Una guerra di spie e di interessi milionari. Ma anche di case violate dai Servizi segreti: a volte alla ricerca di prove, altre per mandare messaggi ai politici scomodi. C’è l’abitazione di Bruxelles dell’ex europarlamentare Pier Antonio Panzeri, visitata in gran segreto nel luglio 2022 dall’intelligence belga: trovano 700 mila euro in contanti, non toccano nulla ma danno il via al “Qatargate”. E poi c’è l’abitazione a Madrid di Miguel Urbán, deputato Ue della sinistra, che nella primavera dell’anno prima viene violata in segno d’intimidazione, secondo le informazioni del servizio di sicurezza dell’Eurocamera. A differenza di Panzeri (secondo gli inquirenti definito dagli 007 marocchini “un buon amico”), il politico spagnolo aveva espresso in più occasioni posizioni radicalmente negative verso il regno del Marocco. È una spy story piena di colpi di scena quella sullo sfondo dell’inchiesta che sta terremotando Bruxelles. Al centro dell’interesse degli investigatori c’è una cellula degli 007 marocchini e le sue “ingerenze” sulle decisioni del Parlamento Ue. Tra i protagonisti di questa storia, sebbene non sia indagato, c’è l’europarlamentare Andrea Cozzolino. La tesi dell’inchiesta condotta dal giudice istruttore Michel Claise è politicamente devastante: per l’accusa, l’eurodeputato Pd, finora mai neanche interrogato, era al soldo dei Servizi segreti marocchini. Il suo nome viene associato alle “azioni di interferenza” delle spie di Rabat e di influenti personaggi del Qatar “nel seno delle istituzioni dell’Unione europea”. Spie imbeccate da spie (il Fatto ha rivelato che secondo le voci più insistenti la soffiata iniziale sarebbe giunta dagli Emirati Arabi) che inseguono spie. All’inchiesta dei Servizi segreti belgi hanno collaborato quelli italiani, greci, polacchi, francesi e spagnoli. E l’intervento degli 007 spagnoli, come vedremo, trova un ulteriore senso con la figura di Urbàn. Ma andiamo con ordine.
Secondo gli inquirenti la politica del gruppo parlamentare dei Socialisti & Democratici sarebbe “influenzata dal Marocco e/o distintamente dal Qatar” grazie a una squadra di tre italiani: Panzeri, Cozzolino e Francesco Giorgi, ex collaboratore parlamentare e compagno della ex vicepresidente dell’europarlamento, Eva Kaili. “Lo sponsor di tali ingerenze” continua l’accusa “sarebbe lo Stato del Marocco”, con una vera e propria squadra “pilotata da un funzionario membro dei Servizi segreti della Dged basata a Rabat”. Si tratta di Mohammed Belharache, che agirebbe tramite l’intermediazione di un diplomatico cooptato, cioè Atmoun Abderrahi, ambasciatore in Polonia. Ed è proprio con loro che, secondo le accuse, si sarebbe interfacciato Cozzolino. “Avrebbe incontrato personalmente Yassine Mansouri in Marocco nel 2019”, scrivono gli inquirenti, citando il capo del controspionaggio di Rabat. E ancora: per Cozzolino un “ufficiale della Dfed avrebbe prenotato due biglietti aerei il 3 novembre 2019”, sulla tratta Casablanca-Roma e poi Roma-Napoli. Non c’è alcuna prova, però, che poi Cozzolino abbia preso quel volo. Sembra certo, invece, che a “ogni spostamento di Atmoun a Bruxelles” sia stato organizzato “un incontro” con “Panzeri e Cozzolino”. E al contrario “Atmoun avrebbe ricevuto a Varsavia Panzeri e Cozzolino”. L’accusa degli investigatori è che nel 2019 i due italiani “avrebbero concluso un accordo con la Dged tramite l’intermediazione di Atmoun per praticare l’interferenza in favore del Marocco all’interno del Parlamento Ue in cambio di soldi”. Il Fatto ha chiesto a Cozzolino se può confermare o smentire ognuna di queste ricostruzioni. Ma ancora una volta non ha ricevuto risposta. La sua versione è stata affidata a un comunicato stampa in cui si dice “profondamente indignato” e nega di aver “mai incontrato persone vicine ad agenzie o servizi di sicurezza, né tantomeno di aver mai perseguito interessi, vantaggi o utilità personali nella mia vita politica”. Secondo quanto risulta al Fatto, la Procura federale di Bruxelles intende chiedere l’autorizzazione a procedere per Cozzolino se dovessero emergere elementi a suo carico dalle perquisizioni compiute nei giorni scorsi.
È estraneo alle indagini, invece, Urbàn, l’europarlamentare spagnolo che nel maggio del 2021, dopo essere stato a Strasburgo per una plenaria, torna a casa e scopre che qualcuno gli ha fatto visita. È un blitz strano, diverso dalla perquisizione in casa Panzeri. Chi entra nella casa di Urbàn fa di tutto per farsi notare: i contanti che lo spagnolo teneva in casa vengono lasciati sul divano. I gioielli della sua compagna vengono messi in bella vista sopra il letto. Gli estranei prendono solo tre oggetti di scarso valore: il salvadanaio di suo figlio, una foto di famiglia e un hard disk.
Per quale motivo? Chi è che è entrato a casa di Urbàn? E c’è un collegamento tra questa effrazione e quella a casa di Panzeri? “Non direi visto che lui dal Marocco prendeva i soldi mentre a me e alla mia famiglia sono arrivate minacce di morte”, dice l’europarlamentare spagnolo. Contrariamente a Panzeri e Cozzolino, infatti, Urbàn ha sempre denunciato le violazioni dei diritti umani compiute dal Marocco nel Sahara occidentale. E infatti nel gennaio del 2019 è tra quelli che votano contro un importante accordo commerciale tra l’Ue e Rabat.
“Abbiamo sempre denunciato questo tipo di ingerenze da parte dei marocchini”, dice Urbàn, che non è rimasto troppo sorpreso dall’inchiesta della Procura di Bruxelles. “Non è niente di nuovo per chi di noi conosce il Parlamento. Si è sempre saputo che durante le sessioni plenarie l’ambasciata del Marocco ha praticamente un ufficio nel bar degli eurodeputati”. Caffè, politici e spie.
(ha collaborato Eleonora Bianchini)