Il Fatto di domani. Strage in mare, anche FdI mette Salvini sulla graticola. Gli intoppi dei soccorsi nella notte del naufragio

Di FQ Extra
28 Febbraio 2023

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TRAGEDIA IN MARE, LA GUARDIA COSTIERA “NOI AVVISATI DOPO”. SALVINI MINACCIA I GIORNALISTI. Un altro corpo è stato recuperato al largo di Steccato di Cutro, nel Crotonese, dopo il naufragio di migranti di domenica. Il bilancio delle vittime sale a 64, i superstiti sono 81, ma continuano le ricerche dei dispersi e anche di un quarto trafficante (i tre già individuati sono agli arresti). Sul Fatto di oggi abbiamo rivelato che, dopo l’avvistamento da parte dell’areo di Frontex sabato sera, la Guardia Costiera non si è mossa ed è intervenuta invece la Guardia di Finanza con imbarcazioni non adatte a un mare così agitato. Il ministro Matteo Piantedosi oggi ha detto che è offensivo solo pensare a un ritardo intenzionale dei soccorsi. Ma il dicastero coinvolto nella vicenda non è tanto quello degli Interni, bensì quello delle Infrastrutture e Trasporti guidato da Matteo Salvini, che ha la delega sui porti. Salvini ha reagito minacciando i giornalisti: “Chi osa mettere in dubbio la professionalità della Guardia costiera ne risponderà nelle sedi opportune”. Sono in molti però a volere vederci più chiaro. In Senato, Pd, M5s e Italia Viva hanno chiesto che i ministri si presentino in Aula a spiegare cosa è successo nelle 6 ore immediatamente prima del naufragio. Il colpo di scena è che alla richiesta si è unito anche il partito della premier, Fratelli d’Italia, che non sarebbe stato informato. La Guardia Costiera ha dato la sua versione in un comunicato stampa, nel pomeriggio. Afferma che al momento dell’avvistamento aereo sabato sera l’imbarcazione dei migranti “risultava navigare regolarmente in buone condizioni di galleggiabilità”, poi ha spiegato che Frontex ha allertato Guardia di finanza e Carabinieri, mentre loro avrebbero ricevuto comunicazioni soltanto a naufragio avvenuto, alle 4.30. L’agenzia europea delle frontiere ha dato una versione leggermente diversa. Sul Fatto di domani approfondiremo questa ricostruzione e metteremo in fila la catena di comando e di responsabilità.


EFFETTO SCHLEIN, PD IN RISALITA E RISCHIO SCISSIONE. RENZI E CALENDA, VERSO IL PARTITO UNICO CON LA CAMPAGNA ACQUISTI. Dopo la vittoria di Elly Schlein, Renzi non perde tempo e ammicca ai moderati dem con la valigia pronta. Lo fa nel suo stile, negando tutto: “Non puntiamo all’esodo dei dirigenti nel 2023, ma all’esodo degli elettori nel 2024”, ha avvisato il leader di Rignano nella sua newsletter. Poi un invito a tutti i moderati: “Le porte sono aperte”. Il cattolico Giuseppe Fioroni ha già lasciato il Pd ma altri addii potrebbero seguire. Fu un altro cattolico, Pierluigi Castagnetti, ad invocare la scissione qualora il Nazareno si fosse sbilanciato a sinistra. Proprio ciò che è accaduto con la vittoria di Schlein. Ora il Terzo polo punta al pieno di voti moderati, in vista delle elezioni europee del 2024. L’orizzonte di Renzi e Calenda è il partito unico. Già stasera, alla riunione del comitato politico, i leader di Italia Viva e Azione potrebbero dare il via alla fusione. La road map è indicata da Matteo Richetti (capogruppo alla Camera): “Tutto si deve concludere tra settembre e ottobre per iniziare la campagna elettorale”. Anche + Europa potrebbe approdare nel nuovo “contenitore” centrista. A sinistra, invece, Renzi profetizza la “battaglia cruenta” Pd-M5s. L’effetto Schlein già si sente: il Pd è risalito dal 16,5% al 19,5%, secondo i sondaggisti di Noto. Ora la segretaria non deve deludere le aspettative. Sulle armi a Kiev, fino ad ora ha pronunciato solo parole vaghe. Sul Fatto di domani ascolteremo i comitati e le associazioni pacifiste per capire come intendono incalzare la leader.


