Ascolta il podcast del Fatto di domani
CATTURATO L’ULTIMO STRAGISTA: MATTEO MESSINA DENARO ERA A PALERMO, IN CLINICA SOTTO FALSO NOME. È stato catturato questa mattina, a Palermo, dopo 30 anni di latitanza. Matteo Messina Denaro, 60 anni, l’ultimo superlatitante di Cosa nostra stava uscendo della clinica La Maddalena, dove era in cura da un anno per un tumore al colon. Era registrato per un day hospital sotto il falso nome di Andrea Bonafede. Fuori, lo aspettavano i carabinieri del Ros: la faccia uguale a quella dell’identikit diffuso negli ultimi anni. Non ha opposto resistenza. Il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e il sostituto Paolo Guida hanno illustrato le modalità del blitz in una conferenza stampa con i vertici dei carabinieri. “Saldiamo in parte il debito con le vittime delle stragi per mafia”, ha dichiarato De Lucia, che poi ha spiegato che il boss non è stato ammanettato perché “siamo in un Paese democratico”. Messina Denaro era ricercato dall’estate del 1993. Condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. L’ultimo avvistamento concreto risaliva al 2009, quando una telecamera di sicurezza lo riprese a bordo di un fuoristrada nell’Agrigentino. Dopo il blitz di oggi, l’ex superlatitante è stato trasferito in una località segreta e per lui è stato chiesto il 41 bis. Stamattina è stato fermato anche Giovanni Luppino, che lo avrebbe accompagnato in clinica. I carabinieri hanno specificato che non c’è stato l’aiuto di pentiti, ma l’operazione si è mossa sulla base di indagini di anni, fondate sulle intercettazioni (che restano “fondamentali”, come ha ribadito De Lucia) e concentrate sulle condizioni di salute del boss. Sul Fatto di domani, oltre alla cronaca dell’arresto, leggerete un approfondimento sulle modalità di questa storica operazione. Partiremo dalla clinica per allargare lo sguardo sulla rete dei fiancheggiatori.
MELONI ESULTA. LE REAZIONI DELLA POLITICA E DELL’ANTIMAFIA: “EVITIAMO GLI ERRORI DEL PASSATO”. “Una latitanza di 30 anni è troppo lunga per essere normale, è stata protetta dall’alto”, ha detto il procuratore Nino Di Matteo. Le prime reazioni dei protagonisti dell’antimafia hanno sottolineato due aspetti: il covo di Messina Denaro (quello di Riina non fu perquisito, con le conseguenze note) e la rete dei fiancheggiatori. Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso nel 1992 confessa l’amarezza per la latitanza così prolungata del boss, e parla di “sospetto che questa cattura non sia ancora una volta frutto di un baratto con la criminalità organizzata. Non vorrei che a fronte di questo arresto ci sia la liberazione dall’ergastolo ostativo di personaggi come i Graviano”. A metà novembre i media avevano riportato le dichiarazioni di Salvatore Baiardo, l’uomo che ha gestito la latitanza dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano in Nord Italia. Baiardo aveva dichiarato che Messina Denaro era gravemente ammalato e che si sarebbe potuto consegnare per farsi curare. A settembre erano state arrestate 35 persone ritenute fiancheggiatori del boss. Tra questi anche Francesco Luppino, considerato uno dei “fedelissimi” di Matteo Messina Denaro, familiare dell’autista fermato oggi. Settimane fa il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva curiosamente bruciato le tappe, dichiarando di auspicare di poter essere il ministro della cattura dell’ultima “primula rossa” di Cosa nostra. Oggi Piantedosi però era in Turchia per un summit internazionale. A Palermo è andata Giorgia Meloni, che appena atterrata si è fermata sul monumento che commemora la strage di Capaci e ha fatto visita alla Procura e al sindaco Lagalla. “Sono fiera del fatto che il primo provvedimento del mio governo sia stato difendere il carcere duro”, ha detto riferendosi al decreto sul mantenimento dell’ergastolo ostativo. Ha esultato anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Sul Fatto di domani leggerete anche un ritratto di Messina Denaro e dei suoi rapporti con la politica.
