Calderoli e Raffaele Fitto. All’ordine del giorno: la bozza del ministro per gli Affari regionali per dare più poteri alle Regioni. Di sicuro, la proposta Calderoli sarà rivista, per sedare i malumori di Fratelli d’Italia e la rivolta delle Regioni del Sud. Nel mirino sono i finiti i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), cioè lo standard minimo dei servizi fondamentali – come la salute e l’istruzione – per scongiurare lo “spezzatino” lungo la Penisola. Dalla bozza erano spariti, ma ora Calderoli sembra ingranare la retromarcia: “Dopo 21 anni, questo governo arriverà alla definizione di tutti i livelli”. Fratelli d’Italia – il partito della nazione – vuole legare l’Autonomia alla riforma presidenzialista. Sul Fatto di domani vi racconteremo i retroscena dell’incontro con la premier e le lotte tra alleati sui poteri delle Regioni. Poi c’è la manovra: nel pomeriggio Meloni ha incontrato i capigruppo della maggioranza. Sul tavolo ci sono poco più di 30 miliardi, 21 serviranno ad arginare il caro bollette. Senza dimenticare il consueto aiutino agli evasori. Dal testo allo studio del governo dovrebbe essere saltata la sanatoria per i capitali all’estero, ma resta confermato lo stralcio della cartelle esattoriali e l’innalzamento del tetto al contante fino a 5 mila euro.
IL CONGRESSO INFINITO DEL PARTITO DEMOCRATICO: DOMANI L’ASSEMBLEA (E LETTA POTREBBE LASCIARE). Il Pd affonda nei sondaggi mentre si dilania nella scelta dei tempi del congresso. Per accorciare il percorso, il Nazareno ha anticipato la data delle primarie al 19 febbraio. Ma la destra del partito, con i renziani e il candidato alla segreteria Stefano Bonaccini, premono per fare più in fretta. Sul fronte opposto la sinistra Dem: Goffredo Bettini, Andrea Orlando e Giuseppe Provenzano chiedono tempi ragionevoli per una fase costituente. Prima di scegliere il segretario – dice l’ala progressista – la consultazione dovrebbe essere allargata ai non iscritti e dare identità al partito. Su questa linea si muove l’altra candidata al Nazareno, Elly Schlein, la vice di Bonaccini nella giunta dell’Emilia Romagna. In mezzo ai due litiganti, il segretario Enrico Letta. La sua road map prevede una fase costituente aperta agli esterni, la presentazione delle candidature alla segreteria entro il 28 gennaio 2023, infine le primarie il 19 febbraio. Problema: l’assemblea deve approvare una deroga alle regole congressuali e non è detto che il partito segua il segretario. A quel punto, Letta potrebbe lasciare il timone. Sul Fatto di domani faremo il punto sulla battaglia del Nazareno, con un occhio alle elezioni regionali in Lazio e Lombardia. Questa sera il Pd lombardo ufficializzerà la candidatura di Pierfrancesco Majorino per l’alleanza di Pd, Verdi e Sinistra italiana. La sua figura potrebbe sbloccare un accordo con il M5S: qui l’intervista all’europarlamentare dem.
STORIE DI REDDITO DI CITTADINANZA. Qualche giorno fa abbiamo cominciato una campagna che chiede ai lettori del Fatto Quotidiano di condividere con noi le loro storie di percettori di Reddito di cittadinanza. Le lettere arrivate alla nostra casella di posta lettere@ilfattoquotidiano.it sono tante e in molti casi drammatiche. Sono spaccati di vita reale di chi fatica ad arrivare a fine mese perché ha un lavoro precario o dequalificato, di chi è inabile al lavoro e con le revisioni e i tagli paventate dal governo di centrodestra ha paura di vedersi sottrarre la sua principale fonte di sostentamento. Le vicende sono indicative delle migliaia di situazioni critiche che i liberisti che odiano i poveri non vogliono vedere, preferendo attingere alla solita immagine ideologica dei poveri come nullafacenti. Sul Fatto di domani leggerete una selezione di queste storie, che inquadreremo nel contesto del mondo del lavoro italiano ed europeo attuale.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
La nomina Ue a Di Maio è un regalo di Draghi. A confermarlo sono stati oggi i forzisti Maurizio Gasparri e Antonio Tajani, che ha preso il posto dell’ex pentastellato come ministro degli Esteri: “Non è la proposta di questo governo, ma di quello precedente”, ha detto Tajani. L’incarico di cui si parla, inviato Ue per il gas nel Golfo persico, prevede un compenso di 12 mila euro netti al mese e tassazione agevolata Ue.
Indagato Gianluigi Aponte, patron di Msc Crociere. La Direzione distrettuale antimafia di Napoli mette nel mirino alcuni imprenditori del settore marittimo. Secondo gli inquirenti potrebbero aver concesso tangenti in cambio di concessioni demaniali. Gli indagati sono 44, incluso il fondatore del colosso delle crociere.
Iran, la protesta si allarga. Ieri sera è stata data alle fiamme la casa natale dell’ayatollah Khomeini. Ma sempre più voci parlano di guerra civile.
Che c’è di bello. Nell’inserto culturale del sabato, questa settimana parliamo del film Spaccaossa, dell’opera teatrale di Marco Tullio Giordana su Pasolini, del romanzo Piccole cose dal nulla di Claire Keegan e del memoir di Chelsea Manning appena uscito in italiano.
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