Il rapporto “False fix: the hidden health impacts of Europe’s fossil gas dependency” (“Una falsa soluzione: gli effetti nascosti sulla salute della dipendenza dai gas fossili in Europa”) lanciato nei giorni scorsi da HEAL, ISDE e ReCommon per la prima volta analizza gli effetti sulla salute della combustione di gas fossili, evidenziando come il rischio sanitario sia molto alto, così come accade per tutti gli altri combustibili fossili.
L’Italia risulta in cima alla lista per quanto riguarda gli impatti sulla salute delle centrali a gas, che oggi coprono la metà del fabbisogno elettrico del Paese. Alla fine del 2021, risultavano proposti 48 nuovi gruppi di generazione elettrica a gas, pari a 18,5 GW di potenza, che si aggiungerebbero ai 41 GW esistenti. Nella lista degli inquinatori che bruciano gas fossile in Italia Enipower, parte del gruppo Eni, controllato per il 30 per cento dallo Stato, è al primo posto. Le centrali di Enipower emettono il 20 per cento delle emissioni di ossidi di azoto di tutto il parco elettrico a gas italiano.
Per citare un altro dato rilevante presente nel rapporto, va rimarcato che nel solo 2019, la combustione di gas fossili per la generazione di energia o calore ha causato nell’UE-27 e nel Regno Unito oltre 2.800 decessi prematuri da inquinamento dell’aria (PM2.5, NO2 e ozono).
Le Ong sono molto preoccupate dalle mosse della Commissione europea, che ha incluso nuove infrastrutture per l’espansione del mercato del gas fossile nel pacchetto REPowerEU, al fine di affrontare la crisi energetica in atto.
La dipendenza dell’UE e del Regno Unito dall’energia generata da gas fossili ha prodotto nel solo 2019 costi sanitari pari a circa 8,7 miliardi di euro, con impatto maggiore a carico di Italia, Germania, Regno Unito, Francia, Paesi Bassi e Spagna. Questi costi sono dovuti a conseguenze dirette sulla salute dell’inquinamento dell’aria originato dalla combustione dei gas, che ha provocato oltre 2.800 decessi prematuri, circa 15mila casi di problemi respiratori in adulti e bambini, oltre 4.100 ricoveri ospedalieri e più di 5 milioni di giorni di produttività persi per malattia.
Le Ong chiedono con urgenza l’adozione di un calendario ambizioso per il completo abbandono di tutti i combustibili fossili, compresi i gas fossili, evitando di affidarsi a false soluzioni che rallenterebbero questo percorso e provocherebbero ulteriori danni. Le Ong sottolineano inoltre che il protrarsi della dipendenza dai gas fossili compromette l’impegno dell’UE per il raggiungimento dell’obiettivo “inquinamento zero”, come previsto dal Green Deal, e accelera il cambiamento climatico anche laddove esistono delle alternative.
Secondo Vlatka Matkovic, Senior Health and Energy Officer di HEAL, “gli effetti sulla salute e i costi derivanti dalla combustione di gas fossili sono stati enormemente sottostimati nei dibattiti pubblici e politici, ma non possono più essere ignorati. Continuare a dipendere dai gas fossili è nocivo”. Per il Dottor Agostino Di Ciaula, Presidente Comitato Scientifico Isde, l’investimento venti anni fa dell’Italia nell’energia da gas fossile ha fatto sì che il nostro paese “deve subire, tra gli Stati Europei, i più pesanti costi sanitari generati da questa scelta, che già allora appariva insostenibile. Bruciare gas fossili non può essere considerata una strategia di transizione”. Infine Antonio Tricarico, campaigner e ricercatore di ReCommon, ha dichiarato: “Il gas è un combustibile che fa ammalare e uccide. È inaccettabile che lo Stato italiano sia il principale azionista dell’azienda che inquina di più con le sue centrali a gas, il tutto a discapito della popolazione italiana. Lo Stato prima incassa il 30 per cento dei profitti di Eni e poi si sobbarca il 100 per cento degli impatti sanitari delle centrali. La revisione del Piano Nazionale per l’Energia e il Clima prevista quest’anno dovrebbe mirare ad adottare l’obiettivo di un sistema elettrico libero da fonti fossili entro il 2035 e sollecitare un’ordinata eliminazione del gas entro tale data”.