I BENZINAI CONFERMANO LO SCIOPERO. TIM, LO STRAPPO FRANCESE: IL CEO DI VIVENDI SI DIMETTE DAL CDA. LA PARTITA DELLA RETE. Sul borsino Ttf di Amsterdam il prezzo del gas ha toccato i minimi del periodo, scivolando a 55 euro al megawattora. L’Ue ha annunciato che “all’inizio della primavera” avvierà il programma di acquisti congiunti di metano per i 27 Stati membri. Sul fronte nazionale, le sigle dei benzinai hanno confermato lo sciopero del 25 e 26 gennaio: ai gestori delle pompe di carburanti non è piaciuto il decreto sulla trasparenza dei prezzi pubblicato sabato dal governo, soprattutto nella parte relativa alle sanzioni fino a 6 mila euro. Intanto, l’Antitrust ha avviato un’istruttoria sulle tariffe delle ultime settimane e ha svolto ispezioni nelle sedi di Eni, Esso, IP, Q8 e Tamoil: sarebbero state accertate infrazioni in oltre mille esercizi. Sul Fatto di domani leggerete anche un approfondimento su cosa sta accadendo in casa Tim. Il ceo di Vivendi, Arnaud De Puyfontaine, ha rassegnato le dimissioni da membro del consiglio di amministrazione dell’azienda di telecomunicazioni, e il titolo ha guadagnato quasi il 3% in borsa. Il passo indietro non significa un disimpegno dal gruppo telefonico, ma è piuttosto un segnale del disappunto dei francesi, che ritengono la presidenza di Tim non imparziale e chiedono discontinuità nel cda. Ora si attende di conoscere l’orientamento del governo sulla rete, dopo lo stop all’offerta della Cdp.
PRESSING ALLEATO SUI CARRI TEDESCHI PER KIEV, MA RHEINMETAL AVVISA: “PRONTI TRA UN ANNO”. In Ucraina, il bilancio dell’attacco missilistico su una zona residenziale di Dnipro è salito a 40 vittime. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha parlato di nuovo al telefono con Vladimir Putin: al centro del colloquio la prosecuzione dell’accordo sul grano e la possibilità di creare un hub regionale del gas in Turchia. Erdogan si è offerto come mediatore per “una pace duratura” con Kiev. Il Cremlino ha riferito che i due leader hanno discusso anche della normalizzazione delle relazioni tra Ankara e Damasco. A Kiev, il presidente Zelensky ha fatto sapere di aver riunito lo stato maggiore militare, mentre sua moglie Olena Zelenska è volata a Davos, in Svizzera, per partecipare al Forum economico mondiale (è atteso anche un collegamento video con Zelensky). A Bruxelles, Ursula von der Leyen ha confermato che domani sarà erogata la prima tranche di aiuti economici europei per la ricostruzione in Ucraina: 3 miliardi di euro, sui 18 stanziati a dicembre. Continua intanto il pressing della Nato su Berlino per la fornitura di carri armati a Kiev: oggi un’esortazione è arrivata dal governo della Polonia. Olaf Scholz si è riservato di decidere entro venerdì, anche se oggi l’azienda che produce i Leopard chiesti a Kiev, la Rheinmetal, ha avvertito che i tank non saranno pronti prima del 2024. Sul Fatto di domani parleremo anche delle dimissioni, ampiamente annunciate, della ministra della Difesa tedesca Christine Lambrecht.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Euro-mazzette, dai giudici sì alla consegna della figlia di Panzeri al Belgio. È stata accolta oggi dalla Corte d’Appello di Brescia la richiesta della magistratura belga che a dicembre aveva emesso un mandato di arresto nei confronti di Silvia Panzeri, figlia dell’ex eurodeputato arrestato a Bruxelles con le accuse di corruzione e riciclaggio. L’ultima parola spetterà ora alla Cassazione. A Bruxelles è partita la procedura per la revoca dell’immunità di Marc Tarabella e Andrea Cozzolino. La presidente dell’eurocamera Roberta Metsola, dando il via ai lavori della Plenaria, ha annunciato l’inizio della procedura richiesta dalla giustizia belga. L’obiettivo è concludere la procedura entro la plenaria di febbraio.
Femminicidio Scialdone, resta in carcere l’ex compagno. Il gip di Roma ha convalidato l’arresto di Costantino Bonaiuti, il 61enne che ha ucciso a Roma Martina Scialdone dopo un acceso diverbio all’interno del ristorante Brado. Secondo il legale dell’uomo, per cui è stata richiesta la sorveglianza sanitaria, “dagli atti non emerge alcuna chiamata alle forze dell’ordine”. Diversa la versione dei gestori del locale, che fin dell’inizio hanno affermato di aver chiamato il 112 e di aver aspettato 40 minuti la pattuglia.
Morta Gina Lollobrigida, addio alla “bersagliera”. L’attrice, amata e celebrata in tutto il mondo, aveva 95 anni. Celebri alcuni suoi ruoli, dalle pellicole di Luigi Comencini (era la Fata turchina di Pinocchio, oltre, appunto a “La Bersagliera” in Pane, amore e fantasia) all’Esmeralda del Gobbo Anthony Quinn. Il suo nome è scolpito nella Walk of fame di Hollywood. Domani il nostro ricordo.
Scopri le nostre newsletter. Clicca qui
Scrivici a: newsletter@ilfattoquotidiano.it