C’è un accordo che per il Marocco vale quasi 400 milioni di fondi cash e oltre 35 miliardi di scambi commerciali. Un voto all’Europarlamento sullo sfondo dell’inchiesta che sta terremotando Bruxelles. È il 16 gennaio 2019 e a Strasburgo i partiti sono spaccati. In alcune formazioni, prima e durante il voto in aula, le discussioni si accendono tra chi è favorevole a rinnovare l’accordo con Rabat e chi, come stabilito da due sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea, lo ritiene una violazione dei diritti del popolo Saharawi. La legislatura è agli sgoccioli, a luglio si vota e molti degli europarlamentari sanno già che le possibilità di essere rieletti sono ridotte. È in questo contesto che, con 444 favorevoli, 167 contrari e 68 astenuti, l’Aula dà l’ok alla nuova formula dell’“Accordo euromediterraneo” tra Unione europea e Marocco. Un’intesa chiave, da quanto ha ricostruito il Fatto, per far emergere le relazioni che hanno portato allo scandalo delle presunte mazzette versate da Rabat ai deputati di Bruxelles. E che rappresenta un prequel dell’inchiesta dei Servizi segreti belgi.
Quelli del gennaio 2019 non sono ore di ordinari lavori parlamentari. Gli 007 di Bruxelles avevano già rilevato attività sospette da parte di alcuni elementi dell’intelligence marocchina operativi in Belgio. Ed è proprio nel 2019 che, sostengono, l’eurodeputato del Pd, Andrea Cozzolino, e l’ex eurodeputato di Articolo 1, Antonio Panzeri, hanno concluso un accordo con la “Dged”, la Direction générale des Études et de la Documentation, la centrale dell’intelligence all’estero dello Stato maghrebino, per influenzare le decisioni dell’Eurocamera in favore del Marocco. Tutto questo in cambio di soldi. Il dibattito sull’accordo euromediterraneo Ue-Marocco, nell’ottica di un processo di liberalizzazione del commercio tra il Paese nordafricano e l’Ue, si trascina dal 2013: il Fronte Polisario, che guida il governo in esilio del Sahara Occidentale, conteso con Rabat, a suo tempo fece ricorso contro l’accordo perché in esso si consideravano come marocchine anche le merci prodotte in West-Sahara. La Corte di Giustizia dell’Ue darà loro ragione in due casi, nel 2015 e nel 2016, e anche nel 2021, più di due anni dopo il voto del Parlamento Ue nel 2019.
I rappresentanti socialisti in Europa si spaccano sulla risoluzione finale: metà del partito vota a favore, in nome dello sviluppo della collaborazione commerciale tra Marocco e Ue, l’altra metà mette davanti il rispetto dei diritti umani. Panzeri vota sì, come lui anche Cozzolino, Eva Kaili, l’ex vicepresidente del Parlamento Ue arrestata, e Marc Tarabella (nella foto), l’eurodeputato belga al quale hanno perquisito gli uffici degli assistenti. Provvedimento identico a quello preso nei confronti dell’eurodeputata belga Maria Arena, che invece si è astenuta. Brando Benifei, citato nelle carte dell’inchiesta come uno degli “amici” degli italiani accusati di corruzione e che, in questi giorni, ha puntualizzato alla stampa di aver avuto “posizioni sempre dure col Marocco sul tema Saharawi”, non ha invece sostenuto la causa del Fronte Polisario e si è semplicemente astenuto. Alla luce delle indagini svolte dalla Procura federale belga, si nota che i protagonisti principali di questa vicenda, che mischia corruzione ad alti livelli a lotte tra agenzie di spionaggio, hanno votato tutti a favore dell’approvazione. “Era evidente a tutti noi, nei lavori parlamentari, che c’erano alcuni colleghi molto favorevoli al Marocco e Panzeri era sicuramente in prima linea – ricorda al Fatto Ignazio Corrao, eurodeputato dei Verdi e allora nel M5S –. Ma da qui a pensare alle valigie di contanti ce ne passa”.
Quel voto, però, non si limita solo a favorire e detassare gli scambi commerciali tra Ue e Marocco, che nel 2020 valevano 35,3 miliardi, ma ha promosso anche un altro flusso di denaro da Bruxelles a Rabat che si è concretizzato nemmeno un anno dopo: i nuovi programmi di cooperazione della Commissione Ue in favore del Marocco. Valore: 389 milioni.