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COP15: proteggere gli indigeni per tutelare il Pianeta. Ma resta la minaccia estinzione

Nero su bianco - In occasione dell’accordo finale alla COP15, Greenpeace accoglie con favore il riconoscimento emerso dai negoziati dei diritti, del ruolo, dei territori e delle conoscenze dei Popoli Indigeni come la più efficace forma di protezione della natura. Tuttavia, il vertice non è riuscito a fornire l'ambizione, gli strumenti o i finanziamenti necessari per fermare un’estinzione di massa

Di Greenpeace Italia
19 Dicembre 2022

In occasione dell’accordo finale alla COP15, il vertice mondiale sulla biodiversità che si è concluso oggi a Montreal, Greenpeace accoglie con favore l’esplicito riconoscimento emerso dai negoziati dei diritti, del ruolo, dei territori e delle conoscenze dei Popoli Indigeni come la più efficace forma di protezione della natura.

“I popoli indigeni sono i custodi più capaci e consapevoli della natura. C’è un grande potenziale per un’efficace protezione della biodiversità se le popolazioni indigene ricoprono ruoli di leadership. Le tutele basate sui diritti dei nativi sono il futuro della conservazione e i finanziamenti diretti alle popolazioni indigene sono un passo successivo fondamentale”, dichiara An Lambrechts, a capo della delegazione di Greenpeace alla COP15. “Nel complesso, tuttavia, il vertice non è riuscito a fornire l’ambizione, gli strumenti o i finanziamenti necessari per fermare un’estinzione di massa. L’obiettivo 30×30, di proteggere almeno il 30 per cento della terra e del mare entro il 2030 è stato accolto con successo, ma è ridotto all’osso, senza le specifiche essenziali per escludere le attività dannose dalle aree protette. Così com’è, è solo un numero vuoto, con tutele solo sulla carta”.

“Venti miliardi di dollari all’anno fino al 2025 e poi trenta miliardi di dollari all’anno fino al 2030 sono un inizio, ma non sono sufficienti. Con un deficit di finanziamento della biodiversità di settecento miliardi di dollari, non è chiaro da dove verrà il resto del denaro. Il finanziamento non è solo una questione di quanto, ma anche di quanto velocemente. L’istituzione di un fondo nel 2023 dovrebbe far arrivare più velocemente i finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo”.

“Gli schemi aziendali, come le compensazioni, si sono inoltre insinuati nei colloqui delle Nazioni Unite sulla biodiversità. Si tratta di false soluzioni che possono rivelarsi un costoso errore. Gli scandali e il greenwashing che si osservano oggi nella compensazione delle emissioni di anidride carbonica sono ciò che si rischia domani per la biodiversità”, conclude Lambrechts.

“La COP15 ha lasciato come compito a casa ai leader mondiali un lavoro cruciale per la protezione della natura. Tornando da Montreal, i governi europei infatti dovranno spingersi molto più in là di quanto concordato per arrestare davvero la perdita di biodiversità. Ciò significa proteggere realmente almeno il 30 per cento delle terre e dei mari dell’UE da qualsiasi attività estrattiva e industriale, e proteggerne in modo integrale almeno il 10 per cento. Servono misure per affrontare finalmente le attività che stanno portando alla distruzione della natura in Europa e all’estero, come la sovrapproduzione di carne e latticini o il disboscamento irresponsabile delle foreste per prodotti di breve durata”, dichiara Anna Ogniewska, European policy advisor di Greenpeace CEE, presente a Montreal.

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