LEGGI – Calderone, la Corte dei Conti indaga sull’Ordine consulenti
LEGGI – Calderone, dal ministero del Lavoro all’Ordine dei consulenti (e viceversa): tutti i legami
Nessuno spreco, regali o regalie ma solo “sana amministrazione dei fondi, cosi come certificato dagli Organi di controllo”. Contabilità e gestione “sempre improntate alla massima prudenza”. Così via Facebook i vertici dell’Ordine dei consulenti del lavoro si difendono e attaccano ancora Il Fatto annunciando che “la reazione sarà forte e ferma nelle sedi giudiziarie più opportune”. Questo per aver dato conto del fatto che azioni giudiziarie sono già in corso, ma a carico loro: la Corte dei Conti ha delegato la Guardia di Finanza a verificare ipotesi di responsabilità o danno erariale denunciati in diversi esposti relativi alla gestione dell’ente guidato prima dall’attuale ministra del Lavoro, Marina Calderone, e oggi da suo marito, Rosario De Luca. “Da quando lei è ministra e lui presidente dell’Ordine, della Fondazione e del Cup, le irregolarità stanno aumentando. La gestione dei rimborsi spese, compresi i pranzi privati del presidente con la moglie ministra, non ha più regole. Il Consiglio sembra un bancomat per spese istituzionali”, è scritto nell’esposto più recente. Un consulente del lavoro con incarichi nell’ente rende oggi questa testimonianza esclusiva.
Perché ha deciso di parlare?
Ho pensato “finalmente”, dopo tante denunce qualcuno forse ci ascolta. Perché i conflitti di interessi sono rimasti lì, come le modalità padronali con cui Calderone e De Luca ancora gestiscono l’ente, come fosse “roba loro”. Dico “loro” perché, nonostante l’incarico da ministra, Calderone non se n’è mai veramente andata: la vediamo spesso, il suo ufficio è sempre al solito posto e non manca occasione per farsi sistemare i capelli dalla sua parrucchiera, assunta alla Fondazione.
Perché chiede l’anonimato?
Per timore di ritorsioni. Ma quello che avete scritto è vero e sono pronto a confermarlo davanti a un giudice. Se un’autorità di controllo mette piede qui dentro, visiona i libri contabili, trova da sola tutte le conferme.
Ha motivi di astio personale, professionale o politico nei confronti di De Luca e Calderone?
Assolutamente no. Anzi, sono ammirato: hanno portato la categoria oltre il livello di altri ordini professionali, dentro al ministero e addirittura in cima. Il problema è come sono riusciti a farlo.
Ce lo dica lei.
Il dissenso non è ammesso. Se c’è, viene sradicato o cooptato. Della serie, “vieni nella cerchia che i benefici ce li hai anche tu”. Vale per tanti consiglieri dell’Ordine ma anche per le collaborazioni: per un corso di formazione c’è chi in due ore mette in tasca 1.500 euro. Esistono fatture fino a 1.000 euro per video-collegamenti di mezzora. Molti si sono arricchiti, tra protetti, amici e tanti parenti. C’è un uso contro ogni etica delle risorse.
Oggi il personale fa quadrato attorno ai vertici.
Hanno paura, sono stati indotti a firmare una lettera di solidarietà contro i vostri articoli, ma quel giorno in sede c’era la ministra in persona. Calderone e De Luca stanno cercando di farsi scudo della categoria, accreditando una campagna di odio contro i consulenti del lavoro. Invece è il contrario: il problema sono loro e quello che fanno con le quote dei 26 mila iscritti. Se solo sapessero come vengono usati i loro soldi.
Riferiscono di un “clima aziendale piacevole”.
Certo, nessuno ti dirà che durante il Covid lo smart working veniva negato e chi protestava ha pagato le conseguenze. De Luca si è opposto fino a quando il ministero della Funzione pubblica non lo ha reso obbligatorio. C’era gente che girava con l’autocertificazione pur potendo lavorare da casa e invece doveva venire qui per forza a suo rischio e pericolo. Più d’uno se n’è andato per questo.
Gli esposti tirano in ballo anche le fondazioni.
Il Consiglio è un ente pubblico, non può fare ciò che vuole. La Fondazione, invece, emanazione del Consiglio e da questo finanziata, di fatto non ha controlli. Così se da una parte devi assumere tramite concorso, lo fai dall’altra dove prendi chi vuoi e magari lo fai lavorare per il Consiglio. La Fondazione serve a mettere una pezza ovunque. Anche la divisione tra la fondazione non profit e la Srl, di cui avete scritto, è fatta proprio per assumere e licenziare più liberamente. Ma soprattutto è una cassa di riserva per ogni evenienza.
Gli esposti citano “spese folli”.
Avete scritto del brindisi di Natale al ministero pagato dalla Fondazione. Qui è sempre stato così: cene nei locali più esclusivi di Roma, feste dai costi altissimi, con i rappresentanti dei consigli provinciali, da Trento a Palermo. Spesso momenti conviviali utili a rinsaldare rapporti col vertice, per premiare la loro fedeltà. Ma a pagare sono le quote di tutti gli iscritti.
Lei sa di “parenti a libro paga della Fondazione”?
C’è il genero della ministra, “esperto della Fondazione”, che è sempre qui. Suo cognato, un avvocato che non figura da nessuna parte, ma prende gettoni e rimborsi. Poi i figli di lui. Una dà una mano all’ufficio stampa negli eventi, anche all’ultimo Festival del lavoro di Bologna.
C’è anche altro?
Le spese personali. La segretaria della presidente spesso usciva e andava in via del Corso a comprare borse o foulard da Fendi o Gucci. Costavano 500? Strisciava la carta e portava lo scontrino alla contabilità. In un ente pubblico non si può fare.
Con l’ex presidente ministra è cambiato qualcosa?
Tutto è peggiorato. Ricordo che quando il direttore generale del Consiglio nazionale era Paolo Pennesi, l’Anac chiese chiarimenti perché era anche un dirigente del ministero del Lavoro, che deve vigilare sul Consiglio. Lui se ne andò e assunse altri incarichi altrove. Quello che sempre mi domando è: se era un problema per un dirigente del ministero, oggi che lei è ministra e il marito presidente, va tutto bene? Non c’è più incompatibilità?