L’Italia rischia nei prossimi anni di costruire grandi opere come gasdotti e terminali di rigassificazione per l’importazione e trasporto di gas che andranno a gravare sulle bollette a fronte di consumi in fortissima discesa e contestuale boom delle rinnovabili che producono energia a metà del costo degli impianti termoelettrici.
Tutti i dati, desunti da fonti ufficiali e prestigiose, sono stati raccolti ed elaborati nel dossier L’Italia verso una inutile sovracapacità fossile: a quali costi? che quindici organizzazioni hanno inviato all’Autorità dell’Energia (ARERA) nell’ambito della consultazione pubblica sull’utilità del gasdotto “Linea Adriatica” che dovrebbe attraversare la dorsale appenninica da Sulmona alla pianura padana con un costo di 2,4 miliardi di euro. Arera dovrà decidere se il costo dell’opera, che dovrebbe entrare in funzione nel 2028, potrà ricadere in bolletta a vantaggio di Snam.
L’analisi, peraltro piuttosto semplice e alla portata di tutti, è stata fatta sui dati ufficiali relativi a consumi, infrastrutture esistenti e programmate e attenendosi agli scenari energetici proposti da governo, Snam e Terna per il 2030 e il 2040. Sono state anche azzerate completamente le importazioni dalla Russia (cosa che peraltro Snam non fa negli scenari 2030): le conclusioni sono inequivocabili e impietose circa l’efficacia della strategia di costruzione di un grande “hub del gas” con grandi opere fossili del tutto inutili e costose. Questi i principali punti emersi.
Importazione da sud: nessuna saturazione
Nei tre terminali di importazione a sud (TAP, Mazara del Vallo e Gela) attualmente arrivano 110 milioni di mc al giorno a fronte di una capacità di 174 milioni. Pertanto residua capacità per importare altri 23,3 miliardi di mc. È quindi infondata qualsiasi teoria relativa alla saturazione di questi punti di ingresso da sud.
La sovracapacità di importazione rispetto alle necessità: consumi in netto calo
Nel 2024 con il potenziamento dei rigassificatori esistenti e l’arrivo dei nuovi a Piombino e Ravenna, mantenendo sia i punti di importazione a nord e sud, si arriverà a una capacità di importazione complessiva di ben 105 miliardi di mc di gas.
Quali sono i consumi del Paese? Snam nei propri bilanci nel 2006 prevedeva che l’Italia avrebbe raggiunto ben 106 miliardi di mc di consumi nel 2015. A consuntivo possiamo dire che era una previsione del tutto fantasiosa (eufemismo), visto che nel 2015 ne abbiamo consumati 67,5 (-36% rispetto alla previsione).
Nel 2022 sono stati consumati solo 68 miliardi di mc, nel 2021 invece 76. L’anno di picco è stato il lontano 2005 con 86 miliardi di mc. Il calo dei consumi fa sì che non esista alcun problema nell’affrontare eventuali picchi giornalieri di richiesta.
Snam e Terna prevedono al 2030 un consumo di metano di 58 miliardi di mc di cui solo 3 dalla produzione nazionale. Si arriva a 66 miliardi prevedendo oltre al gas anche biometano e idrogeno. Questo per soddisfare gli obblighi internazionali di taglio delle emissioni per contrastare la crisi climatica.
Pertanto è del tutto evidente l’inutilità di questa enorme sovracapacità di importazione, pari al 45% al 2030 (considerando la produzione nazionale e il biometano che verrà prodotto in Italia).
Le strozzature interne da sud verso nord non esistono
Per quanto riguarda eventuali “strozzature” relative al trasporto interno, che renderebbero necessario il gasdotto Linea Adriatica, da costruire per il 2028, sono gli stessi dati Snam-Terna a smentire l’assunto in quanto nel 2030 dai tre terminali sud dovrebbero arrivare tra 37 e 44 miliardi di mc di importazione. Detratta la quota che consumeranno le regioni del sud (circa 10-12 miliardi di mc), che ovviamente è stata tenuta in debito conto in questo scenario, vuol dire che la stessa Snam reputa necessario un trasporto verso il centro-nord Italia di max 34 miliardi di mc al 2030.
