LEGGI – Mister Calderone, a difenderlo in tribunale c’è il segretario della ministra consorte…
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Ci sono due fondazioni. Ma forse una è di troppo e rischia di essere un grosso guaio anche per la ministra del Lavoro, Marina Calderone. C’è la “Fondazione Studi”, la non profit costituita nel 2001 per volere del Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro che Calderone ha guidato fino alla nomina nel governo Meloni. Suo marito Rosario De Luca è da anni il presidente della Fondazione. Ed è lui che nel 2018 decide di crearne un’altra: la “Fondazione Studi Consulenti del Lavoro Srl”. Sempre fondazione si chiama, ma è una Società commerciale a responsabilità limitata che De Luca ha guidato fino allo scorso novembre. La prima (la Fondazione Studi) è socio unico della seconda (la Srl). E se i vertici si intersecano – vicepresidenti, consiglieri e revisori – identici sono pure l’oggetto sociale, il telefono e il palazzo di viale del Caravaggio a Roma dove entrambe hanno sede. Non è vietato. Anche molti sindacati hanno una fondazione e una Srl associata. Ma una cosa è la divisione, altra è – come denunciano alcuni dipendenti ed ex impiegati delle fondazioni– far lavorare gli addetti per entrambe. Secondo i lavoratori si tratterebbe di una cosa sola, ma, sdoppiandola in due, nessuna avrebbe più di 15 dipendenti in organico e licenziare così è più facile e meno oneroso. Accuse che investono la ministra perché era il capo dell’Ordine dei consulenti da cui le fondazioni del consorte dipendono. E che rischiano di diventare un enorme problema politico ora che il suo ruolo le impone di tutelare i diritti dei lavoratori.
La questione è già al centro di una causa al Tribunale del lavoro di Roma, tanto delicata che a difendere la Fondazione del marito c’è il segretario della moglie ministra (vedi pezzo accanto). “Il frazionamento fittizio delle aziende non è una novità”, osserva il giuslavorista Vincenzo Martino. “È un modo di eludere le regole sui licenziamenti troppo spesso consigliato dagli stessi consulenti del lavoro, di cui l’attuale ministra è stata il massimo esponente”. Ed è pure un modo di eludere il diritto dei lavoratori alla rappresentanza sindacale, che scatta oltre la soglia dei 15 dipendenti, così come l’obbligo di assumere persone con disabilità. Una condotta che, se confermata, imbarazzerebbe non poco pure chi siede alla poltrona di ministra del Lavoro.
Le testimonianze raccolte dal Fatto parlano di “promiscuità totale” tra fondazione e Srl. I rendiconti pubblicati sul sito del Consiglio nazionale dell’Ordine di certo non le smentiscono: i nomi dei dipendenti figurano in un unico elenco che ne conta 26 per il 2019 e 25 per il 2020. Ma c’è di più: una dipendente racconta che “ad alcuni è stato chiesto di dimettersi dalla Fondazione Studi per essere poi riassunti dalla Srl”. Perché? “Per tenere l’organico entro i 15 dipendenti, non vedo altre ragioni”. E precisa: “Per chi accettava il passaggio, a parte quell’Srl sulla busta paga, rimaneva tutto come prima: stessa scrivania, identiche mansioni, come non fosse mai accaduto”. Chi ci ha lavorato, descrive la sede: “È nel palazzo dell’ente di previdenza dell’Ordine, l’Enpacl, dove ci sono sia gli uffici del Consiglio Nazionale al primo piano sia gli uffici della Fondazione Studi e della Srl distribuiti dal piano terra al terzo. Ma se altrove ci sono porte e corridoi, gli ambienti delle due fondazioni sono totalmente promiscui: nello stesso reparto, il collega alla tua destra è assunto nella Srl, mentre quello a sinistra dalla Fondazione”. Perché, aggiunge, “non c’è una divisione logica per cui, ad esempio, tutta l’amministrazione sta nella fondazione o la produzione video nella Srl”. Anche se gomito a gomito, non tutti sanno chi è il datore: “Pensavo di lavorare per l’una, poi ho scoperto che ce n’era un’altra e che lavoravo per quella”, ammette una ex dipendente. Quanto alle comunicazioni interne, nessun dubbio: “Mail con le stesse direttive arrivano indistintamente a tutti i lavoratori, sempre coordinati da De Luca e dai suoi vice, in alcuni episodi dalla stessa Calderone”.
