Per parlare della pratica dello sci notturno sulle piste di discesa, illuminate e servite da impianti di risalita, mi sento in obbligo di tornare ai periodi della loro comparizione nel secolo scorso, prendendo spunto dalla mia esperienza personale di cittadino trentino che fin dai primi anni di vita è stato ed è tutt’ora uno sciatore. Erano i primi anni ’90 quando in Trentino qua e là si cominciò a sperimentare tale attività; è accaduto anche sulla montagna che sovrasta la mia città di Trento, il Monte Bondone, piccola ma storica e pioniera realtà di stazione sciistica, quando un piccolo skilift a gestione privata di una storica famiglia locale improvvisò una semplice linea di alcuni pali di legno per illuminare circa di 250 metri di pista facile, un’idea che allora -non ho imbarazzo a dirlo- avevo accolto con simpatia come piccola “chicca innovativa”, peraltro da me apprezzata perché raggiungibile in pochi minuti dalla città. Poco più che trentenne, non pensavo allora alle criticità di questa pratica ed alla serie di problematiche, in primis di costi, ma anche di disturbo antropico che in futuro si sarebbe portata appresso. La vedevo come una semplice iniziativa più goliardica che sportiva, da fare in compagnia di amici, paragonabile ai campi di pattinaggio su ghiaccio degli oratori cittadini. Quei piccoli campi di pattinaggio, che ricordo con una certa nostalgia, esistevano più o meno in ogni rione della città nelle ore serali, quando negli anni ‘60 – ‘70 il clima ancora lo permetteva da fine novembre ad oltre metà febbraio.
Fare però un paragone fra queste due attività non può essere accettabile, perché la pratica dello sci notturno che è proliferata negli ultimi dieci anni in diverse stazioni sciistiche delle Alpi rimane comunque solo una piccola iniziativa più legata all’immagine di contorno, non può essere a mio avviso usata come utile incentivo alla pratica dello sport, commisurata ad una normale palestra del dopolavoro. Lo sci notturno in pista è divenuto invece una pura strategia di marketing e/o souvenir turistico delle Agenzie di Promozione Turistica. Come accennato sopra non va dimenticato il forte carico di disturbo antropico che comporta, essendo le piste da sci mediamente immerse in un ambiente naturale dove la vita della fauna selvatica risulta già fortemente penalizzata per i numerosi passaggi diurni.
Ritornando alla mia montagna, il Monte Bondone, dopo un breve periodo in cui venne sospeso lo sci notturno e venne pure chiusa definitivamente la piccola pista, la società mista “pubblico-privato” che ora gestisce in loco tutti gli impianti di risalita riprese l’attività notturna con la posa sulla pista principale di una serie di classici piloni della luce (una cinquantina) alti 12 metri su un percorso di circa un chilometro; ovviamente i costi di realizzazione, lasciamo perdere nel dettaglio e nella realtà su chi hanno pesato, furono relativamente alti, ma la conseguenza più pesante sono i costi di manutenzione ed energetici per il funzionamento di tutto l’indotto in notturna. Non è un caso che dopo averne posto le basi, la stessa società ne può permettere l’esercizio al massimo una volta alla settimana, eccezionalmente anche due. Tutto ciò per far sciare quando va bene un centinaio di persone per un paio d’ore serali. Oltre a ciò l’impatto antropico sulla montagna di Trento è stato grande dopo la posa dei piloni ed è stato severamente compromesso l’aspetto paesaggistico, come lo è da anni l’intero versante verso la città. Fortunatamente gli altri versanti verso sud est e sud ovest sono ancora abbastanza integri e pure la nota piana delle Viote dove fu istituito molti anni fa un noto “giardino botanico” e dove tutto questo altopiano a 1600 m di quota ha resistito ai forti attacchi imprenditoriali di altri tempi che l’avrebbero distrutto.
Malauguratamente a tutt’oggi, nonostante le severe lezioni ricevute dal passato a suon di di “crac finanziari” e di infrastrutture abbandonate, le amministrazioni locali “pro tempore” su forte spinta di cordate imprenditoriali accettano ancora di riproporre quel vecchio sistema. In Trentino oggi questa attività è implementata sul Bondone come in altre stazioni, ma anche in altre regioni dell’arco alpino lo sci notturno è diventato una delle tante attrazioni che le località sciistiche moderne hanno lanciato per differenziare la propria offerta turistica, non solo sulle piste da discesa ma anche su quelle di sci di fondo.
Gli altissimi costi dell’energia hanno suggerito a Promoturismo Friuli Venezia Giulia di non consentire lo sci notturno per questa stagione invernale; non così per tante altre località, dove la maggior parte delle piste solitamente sono aperte di notte durante le serate infrasettimanali per pochi appassionati locali e vacanzieri delle settimane bianche, in quanto la preparazione degli impianti nel fine settimana è dedicata all’attività diurna ben più significativa. Si tratta di una pericolosa tendenza che ci potrebbe lentamente far tornare ad un’idea sbagliata e fuori tempo, verso il manifestarsi di quella parte di passato ingloriosa che ha visto trasformare la montagna da terreno di pratica sportiva a luna park per turisti annoiati; ma si sa, oggi prevale ancora la rendita valutaria immediata procurata da movimenti di terra, macchinari e uomini, senza badare allo scadente futuro che poi per esperienza temiamo sarà riservato ai territori investiti da queste forme imprenditoriali.