L’attuale capacità di trasporto esistente verso nord per stessa ammissione di Snam è di ben 44 miliardi di mc, quindi del tutto sufficiente a garantire l’approvvigionamento del centro-nord, con una larga quota di margine. Esaminando i dati Snam sulla capacità di trasporto verso nord dei gasdotti esistenti all’altezza del Centro Italia, i consumi regionali e la distribuzione dei punti di approvvigionamento al nord e al sud (anche per biometano, produzione nazionale, ecc) si scopre che:
-nella situazione attuale vi è già una sovracapacità di trasporto del 23%;
-nel 2030, in caso di costruzione dei nuovi rigassificatori, ma senza il gasdotto Linea Adriatica, la sovracapacità comunque salirebbe al 44%;
-qualora nel 2030 si realizzasse anche il gasdotto Linea Adriatica la sovracapacità per l’approvvigionamento del centro-Nord salirebbe al 49%!
La capacità di esportazione
La capacità attuale di esportazione verso nord Europa senza nuove opere è di 22 miliardi di mc. Quest’anno ne sono stati esportati (sì, esportati!) circa 3,4, più della produzione nazionale. Pertanto rimane una capacità di ben 18,5 miliardi di mc. Certo a chi propugna un ruolo dell’Italia come hub del gas sarebbe da chiedere dove sono i contratti e per quali quantità di gas per sfruttare e addirittura superare questa capacità. E a quel punto non sarebbe tanto questione di capacità di importazione, come abbiamo visto assolutamente spropositata per i consumi del Paese nel 2030, ma di potenziamento dei punti in uscita (passo Gries; Tarvisio; Gorizia) per i quali non ci risultano progetti neanche in itinere.
Inoltre, a parte tutte le questioni ambientali e climatiche, rimarrebbe da spiegare il meccanismo di remunerazione degli investimenti fatti dagli italiani in quanto tutte queste nuove infrastrutture graverebbero sulle bollette. Insomma, non vorremmo che si privatizzino i profitti socializzando i costi.
L’esplosione delle rinnovabili: il costo dell’energia è metà rispetto alle fossili
L’agenzia internazionale Bloomberg pochi giorni fa ha certificato che eolico e fotovoltaico riescono a produrre energia ad un costo dimezzato rispetto agli impianti alimentati da fonti fossili. Ancora più eclatante il fatto che ormai è conveniente sostituire con le rinnovabili il parco impiantistico termoelettrico esistente! Cioè è economicamente vantaggioso rottamare turbogas e affini esistenti.
Non a caso, nella quasi indifferenza dei commentatori, il ministero dell’Ambiente da mesi è letteralmente inondato da imprese che hanno attivato oltre 600 procedure di Valutazione di Impatto Ambientale per eolico e fotovoltaico per decine di migliaia di MW di potenza. Se oggi è così figurarsi nel 2030. Pertanto vi è il rischio, o forse dovremmo dire la certezza, che questi investimenti “fossili” in rigassificatori e gasdotti diventeranno improduttivi (“stranded assets”) gravando alla fine sul sistema Paese.
I costi ambientali e sociali non considerati
Nel dossier si evidenzia che l’analisi costi-benefici ha escluso completamente i costi ambientali, evitando di conteggiare il costo delle emissioni di gas clima-alteranti come metano e CO2 connesse al nuovo gasdotto. Così non sono stati considerati i costi dell’impatto sulla biodiversità: basti pensare che la centrale di Sulmona dovrebbe essere realizzata in un’area importante per l’Orso bruno come certificato da ben due parchi nazionali.
*Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile”, Coordinamento “No Hub del Gas”, Forum Italiano Movimenti per l’Acqua, Comitati Cittadini per l’Ambiente di Sulmona, Italia Nostra Abruzzo, Lega Italiana Protezione Uccelli del. Abruzzo, Associazione Salviamo l’Orso, Stazione Ornitologica Abruzzese, Adiconsum Pescara, Mountain Wilderness Abruzzo, Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti, Ass. Dalla Parte dell’Orso, CovaContro, Centro Documentazione Conflitti Ambientali, Confederazione Cobas