Del resto a decidere le sorti della Fondazione era lei, la presidente del Consiglio dell’Ordine. Stabiliva quali attività finanziare e quali no, e di riflesso chi confermare e chi no. Una minaccia ancora sentita da chi lì lavora, soprattutto se l’organico non supera i 15 dipendenti e le tutele sono più deboli. “Quelli che non godono della piena fiducia dei vertici vengono messi in disparte”, racconta più d’uno. Chi ha deciso di parlarne, disposto a confermare in tribunale, lo fa dietro garanzia di anonimato perché anche a distanza di anni il feudo dei coniugi Calderone-De Luca fa paura, a maggior ragione oggi che l’ex presidente è ministra del Lavoro. C’è chi ha preferito andarsene per lasciare “un ambiente tossico”, dove “i diritti dei lavoratori passavano sempre in secondo piano”, e chi invece rimane perché non ha alternative.
Non temono una causa di lavoro? “Quando i soldi non sono i tuoi ma quelli degli iscritti all’Ordine è più facile non temere cause, anche quelle che finiscono con conciliazioni onerose”. Nel 2021 sono stati lasciati a casa una lavoratrice della Srl e un lavoratore della Fondazione Studi che ha fatto ricorso e portato il datore a conciliare. Ma un terzo è ancora in causa, certo che il suo licenziamento sia illegittimo perché si fonda su una dimensione dell’organico che non corrisponde al vero. Al contrario, per il marito della ministra le fondazioni sono due perché una fa da società di servizi all’altra. Nel merito, spiega il giuslavorista Martino, “l’orientamento della Cassazione è consolidato: se la struttura è unica e la prestazione è svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente per le diverse imprese, allora il datore è uno solo”. Se sia proprio questo il caso lo dirà un giudice. Ma il problema politico rischia però di essere comunque enorme: poteva la presidente dell’Ordine che controlla la Fondazione del marito non sapere come venivano gestiti i dipendenti? Che la questione sia spinosa anche per la ministra lo dice il fatto che a difendere la Fondazione in tribunale è il capo segreteria della ministra, l’avvocato Pasquale Staropoli, vicino a De Luca e tuttora responsabile della Scuola di Alta formazione della Fondazione. Non è un caso: le motivazioni economiche del licenziamento impugnato le avrebbe fornite proprio il Consiglio nazionale dell’Ordine della presidente Calderone, tagliando i fondi che garantivano lo stipendio del lavoratore. Tuttavia, Fondazione Studi svolge attività per circa 5 milioni di euro all’anno; solo in comunicazione, sponsorizzazioni e servizi televisivi ne spende 2. Quanto alla Srl, ha un attivo di 560 mila euro. Insomma, i soldi ci sono.
La ministra Calderone non potrà che confermarlo. Il 22 dicembre, al ministero ha offerto il brindisi di Natale a un’ottantina tra funzionari e dirigenti. A quanto risulta al Fatto, però, a pagare è stata proprio la Fondazione del marito, oggi presidente dello stesso Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti sul quale il ministero della moglie vigila per legge.
“Nessun conflitto d’interessi”, dice De Luca, che precisa di essere stato eletto da 270 delegati provinciali di tutta Italia, “e che il responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza del Consiglio nazionale ha chiesto un parere all’Anac che si è espressa in modo favorevole circa la conferibilità, compatibilità e il potenziale conflitto d’interessi”. Resta il fatto che al ministero si brinda grazie ai consulenti del lavoro. Chi ha preparato “un aperitivo con finger food” conferma: “Sì, l’evento al ministero, con la Calderone, certo. Siamo il catering di fiducia di Fondazione Studi e dei consulenti del lavoro in generale, con loro abbiamo fatto Festival del Lavoro fino a 1600 persone, anche fuori Roma, fino a Fiuggi”. Alla faccia della crisi e del conflitto d’interessi. E di un dubbio che resta: chissà quale delle due fondazioni avrà ricevuto la fattura.