Il viceministro delle Finanze, Maurizio Leo, presentando la manovra è stato categorico: “Non è assolutamente un condono”. Il tributarista romano ne fa una questione tecnico-semantica (è condono solo se c’è un taglio dell’imposta). Ma, a guardare le prime bozze, la “tregua fiscale” del governo è una forma di benevolenza così spinta verso chi ha guai fiscali da essere un condono nei fatti. “Come non se ne vedevano dai tempi di Berlusconi”, per usare una definizione che gira tra avvocati ed esperti fiscali pronti a usufruire del vasto ventaglio di norme a disposizione (oltre 10).
Quella a più alto impatto mediatico, come noto, è lo stralcio delle cartelle pre-2015 sotto i 1.000 euro. Una misura che fa perdere gettito all’Erario e un danno ai Comuni visto che quasi sempre si tratta di multe e tributi locali non pagati. “È molto grave, anche se gli importi bassi possono far sembrare il contrario – spiega al Fatto l’ex ministro Vincenzo Visco – Sono misure che disincentivano a pagare, aumentando l’evasione, e si tradurranno in maggiori tasse”. Per compensare questi ammanchi, il governo fa cassa con misure un po’ grossier, ad esempio permettendo di regolarizzare gli errori formali con 200 euro, cifra così esigua che spingerà migliaia di imprese e contribuenti a pagare anche se pensano di non averne fatti. Stesso discorso per la chiusura degli avvisi bonari delle liquidazioni automatiche delle dichiarazioni (3% di sanzione e rateizzazione in 5 anni). Le sanzioni vengono ridotte a “un diciottesimo”, cioè il 5,5%, anche per una miriade di altre situazioni: accertamenti, avvisi di liquidazione, avvisi di recupero di crediti d’imposta, conciliazioni giudiziali (ma solo per gli atti impositivi) etc.. Quasi tutte le misure impongono di pagare almeno la prima rata entro marzo o giugno, come se il governo volesse sapere in tempi rapidi quanto potrà raschiare il fondo del barile per affrontare il caro bollette. Arriva anche una nuova rottamazione delle cartelle e viene salvato anche chi è decaduto da quelle precedenti e dal vecchio saldo e stralcio.
Un’altra carezza a chi ha guai col fisco arriva con il “ravvedimento operoso”, pagando sempre il 5,5% della sanzione e così anche nell’accertamento con adesione, cioè quando l’Agenzia delle Entrate cerca un accordo prima di contestare l’evasione che ha verificato. Finora chi accettava di pagare si vedeva la sanzione ridotta a un terzo, adesso al solito diciottesimo e potrà rateizzare in 5 anni. La misura è pensata per le centinaia di migliaia di persone a cui l’Agenzia invierà accertamenti a breve, dopo lo stop negli anni della pandemia. Insomma, un aiuto a chi è andato in difficoltà con la crisi Covid, ma le norme non provano nemmeno a circoscrivere questa fattispecie.
La benevolenza si trasforma invece in un vero condono nella “definizione delle liti”, cioè dei contenziosi tributari. Qui non ci sono limiti di importo né di tipologia: vale, per dire, anche per le frodi fiscali. In sostanza, si può chiudere la partita subito senza sanzioni e interessi: basta che la lite sia pendente all’entrata in vigore della manovra, si dovrà solo notificare il ricorso entro fine mese. “Ci sarà una corsa in tutta Italia”, prevedono gli esperti. Per le liti in primo grado c’è anche lo sconto del 10% sull’imposta dovuta, che aumenta se nei successivi gradi di giudizio se il contribuente ha vinto: dopo il primo, si scende al 40% dell’imposta dovuta, dopo il secondo, al 15%. Per capirlo, consideriamo il caso di una frode Iva da 1 milione. Di norma, con sanzioni e interessi, si arriva a dovere al Fisco 2 milioni. Con questa norma, già prima dell’esito del primo grado si può chiudere la partita pagando 900 mila euro; in caso di vittoria, si scende a 400mila, con la vittoria in appello si arriva a 150mila euro; in Cassazione – dove è tutt’altro che facile vincere – lo sconto arriva al 95%. Percentuali simili si erano viste con la tregua fiscale del 2018, ma stavolta lo sconto non si applica solo agli “atti impositivi” ma anche anche agli atti della riscossione (cioè le cartelle esattoriali). Per fare un esempio: anche chi ha perso in tutti i gradi sull’accertamento (o neppure l’ha impugnato) e si vede notificare una cartella in cui l’Agenzia chiede di recuperare la cifra definitiva potrà – semplicemente facendo ricorso – chiudere tutto senza sanzioni, interessi e pure con uno sconto del 10% sull’imposta accertata. Qui si arriva ai livelli di Tremonti. Checché ne dica Leo…