Il Fatto di domani. Guerra e propaganda sconfiggono anche chi vuole la pace. Valditara e balneari, le sberle di Mattarella al governo

Di FQ EXTRA
24 Febbraio 2023

UN ANNO DI GUERRA: IL PIANO CINESE PER LA PACE BOCCIATO DA TUTTI. Nel giorno dell’anniversario del conflitto, la Cina presenta ufficialmente il suo piano per la tregua in 12 punti. Peccato che non piaccia quasi a nessuno. Punto di partenza: il Cremlino dovrebbe ritirare le sue truppe da una parte dei territori occupati per porre fine alle ostilità. Dopo il cessate il fuoco, la seconda fase a sostegno della popolazione: “Risolvere la crisi umanitaria“, “proteggere i civili e prigionieri”, “mantenere al sicuro i siti nucleari”. Infine, la ricostruzione dell’Ucraina. Ma la proposta del Dragone è bocciato da Usa, Nato e Ue. “Non è un piano ma solo princìpi”, secondo Ursula von der Leyen e Josep Borrell. Il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, rinfaccia a Pechino “l’amicizia senza limiti” con Mosca. Il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, stronca il Dragone: “Inutile chiedere la pace se si sostiene la guerra”. Sul Fatto di domani riavvolgeremo il nastro con il generale Fabio Mini. Oggi è uscito in libreria “Scemi di guerra” del direttore Marco Travaglio. Intanto, la propaganda è all’apice. All’Onu, Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri di Kiev, invoca un tribunale speciale per i crimini russi mentre il consigliere Podolyak chiede il ritorno ai confini ucraini del 1991. A tentare il dialogo restano Sanchez e Scholz. Il premier spagnolo sottolinea i punti in comune tra il piano cinese e quello di Zelensky. Il cancelliere tedesco elogia Pechino, ma la esorta a dialogare col presidente ucraino, oltre che con Putin. Zelensky arringa il suo popolo: “Se l’Occidente mantiene la parola, vittoria inevitabile”. Ma il leader apprezza l’intervento dl gigante asiatico non chiude al dialogo: “Chiedo solo che la Cina ci parli”. Pechino chiede lo stop alle sanzioni, ma l’Occidente lavora per rafforzarle: nel mirino Usa entrano gli “intermediari europei” che venderebbero tecnologie belliche a Mosca. Secondo il tedesco Der Spiegel, anche la Cina potrebbe entrare nel club dei fornitori di Mosca con i droni kamikaze (ma Pechino ha smentito). Le armi verso Kiev invece arrivano senza sosta: la Polonia ha consegnato i primi 4 Leopard; Berlino ha annunciato che ne consegnerà 18 invece di 14; altri 10 arriveranno dalla Svezia (desiderosa di entrare nella Nato).


GUERRA NEL GOVERNO: MELONI SEMPRE PIÙ SOLA SULL’INVIO DI ARMI (E SILVIO GONGOLA). Anche Giorgia Meloni si unisce al coro della propaganda con un video su Facebook. La premier ribadisce il sostegno incrollabile a Kiev – in linea con la Nato e gli Usa – e accusa l’imperialismo di Putin. Per scongiurare il rischio di nuove aggressioni, la ricetta atlantista è chiara: guerra a oltranza contro la Russia. Problema: in Italia – come abbiamo scritto sul Fatto di oggi – cresce il desiderio di pace e la paura dell’escalation militare. Meloni teme crepe nel consenso, mentre gongola Berlusconi dopo le polemiche con Zelensky. Per questo ha invertito la rotta sul Giornale di famiglia: per ora, salta la vendita della testata agli Angelucci, già editori di Libero e del Tempo. La carta stampata è ancora utile, a Silvio, per far sentire la sua voce e mettere il bastone tra le ruote della premier. Neppure la Lega è granitica sul sostegno a Kiev. Sul Foglio, il governatore veneto Luca Zaia auspica la diplomazia congiunta di Usa e Cina, per fermare il massacro. Sul Fatto di domani torneremo sulle liti di governo e vi racconteremo le piazze per la pace. La mobilitazione si è aperta ieri notte con la marcia Perugia-Assisi e prosegue (fino a domenica) in centinaia di piazze italiane. Oggi iniziative a Napoli, Bari, Torino, Bologna, Cagliari e Verona. Domani, a Roma ci sarà una manifestazione a Centocelle e una fiaccolata dal Colosseo al Campidoglio. Parteciperà anche il M5s con Giuseppe Conte (ospite stasera ad Accordi e Disaccordi su Nove) che critica Meloni: “Deve lavorare per il negoziato, è l’unica via d’uscita”. Anche il Capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe cavo Dragone, invita al dialogo e pone alcune domande scomode: “Avremmo potuto avere una maggiore possibilità nel proporre dialogo e inclusione?”.


