Se questa storia nascesse dalla fantasia di uno scrittore, potrebbe offrire il titolo a un poliziesco alla maniera di Agatha Christie: “Il mistero dei tre testamenti”. Invece, è messa nero su bianco in un atto giudiziario depositato, per conto di Margherita Agnelli, presso il Tribunale di Torino. Lo firma il suo avvocato, Dario Trevisan, che ha avviato la causa per invalidare il passaggio dell’eredità di Marella Agnelli, la vedova dell’Avvocato, ai tre nipoti John, Lapo ed Elkann, escludendo la sua erede legittima: la figlia Margherita, madre dei tre Elkann. Trevisan non usa mezzi termini e fa un’affermazione di forte responsabilità: contesta, infatti, “la veridicità delle firme” o, quantomeno, di una delle tre disposizioni testamentarie della moglie del “signor Fiat”, scomparsa nel 2019, 16 anni dopo il marito. Si tratta di un passaggio molto delicato e cruciale per il processo (apertosi il 6 ottobre scorso) che ora attende la fissazione della seconda udienza nella quale il giudice monocratico del Tribunale di Torino, Nicoletta Aloj, dovrà decidere prima se alla causa si possa applicare la giurisdizione italiana e poi se si possa procedere subito alla sua discussione o se sia invece necessario attendere la definizione di un analogo dibattimento avviato nel 2019 in Svizzera. Questa volta dai tre fratelli Elkann contro la madre Margherita: il 23 febbraio, nello stesso giorno della morte della nonna.
Tre sono le sostanziali doglianze della figlia dell’Avvocato a Torino. La prima riguarda la validità dell’accordo “successorio”, firmato nel 2004 secondo la legge svizzera e a Ginevra, nel quale rinunciava a qualsiasi eredità di Marella Caracciolo, così come aveva fatto subito prima, accettando invece un accordo “transattivo” con il quale – questa volta – rinunciava all’eredità del padre. Il “combinato disposto” di quei due atti, sottraendo al Codice Civile italiano la definizione delle due successioni, ha poi consentito che si ricostituissero, in capo a John, le quote societarie e il ruolo esercitato nella dinastia dall’Avvocato. Margherita, però, oggi contesta la legittimità di quegli atti: la madre Marella, cittadina italiana, pur con la residenza formale in Svizzera, non avrebbe mai trascorso in territorio elvetico, anche nel 2004, gli almeno sei mesi di ogni anno necessari per poter gestire le proprie questioni ereditarie secondo la legislazione di un altro Paese. Le investigazioni avviate dalla figlia dell’Avvocato, e prodotte in causa, avrebbero certificato che la vedova di Gianni Agnelli non avrebbe mai vissuto più di 2-3 mesi all’anno in Svizzera. Trascorrendo invece la maggior parte della sua vita a Torino o in Marocco, nel riad “Ain Kassimou” di Marrakech. Circostanze che, se confermate nel processo, farebbero cadere quegli accordi di quasi 20 anni fa: la successione della cittadina italiana Marella Caracciolo dovrebbe essere regolata in Italia, così come prevede anche, nel caso della mancanza del requisito di una residenza effettiva, una convenzione tra il nostro Paese e la Svizzera del 1868, tuttora in vigore. A quel punto, Margherita Agnelli tornerebbe a essere l’erede legittima della madre.
La seconda contestazione riguarda l’esistenza di un sostanzioso “patrimonio estero” riferibile a Gianni Agnelli (il Fatto Quotidiano ha dato conto ieri, 9 dicembre 2022, della galassia completa di società offshore così come l’hanno ricostruita gli analisti finanziari di Margherita), movimentato o trasferito su società nei paradisi fiscali delle Isole Vergini Britanniche e con conti di riferimento alla Morgan Stanley A.G. di Zurigo: dopo la morte dell’Avvocato, prima e dopo la firma degli accordi del 2004 a Ginevra e, infine, via via intestandolo poi a Marella. L’ultimo scontro, ma forse non il meno importante nella difficile battaglia che si sta svolgendo nel processo torinese, riguarda invece proprio i “tre testamenti” di Marella Caracciolo di Castagneto. Dunque, la memoria nella quale il legale di Margherita ha scritto le parole più pesanti (“la veridicità della firme”).
Va subito chiarito che il vero testamento (“Atto Notarile di un Testamento Pubblico, n. 3693”) della vedova dell’Avvocato è uno solo, cui sono seguite due “aggiunte”. Entrambe non di scarsa rilevanza, però, come vedremo: soprattutto l’ultima.
Il primo documento, scritto in originale in lingua italiana (ma con parecchi errori e strafalcioni), è stato redatto il 12 agosto 2011 da un notaio di Gstaad. Esso appare come una sorta di “cornice” generale che intenderebbe ordinare una volta per tutte le volontà della signora. Che dichiara di voler “sottoporre esclusivamente al diritto svizzero… e ai tribunali competenti la mia successione”, richiama l’accordo “successorio” con Margherita “del 5 marzo 2004” nel quale la figlia “ha rinunciato ai diritti della porzione legittima”, revoca “tutti predenti testamenti” e, infine, indica i suoi unici eredi “in parti uguali”: John, Lapo e Ginevra Elkann.
