Siamo una coalizione di cittadini preoccupati dal collasso climatico ormai avviato, la cui voce va aumentando negli spazi televisivi e nelle colonne delle testate giornalistiche più varie. Chiamati per discutere delle proprie azioni, delle strategie repressive recentemente intraprese dal potere nei loro confronti e per partecipare alla discussione di temi green di interesse nazionale ed europeo. Il risultato, sovente, è lo stesso: il grande assente nel dibattito sono la crisi climatica e i suoi responsabili.
Si rivolge l’attenzione al gesto eclatante e si tralascia la causa, viene omessa la quantificazione degli eventi climatici estremi e delle vittime ad essi collegate. Soprattutto non si citano i 42 miliardi di soldi pubblici investiti annualmente nel fossile dal governo italiano, i numerosi sussidi ambientalmente dannosi attualmente presenti nei registri, che continuano a sfruttare il denaro delle persone, delle loro tasse, per rendere competitive ed economicamente autosufficienti attività distruttive per il presente e il futuro di tutti. Senza menzionare l’uso criminale che i governi fanno dei soldi delle persone, senza confrontarsi sul come riutilizzare positivamente simili capitali, i dibattiti televisivi e gli articoli di giornale appaiono solo come grottesche ridicolizzazioni della protesta di chi rifiuta di accettare il suicidio collettivo al quale i politici dei Paesi industrializzati e le elité del fossile ci stanno condannando in nome del profitto immediato.
Scenario più eclatante è quello televisivo, che si presta all’osservazione di dinamiche macro. Pattern iniziale in questi spazi erano la diffidenza e il paternalismo spiccato, lo sguardo storto dell’establishment dell’informazione televisiva che, con occhio interrogante, cercava di inquadrarci, seduti su una poltrona uguale alla loro, con alle spalle proiettate immagini degli stessi, seduti al centro del Grande raccordo anulare.
Analogia di tale polarizzazione banalizzata, i talk show sono costruiti come un ring di lotta all’ultima argomentazione, all’ultimo artificio retorico per strappare un applauso comandato dallo studio televisivo. Spazi popolati da opinionisti, ospiti pro, ospiti contro, quasi mai da figure tecnico-scientifiche in grado di portare la discussione ad affrontare concretamente le richieste dei cittadini rivolte alla politica, le soluzioni all’ipocrisia e all’inazione della classe dirigente al potere. A fronte di simili duelli verbosi, profondamente egocentrici ed esibizionistici, il tema della crisi climatica sfuma e viene adombrato dagli ego gargantueschi di chi parla. Lo spettatore a casa con ogni probabilità proverà istintivamente un forte impulso a tifare l’una o l’altra metà campo, perdendo il focus sul tema centrale.
Ultima Generazione porta simboli e domande alla cittadinanza e alla politica. Parlare di eco-vandalismo, eco-teppismo, suggerire di rivolgere altrove la protesta, distorce il focus centrale della lotta, allontana ed estrania la cittadinanza da questa sorte comune da affrontare, causata dall’ipocrisia della politica e dai danni da essa provocati, gli unici veri atti vandalici all’interno della questione climatica. Cittadine e cittadini comuni ora stanchi dell’immobilismo suicida portano una verità, indiscutibile e oggettiva, aggregati per valori comuni, per esigenze comuni e per dovere morale, per esigenza storica, confidando nella forza della democrazia.
Una tendenza piacevole è possibile riscontrarla: se inizialmente non raro era il coinvolgimento di negazionisti climatici nel polo contrario degli ospiti, pronti a difendere le loro posizioni legittimati da mendaci/inattendibili studi isolati, ora la discussione pare essersi spostata integralmente sulle modalità di protesta dei movimenti, chiudendo, ci auguriamo in via definitiva, la finestra di presenza di simili personalità in spazi di informazione pubblica. Purtroppo ancora faticoso lo spostamento dei discorsi sulle responsabilità politiche ed economiche e sulle soluzioni al collasso climatico, portato all’attenzione pubblica con le azioni di disobbedienza civile.
Il messaggio è chiaro, le persone, tutte, hanno ancora il potere, insieme, di chiedere giustizia a chi ha ufficialmente il dovere di legiferare per il benessere comune. Schermi ed etichette superficiali proseguono ad allontanare il problema dalla cittadinanza, quando è invece di tutti la necessità e l’interesse di pretendere un futuro vivibile. Sono passati troppi decenni di attesa di cambiamento, non c’è più tempo, è ora di farsi ascoltare.