VALDITARA E MILLEPROROGHE, LE SBERLE DI MATTARELLA AL GOVERNO.Oggi il silenzio del ministro dell’Istruzione su quanto accaduto di fronte al liceo Michelangiolo di Firenze fa ancora più rumore. Il capo dello Stato, nel suo discorso ai giovani Alfieri della Repubblica, ha voluto citare proprio il caso in sé, su cui Valditara continua invece a star zitto: “Solidarietà e impegno comune – il senso delle parole di Mattarella – sono un antidoto alla violenza, che vediamo sovente in famiglia, contro le donne, per strada, addirittura nei giorni scorsi davanti a una scuola”. Ad ascoltarlo c’era lo stesso ministro, che era intervenuto sì, ma solo sulla lettera antifascista della preside Annalisa Savino. A proposito della quale stamattina si è prontamente smentito: “Sono state dette tante cose, queste le mie parole. Ho annunziato sanzioni? No”, ha scritto su Twitter. In realtà, Valditara l’altro giorno era stato molto netto: “Se questo atteggiamento dovesse persistere o ci dovesse essere un comportamento che va al di là dei confini istituzionali, vedremo se sarà necessario prendere delle misure”. Sul Fatto di domani, oltre al resoconto della giornata, vedremo che il ministro farebbe bene a preoccuparsi non dei dirigenti antifascisti, ma di alcuni problemi molto gravi che attanagliano la nostra istruzione. Ma dal presidente della Repubblica è arrivata un’altra, pesante batosta all’esecutivo: Mattarella ha firmato il decreto milleproroghe, ma con riserve. Quella principale riguarda la norma sulle concessioni balneari, categoria difesa a spada tratta dalla destra che, difatti, vorrebbe la proroga delle concessioni. Il problema è che la Ue chiede la messa a gara e ha già aperto una procedura di infrazione per l’Italia. Da Palazzo Chigi trapela l’intenzione di rivedere in Parlamento la norma sui balneari. Sul Fatto di domani tutti i particolari.


ADDIO A MAURIZIO COSTANZO, L’INVENTORE DEL TALK ALL’ITALIANA. Aveva 84 anni ed era malato da tempo, il giornalista e conduttore, morto stamattina a Roma. Classe 1938, aveva cominciato a fare il cronista giovanissimo, a 18 anni, per Paese Sera. Nel 1966, il suo contributo alla storia della musica leggera, con quel testo di “Se telefonando” che fu poi musicata da Morricone e interpretata da Mina. Un anno dopo, la scoperta di Paolo Villaggio e la creazione di Fracchia. Ma è stato con la tv che Costanzo si è fatto conoscere al grande pubblico, da quel “Bontà loro” del 1976, ideato da Angelo Guglielmi e da lui condotto. Fu il primo programma italiano ad adottare la definizione di talk show. Dal 1982 il suo “Maurizio Costanzo show” è diventato un appuntamento fisso per molti italiani. Nel 1993, subito dopo la bomba di via dei Georgofili a Firenze, Costanzo fu vittima di un attentato mafioso a Roma, senza conseguenze. Un’ombra nella sua vita: il suo nome è apparso nella lista della P2 di Licio Gelli. “Sono stato superficiale”, si è giustificato anni dopo. Oggi sono stati migliaia i messaggi di cordoglio, dalla politica al mondo dello spettacolo. Sabato e domenica la camera ardente in Campidoglio, lunedì i funerali. Sul giornale di domani leggerete il ricordo di Maurizio Costanzo firmato da Nanni Delbecchi.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Cospito, Cassazione conferma il 41 bis. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso contro il regime carcerario presentato dalla difesa dell’anarchico. Cospito, in sciopero della fame da quasi quattro mesi, è detenuto nel reparto penitenziario dell’ospedale San Paolo di Milano.

Il flop di Minoli. Il ritorno in tv di Giovanni Minoli con il suo Mixer, vent’anni di televisione, è stato un flop: il programma in seconda serata su Rai3 ha registrato il 2,2% di share, con appena 295.000 telespettatori.

“Reato di sindacato”, SiCobas liberi. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura di Piacenza per chiedere l’annullamento dell’ordinanza del Riesame di Bologna che il 5 agosto ha liberato dai domiciliari i sindacalisti del SiCobas di Piacenza indagati per associazione a delinquere e altri reati. I fatti riguardano le proteste della logistica emiliana.

Che c’è di Bello. Nel nostro inserto culturale il doc di Stefano Savona sul Covid, Orsini e Branciaroli a teatro e il ritratto di Mario Vargas Llosa.


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Terremoto, la sfida dei 61 avvocati che vogliono portare Erdogan in tribunale

di Roberta Zunini

Ankara ha accettato di tenere un nuovo incontro con Svezia e Finlandia sulla questione dell’ingresso dei due paesi scandinavi nella NATO. La richiesta deve essere approvata all’unanimità da tutti i paesi membri dell’Alleanza e all’appello mancano la Turchia e l’Ungheria. Come per l’incontro trilaterale del luglio scorso, anche quello che si dovrebbe tenere a Bruxelles a metà marzo sarà presieduto dalla Nato, secondo quanto riferito oggi dal Segretario generale Jens Stoltenberg nel corso di una conferenza stampa a Tallin, dove si trova assieme alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.

Stoltenberg ha “ben accolto” il fatto che, dall’inizio di marzo, il parlamento ungherese comincerà l’iter per la ratifica del via libera di Budapest alla membership di Svezia e Finlandia. “Ho fiducia che diventino nostri alleati presto”; ha spiegato Stoltenberg. La decisione di Ankara, per il suo peso geopolitico, è tuttavia più decisiva di Budapest.

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