Che l’europarlamentare Pierfrancesco Majorino sia una persona per bene lo dice la sua storia personale e politica. Che lui pure, come altri esponenti per bene del Pd, sembri come menomato da una forma acuta di afasia è apparso chiaro lunedì sera a Otto e Mezzo. Quando, chiamato ad esprimersi sul Qatargate che sta travolgendo la sinistra europea ed italiana, a riprova della sua buona fede ha citato un encomiabile ma purtroppo misterioso “emendamento” da lui presentato a Strasburgo il 22 novembre sui rischi derivanti dall’azione del Qatar riguardo alle lobby.
Misterioso perché fino all’altro ieri nessuno ne sapeva nulla confermando così le teoria di Maurizio Crozza (e dei racconti di fantascienza) secondo cui per la dirigenza pidina il mondo esterno al Nazareno non esiste. Quanto alla semiparalisi delle corde vocali il pernicioso virus contratto a Bruxelles impedisce ai Dem – trascorsi ormai dieci giorni dai deplorevoli eventi – di articolare una sola proposta concreta che non sia il solito rosario di esclamazioni indignate e di appelli a “fare chiarezza” (non si lamentino poi se si fanno bagnare il naso da Giuseppe Conte che una legge per regolamentare le lobby selvagge l’ha già annunciata).
Majorino, che è candidato per il Pd (e forse dei 5stelle) alla presidenza della Regione Lombardia, si è come scosso quando ha convenuto sui requisiti di trasparenza e onestà necessari per fare parte della sua lista. Per ripiombare subito dopo in modalità catatonica quando ha precisato di voler concordare il criterio con i rivali Attilio Fontana e Letizia Moratti (esclamazione dallo studio: ma perché mai?).
Queste candidature che viaggiano con il freno a mano inserito (non fanno eccezione Elly Schlein e Stefano Bonaccini) hanno come spiegazione più immediata il timore di scontentare il consueto sinedrio delle correnti imperanti. Da cui, mentre ne auspicano la scomparsa, fanno dipendere il loro successo o insuccesso. Così, invece di parlare ai quattro o cinque milioni di elettori del Pd che assistono sgomenti al collasso di un partito e di un’idea, essi tremano al pensiero che qualche loro parola non contemplata dal catechismo interno possa indispettire i vari Franceschini, Orfini o Guerini.
Il celebre dite qualcosa di sinistra di Nanni Moretti potrebbe oggi essere declinato in un meno ambizioso dite qualcosa. Ma ditelo, per la miseria.