La gestione del testamento da parte del notaio è avvenuta secondo le regole del diritto elvetico. Che prevede due diverse procedure. Nella prima, se è il testatore a dettare direttamente al notaio le sue volontà, il professionista redige poi l’atto davanti a lui e infine glielo fa leggere. Solo dopo, fa entrare due testimoni che danno atto che il testatore dichiara di aver letto e di condividere il contenuto esatto del testo, assistono alla doppia firma da parte del cliente e del notaio e, infine, certificano la “capacità di disporre” del primo. Se invece il testatore ha dato disposizioni precedenti al notaio, affidandogli il compito di preparare la stesura delle sue ultime volontà, allora i testimoni dovranno essere presenti sin dall’inizio e assistere anche alla lettura del testo finale da parte del testatore.
Per tutti i tre gli atti testamentari di Marella Caracciolo, la procedura scelta è sempre stata la prima e le coppie di testimoni chiamati a certificare le sue volontà non furono sempre identiche, con un alternarsi di presenze e assenze successive, mentre non è dato sapere se tutti i loro componenti conoscessero la lingua italiana con la quale sono stati redatti i documenti, mentre si sa che Marella Caracciolo non conosceva quella tedesca e che il notaio, a sua volta, avrebbe una scarsa dimestichezza con l’italiano.
La prima “aggiunta” (al Testamento pubblico n. 3693) è del 14 agosto 2014, sempre innanzi al notaio svizzero e contiene assegnazioni di beni ai tre eredi. A John va la casa delle vacanze invernali dell’Avvocato, la villa Chesa Alkyone di Sankt Moritz (compresi prato, pascolo e ipoteche per un mutuo bancario); a Lapo la Chesa Mezdi, sempre a Sankt Moritz (con prato, pascolo e obblighi per il mutuo); a Ginevra la casa di abitazione di Lauenen (con obblighi per il mutuo), quella preferita dalla nonna. Il 22 agosto 2014, ecco infine la seconda “aggiunta”: ancora gestita dallo stesso notaio. Una sorta di “blindatura” della competenza svizzera sulla successione.
La vedova dell’Avvocato, infatti, ribadisce la validità dell’accordo “successorio” del 2004 (questa volta, però, la data indicata è diversa: 2 marzo invece di 5 marzo) e conferma di voler comunque diseredare la figlia (“Mi sono giunte indicazioni che avrebbe intenzione di contestare la validità di questo pacte successoral. Nel caso dovesse contestarlo e nel caso che questa contestazione abbia successo, io dispongo che non riceva alcun bene aggiuntivo della mia successione”). Il finale, invece, costituisce una sorta di atto d’amore “giuridico” per la Confederazione Svizzera: “È il centro delle mie attività da oltre 40 anni. Qui ho organizzato la mia vita, il mio patrimonio e la mia successione. Di recente passo del tempo nel Marocco a causa del clima; questo Paese non ha un sistema legale conforme alle mie tradizioni. Perciò confermo che la mia successione sia sottoposta al diritto svizzero”. Dunque, nessun Codice Civile italiano applicabile ma anche, per paradosso, nessuna possibile ingerenza delle norme di quel Marocco dove la signora avrebbe trascorso lunghi soggiorni (forse persino più consistenti di quelli svizzeri). L’ultima singolarità riguarda la datazione dei tre atti: tutti redatti nel mese di agosto. Quando è più probabile che Marella fosse nella sua casa di Lauenen e ricevesse visite e compagnia dai suoi tre nipoti.
Ora, su quei tre documenti, l’avvocato Trevisan ha allegato due diverse perizie grafologiche affidate ad altrettanti esperti iscritti al relativo albo presso tribunali italiani. Il doppio e distinto esame – effettuato, va però aggiunto, su fotocopie – è univoco e, se dovesse mai trovare conferme giudiziarie, diventerebbe addirittura clamoroso: in un crescendo di giudizi da parte dei due periti. La prima firma (scritta per esteso: “Marella Caracciolo Agnelli”) del testamento del 2011, quando la vedova dell’Avvocato aveva 84 anni, è definita “autografa, ma con margini d’incertezza”. La seconda (ancora per esteso, ma con molte differenze rispetto alla prima e quando l’età era salita a 85 anni) è giudicata “apocrifa, con grado di probabilità”. La terza, questa volta, è solo una sigla, “M. C. A.” (l’età intanto era arrivata a 87 anni), ed è bollata dalle perizie come “apocrifa, con elevata probabilità”.
“Il mistero dei tre testamenti”, appunto: come avrebbe scritto Agatha Christie.
(2 • Fine)