A Milano, epicentro dello scontro fra gang, sono stati scarcerati Simba La Rue e altri tre trapper arrestati per il sequestro del rivale Baby Touché. Un regolamento di conti culminato con il pestaggio e il rapimento su un’auto per due ore, lasso di tempo in cui la vittima è stata ripresa con i telefonini con il volto tumefatto, derisa ed esposta al ludibrio dei social. Quei fatti, con l’entrata in vigore della riforma Cartabia, non sono più perseguibili d’ufficio. Occorre una querela di parte, che la vittima, già risarcita, e comunque parte del medesimo contesto in cui nasce la faida, ha già annunciato di non voler fare. Dunque, tutti liberi.
Il caso di Milano, raccontato ieri dal Corriere della Sera, è finora il più eclatante. Ma nei tribunali di mezza Italia, i magistrati stanno correndo ai ripari, per evitare che la riforma si trasformi in una tagliola che potrebbe penalizzare le vittime e mandare in fumo migliaia di fascicoli. A Genova la Procura ha giocato d’anticipo e isolato oltre 150 casi, che rischiano il decadimento immediato: “Abbiamo cominciato un mese fa a fare una ricognizione – spiega il procuratore Nicola Piacente – abbiamo diramato nuove direttive e preparato corsi di aggiornamento per il personale” . I pm hanno dato mandato alla polizia giudiziaria di cercare le vittime dei reati e di avvisarle della necessità di presentare una querela il prima possibile. Ma spesso è tutt’altro che facile. Non solo perché il lavoro, specie nelle grandi città, si preannuncia immane. Un paradosso, se si pensa che l’intento del governo Draghi era di deflazionare i procedimenti. “Il vero problema – spiega un inquirente – è che non è sempre scontato ritrovare la vittima di un fatto, pensiamo a un furto, accaduto magari un anno fa”.
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L’elenco di illeciti destinati a finire nella tagliola della riforma Cartabia è lungo. Ci sono una serie di reati contro la persona o contro il patrimonio con una soglia di punibilità sotto i due anni di carcere. L’elenco comprende: le lesioni personali colpose stradale gravi e gravissime, e le lesioni personali dolose; la violenza privata; la violazione di domicilio; la truffa; il furto semplice e (con alcune eccezioni) quello aggravato; il sequestro di persona. Tra tutti i reati, quest’ultimo è quello che fa più discutere. “Non è un caso se esiste un fenomeno nei manuali di psicologia che si chiama ‘sindrome di Stoccolma’ – fa notare una fonte della Procura di Torino –. Non sempre le vittime sono in grado di denunciare i loro carnefici. E noi dovremmo tutelarle”. Fonti inquirenti da Napoli sottolineano, oltre tutto, l’inutilità dell’inserimento di un reato così raro rispetto allo scopo dichiarato della norma, e cioè velocizzare la giustizia (cancellando il perseguimento dei reati): “Potrebbe avere un senso per reati comuni come il furto aggravato. Ma i sequestri si contano sulle punta delle dita: che logica ha? Senza contare che di solito è un reato che si verifica insieme ad altri più gravi, come la rapina o altri fatti violenti, punibili d’ufficio”.
La riforma ha dato molto lavoro anche negli uffici più piccoli, dove i problemi non sono minori. “Sul sequestro di persona perseguibile a querela sono perplesso anche io – premette il procuratore di Tivoli, Francesco Menditto – Ma noi non possiamo che applicare quanto ha deciso il legislatore. Nel nostro ufficio ci siamo organizzati per tempo, abbiamo chiesto alle vittime di presentare querela: anche nell’unico caso che avevamo di sequestro di persona. Mentre parliamo il Parlamento sta approvando la norma transitoria che ci darà altri 20 giorni per raccogliere tutte le querele mancanti. Un paradosso che una norma così rilevante venga approvata in extremis”.