Non è solo una storia di mazzette pagate per parlare bene dei mondiali in Qatar. L’inchiesta che sta terremotando Bruxelles è qualcosa di molto più grosso. Una spy story che sembra uscita dalla penna di John le Carré. Ma che invece nasce da un’operazione del “Vsse”, il servizio segreto del Belgio: esiste dal 1830 ed è la più antica agenzia d’intelligence dopo quella del Vaticano. Sono stati gli 007 di Bruxelles, in collaborazione con quelli di altri 5 Paesi europei, a scoprire l’esistenza di una rete che puntava a interferire nei processi decisionali della più alta istituzione comunitaria, corrompendo politici in posti chiave. E che faceva capo a una cellula di agenti segreti del Marocco. I giornali l’hanno ribattezzata “Qatargate”, ma l’emirato del Golfo persico non è l’unico Paese finito al centro delle operazioni. Anzi: nella storia delle “euromazzette” il ruolo di Doha potrebbe essere persino secondario.
La voce più accreditata è che la dritta sia arrivata dalle “spie” degli Emirati Arabi. Di sicuro c’è che l’intelligence di Bruxelles ha focalizzato la sua attenzione soprattutto sul “Dged”, la Direction générale des Études et de la Documentation, cioè la centrale di spionaggio e controspionaggio all’estero dello Stato maghrebino. A Bruxelles gli 007 di Rabat potevano contare sul supporto di connazionali accreditati come diplomatici. Come Abderrahim Atmoun, ambasciatore marocchino in Polonia. A subire le influenze dei marocchini era soprattutto il gruppo parlamentare dei Socialisti e democratici, grazie al lavoro dei tre italiani. Due sono già finiti in carcere: sono l’ex deputato Pd, Pier Antonio Panzeri, e il suo ex collaboratore Francesco Giorgi, compagno dell’ormai ex vicepresidente dell’Eurocamera Eva Kaili. Il terzo, invece, è Andrea Cozzolino, parlamentare dem, che fino a ora non è stato neanche interrogato dalla procura federale di Bruxelles. Poi ci sono alcuni europarlamentari – tutti socialisti – che per gli investigatori erano vicini ai tre italiani. L’unica a essere direttamente coinvolta nell’inchiesta è Kaili, ma gli investigatori hanno indirizzato il loro interesse anche su altri politici nei cui confronti non esiste alcuna accusa formale.
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Si tratta di Marie Arena, fedelissima di Panzeri, che l’ha sostituito alla guida della sottocommissione dei Diritti Umani. Ma pure di Alessandra Moretti, che ha già chiarito di non aver “mai partecipato a iniziative organizzate dalla ong di Panzeri”. Brando Benifei, invece, spiega di aver “discusso spesso” nella scorsa legislatura su temi relativi al Marocco, visto che era ed è membro dell’Intergruppo per i diritti del popolo Saharawi. “Nel nostro gruppo – dice al Fatto – c’erano posizioni molto diversificate, tutte legittime, la mia era certamente meno vicina alla visione marocchina essendo a favore della causa Saharawi”.
È indagando sugli 007 di Rabat che l’intelligence belga s’imbatte in Cozzolino, Panzeri e Giorgi: hanno tutti avuto rapporti con Atmoun e in alcuni casi pure coi vertici dei servizi marocchini. Gli uomini del “Vsse” hanno posto la loro attenzione su alcuni incontri a Bruxelles con l’ambasciatore marocchino in Polonia, che li avrebbe pure ricevuti a Varsavia. Ma non solo: gli 007 hanno pure indagato su viaggi che sarebbero stati compiuti da Cozzolino e Panzeri in Marocco, su biglietti aerei che sarebbero stati pagati addirittura dai servizi segreti di Rabat, su incontri tra gli italiani e politici maghrebini di primo livello. Chi indaga delinea un vero e proprio accordo siglato coi servizi marocchini per interferire in favore dello stato nordafricano all’interno dell’Europarlamento, in cambio di denaro.
Il Fatto ha chiesto a Cozzolino di chiarire i suoi rapporti col Marocco, ma mentre scriviamo non abbiamo ottenuto risposta.Poi, a un certo punto, in questa storia spunta il Qatar e l’operazione dei servizi belgi entra nel vivo: nel luglio scorso gli agenti entrano in casa di Panzeri. È una perquisizione top secret: gli 007 scoprono centinaia di migliaia di euro in contanti. Decidono a quel punto che il filone sulle mazzette del Qatar va parzialmente declassificato e la palla passa alla procura federale. Che procede agli interrogatori, agli arresti e alle perquisizioni. Ecco perché quando venerdì scorso gli uomini dell’Anticorruzione sono entrati in casa di Panzeri non erano per nulla sorpresi dai 700mila euro cash. Adesso gli investigatori guidati dal giudice istruttore Michel Claise vogliono capire a cosa servissero tutti questi contanti. Una delle ipotesi è che potesse esistere un vero e proprio “libro paga” composto da europarlamentari al servizio del Qatar. Ma pure del Marocco. Solo che il filone che conduce a Rabat è ancora in gran parte top secret. Una storia fatta di spie, di soffiate internazionali e accuse tutte da dimostrare. Che, però, potrebbe colpire al cuore i livelli più alti della politica Ue.