La linea ufficiale del partito – andare all’assalto dei vertici Rai – era stata studiata da giorni. I parlamentari di Fratelli d’Italia lo avevano già capito venerdì leggendo “Ore 8”, il volantino stile “Mattinale” di Paolo Bonaiuti che viene mandato ogni mattina a deputati e senatori meloniani per impartire la linea. A proposito dell’episodio di Fedez che a Sanremo aveva mostrato una foto del sottosegretario Galeazzo Bignami vestito da nazista per poi strapparla, l’ordine di scuderia del partito era questo: “Utilizzare il palco di Sanremo e la Rai a fini politici, soprattutto se questi istigano alla violenza, è inopportuno ancor più in questo momento storico già delicato”. Una critica a Fedez ma, per interposta persona, anche ai piani alti di viale Mazzini.
Poi, ieri mattina, dopo la provocazione di venerdì sera sulla cannabis (“Giorgia legalizzala” ha cantato Fedez) e quando La Verità ha rivelato che i dirigenti di viale Mazzini sapevano tutto dello show del rapper perché aveva fatto le prove, i meloniani non si sono lasciati sfuggire l’occasione: “Dobbiamo attaccare i piani alti della Rai”. E così è partita l’offensiva, spinta da Palazzo Chigi. Il grimaldello che serve a Giorgia Meloni per cambiare velocemente i vertici della televisione pubblica. Non solo, quindi, i direttori dei Tg ma soprattutto il pezzo grosso, la poltrona che più scotta: quella dell’amministratore delegato Carlo Fuortes.
Dopo una tregua armata con l’ad in quota Pd – favorita anche dai tanti dossier sul tavolo della premier e dal Festival alle porte – a far accelerare l’idea di un cambio ai vertici Rai è stata proprio la gestione generale di Sanremo. Prima la partecipazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella di cui erano all’oscuro anche i vertici Rai, poi il caso Zelensky che ha rinunciato al video-messaggio (“se ci fossero stati i nostri, questa pagliacciata non sarebbe successa”, dice una fonte vicina alla premier) e ora lo show di Fedez. Polemiche che hanno convinto Meloni: ora si cambia.
La giornata è un susseguirsi di dichiarazioni contro i vertici. Il primo colpo arriva dal capogruppo Tommaso Foti: “Il palco dell’Ariston si è trasformato, con il consenso e beneplacito della Rai, in una tribuna elettorale. Chi sapeva dello show di Fedez deve dimettersi”. A ruota tutti i parlamentari di FdI, con Manlio Messina che parla di “killeraggio politico” di cui i vertici Rai “erano consapevoli”. Daniela Santanchè definisce Sanremo “un po’ comunista, ma chi se ne frega”. Il direttore dell’Intrattenimento Stefano Coletta conferma in conferenza stampa che lui non sapeva niente. Anzi aveva chiesto a tutti di non fare politica, ma “non si possono fermare gli artisti in diretta”: “Facciamo il 60% di share e si parla solo di Fedez, l’omesso controllo è incivile”. Il Pd parla di “Minculpop”, la Lega di “tagliare il canone”. Ieri Fedez era in prima fila all’Ariston: una risposta a FdI.
Il caso potrebbe limitarsi al rapper. Ma non è così. Si capisce subito che l’esibizione del rapper serva solo da escamotage per andare all’assalto dei vertici della Rai. E infatti la dichiarazione che fa più rumore è quella di Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura: “Penso che li cambieremo. È giusto cambiare la narrazione del Paese”. È la stessa idea di Palazzo Chigi. La prima mossa sarà sostituire il direttore del Tg1: da Monica Maggioni a Gianmarco Chiocci, oggi direttore dell’AdnKronos. In questo modo, FdI metterà le mani sui principali telegiornali, dopo la nomina di Nicola Rao al Tg2. Poi arriverà il momento di sostituire i vertici. E se dentro FdI si invoca un cambio immediato, la premier sa che per sostituire Fuortes con il suo fedelissimo Giampaolo Rossi serva cambiare la legge: quest’ultimo è già stato membro del Cda della Rai e se dovesse prendere oggi il posto dell’ad, il suo mandato durerebbe solo per un anno, fino a giugno 2024. Così a Palazzo Chigi si sta studiando una norma “sblocca Rossi”: una leggina che eliminerebbe il tetto dei due mandati per i consiglieri di amministrazione. La norma, che ricorda quella per dare ad Alfredo Mantovano la delega ai Servizi da sottosegretario a Palazzo Chigi, era già pronta nel decreto Milleproroghe ma alla fine è saltata per evitare polemiche. Ora potrebbe tornare.