“Il clima mediatico sulla corruzione oggi è completamente diverso da quello del 2015-2016. Un po’ è un fatto fisiologico, con il tempo l’attenzione mediatica scema e ci si stufa anche di sentire parlare degli stessi problemi. È già successo dopo Tangentopoli. Già prima della fine degli anni 90 l’interesse per la corruzione era cambiato. Questa volta hanno inciso anche oggettivi e più gravi problemi, quali la pandemia e poi la guerra. Purtroppo però prima o poi il tema tornerà di moda. È il tipico pendolo italiano”. Raffaele Cantone, già presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, in una intervista su MillenniuM in uscita sabato 11 febbraio, parla di lotta al malaffare nel nuovo clima politico.
Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) la parola corruzione non viene proprio citata. Lei disse che da cittadino ne era stupito. Non è rischioso immaginare che il Pnrr possa essere distorto dalle tangenti?
Nel Pnrr originario vi era un cenno all’anticorruzione, in quanto si prevedeva, fra i possibili obiettivi da perseguire, quello di presentare un disegno di legge per semplificare la normativa in materia di prevenzione. Il disegno di legge non è poi mai stato presentato e di contrasto alla corruzione nel Pnrr non si fa alcun cenno. Perché ci sia questa assoluta latitanza del tema non è dato sapere. Evidentemente si è sicuri che non ci sono rischi di corruzione! Lo dico con ironia, ma ovviamente spero che sia così.
La maggioranza ha reintrodotto i benefici penitenziari per i condannati per reati contro la Pubblica amministrazione: secondo FI il divieto previsto dalla Spazzacorrotti era “inaccettabile”. Lei cosa ne pensa?
La norma che impediva i benefici ai condannati per corruzione è caso di studio. Con essa si estendeva una regola già esistente per i mafiosi e cioè, in sintesi, che solo chi si pente può essere ammesso ai benefici carcerari. Si tratta di un’equiparazione che mi lascia perplesso perché mette sullo stesso piano due fenomeni che criminologicamente sono diversi e nel suo essere in contrasto con il principio costituzionale di rieducazione della pena si può giustificare solo in via eccezionale. Ciò detto, a differenza di quanto era accaduto con i mafiosi, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità della sua applicazione ai condannati per corruzione per fatti precedenti la sua entrata in vigore e questo Parlamento l’ha poi abrogata. Essa quindi non credo sia mai stata applicata perché, nel breve tempo di vigenza, non vi sono state condanne definitive.
Secondo il ministro della Giustizia “l’efficacia deterrente delle leggi penali in tema di corruzione è pari a zero” e quindi è inutile renderle più severe.
Concordo parzialmente con le affermazioni del ministro. Non credo che chi decide di corrompere o di farsi corrompere si preoccupi particolarmente dei rischi penali e delle sanzioni cui va incontro. Ovviamente, però, previsioni sanzionatorie alquanto blande, come erano quelle anteriori al 2012, finivano comunque per non creare alcuna preoccupazione per chi delinque. Ha fatto bene quindi il legislatore a elevarle, ma sono d’accordo con il ministro quando dice che a furia di aumenti e pene sono diventate sproporzionate. Oggi la differenza di pena fra concussione e corruzione è minima, mentre in passato la concussione prevedeva una pena pari al doppio della corruzione. Le pene attuali sono quindi poco proporzionate e non eque.
Nordio ha detto di voler abolire il reato di traffico di influenze perché “non si capisce il reato che descrive”. Lei invece l’ha definito “fondamentale”.
La fattispecie di traffico di influenze è stata introdotta perché prevista da convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e quindi la sua abrogazione ci esporrebbe a censure internazionali. La norma inoltre è certamente utile perché punisce un comportamento grave, quasi sempre prodromico a fatti corruttivi, quale la promessa di intervenire su un pubblico ufficiale in cambio di un’utilità. La norma, però, è effettivamente scritta male e crea problemi interpretativi. Giusta la riforma, grave errore invece sarebbe la sua abrogazione.
(Ha collaborato Paolo Frosina)