DRONI UCRAINI CONTRO IL TERRITORIO RUSSO. STOLTENBERG: “KIEV NELLA NATO, MA I TEMPI SONO LUNGHI”. Il ministero della Difesa di Mosca ha comunicato che due droni ucraini sono stati neutralizzati la notte scorsa dai sistemi di difesa elettronica mentre erano diretti contro infrastrutture civili nella regione di Krasnodar, sul Mar Nero. Nell’area si sono comunque registrate alcune esplosioni ed è andata a fuoco una raffineria del colosso petrolifero Rosneft. Un altro drone è precipitato a un centinaio di chilometri da Mosca. I servizi italiani hanno evidenziato come il Cremlino prepari una guerra di lungo corso. Intanto i Leopard occidentali inviati a Kiev stanno per avere il battesimo del fuoco sul campo: alcuni carri armati di fabbricazione tedesca sono stati avvistati vicino a Bakhmut. I governo di Kiev ha denunciato ieri che gruppi di mercenari della Wagner stanno cercando di sfondare le difese della città. Sul piano diplomatico, il portavoce del Cremlino Peskov è tornato ad attaccare la Nato perché “agisce come un nemico” in Ucraina, mentre il segretario dell’Alleanza Jens Stoltenberg ha chiarito che il destino dell’Ucraina sarà nell’Alleanza Atlantica, ma ci vorrà ancora molto tempo prima dell’ingresso nel club. Sul Fatto di domani leggerete i nostri aggiornamenti sulla giornata di guerra.


CONSIGLIO UE, LA FRANCIA LANCIA L’ALLEANZA PER IL NUCLEARE (IN ATTESA DELL’ITALIA). Al consiglio Ue di Stoccolma sull’energia, presente anche Matteo Salvini, il convitato di pietra è l’atomo. “L’idea di un alleanza dei Paesi che già usano il nucleare come fonte di energia decarbonizzante è interessante”, ha dichiarato la viceministra dell’Ambiente Vannia Gava. Dimenticando i due referendum che hanno bocciato l’atomo in Italia, nel 1987 e nel 2011. Il consesso dei 27 ministri europei dell’Energia e dei Trasporti si è occupato di gas, elettricità e del pacchetto di misure Fit For 55 (per ridurre le emissioni inquinanti). Ma il tema più scottante è stato affrontato a margine dell’incontro. La Francia infatti preme per riportare in auge il nucleare – accanto alle fonti rinnovabili – come gamba portante del mix energetico europeo per sostituire le fonti fossili (gas e carbone). Insieme ad altri 9 Paesi – Bulgaria, Croazia, Ungheria, Finlandia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Slovenia – Parigi ha firmato una dichiarazione per chiedere a Bruxelles maggiore impegno sull’energia nucleare. L’obiettivo di Macron è costruire un’alleanza abbastanza solida da contrastare Berlino, contraria all’atomo. L’Italia si è sfilata, per ora, ma nel governo Meloni non mancano gli estimatori. Salvini è con l’Eliseo e dice che “investire sul nucleare pulito e sicuro di ultima generazione è un dovere sociale, economico e ambientale”. Sul Fatto di domani vi racconteremo tutti i risultati del Consiglio e la battaglia sul nucleare. Accanto all’emergenza climatica resta quella economica: a gennaio l’inflazione torna a galoppare in Francia (+6,2) e Spagna (+6,1). Un motivo in più – per la Banca centrale europea – per proseguire lungo la via dei rialzo dei tassi d’interesse.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Sardegna, la protesta degli operai di Portovesme. Dopo la sospensione della cassa integrazione disposta dall’azienda che gestisce l’impianto di produzione di zinco e piombo, detto l’Ilva del Sulcis, quattro operai sono saliti su una ciminiera alta centinaia di metri, per chiedere l’intervento del governo sul caro energia che rischia di far chiudere le attività e mette a rischio 1300 posti di lavoro. Il ministro D’Urso ha disposto un tavolo d’urgenza per venerdì 3 marzo.

Rinviato il processo contro Patrick Zaki. In Egitto è stata aggiornata al 9 marzo l’udienza del processo a carico del ricercatore per un articolo su un blog. “Per la prima volta in tre anni abbiamo avuto il tempo per rappresentare la nostra difesa”, ha spiegato Zaki alla stampa.

Il nuovo processo su Piazza della Loggia. Il prossimo 23 marzo si presenteranno in udienza Marco Toffaloni e Roberto Zorzi, militanti neonazisti di Ordine nuovo di Verona, accusati di aver portato in piazza, quella mattina grigia, l’ordigno della strage. Saranno loro i protagonisti delle udienze preliminari che inizieranno a Brescia il prossimo 23 marzo per Zorzi, che allora aveva 20 anni, e ad aprile per Toffaloni, che ne aveva 17 e dunque sarà processato dal Tribunale dei minori. Se saranno rinviati a giudizio, due dibattimenti paralleli dovranno ricostruire la storia nera di quei due ragazzini, ma anche dei loro rapporti con gli adulti che indossavano le divise degli apparati dello Stato.


OGGI LA NEWSLETTER FATTO FOR FUTURE

I “pirati dei carbon credit” all’arrembaggio dell’Amazzonia

di Michela AG Iaccarino

“Il giorno in cui scompariranno gli indigeni, scompariranno anche le foreste”. A gennaio scorso la Coica – Coordinazione delle organizzazioni indigene dell’Amazzonia – ha eletto per la prima volta una donna al comando. Colombiana, barricadera, avvocato: è Fany Kuiru Castro. La sua voce dovrà levarsi più forte di quelle dei governi degli Stati attraversati dal fiume Rio delle Amazzoni: tutte le comunità indigene che abitano lungo il suo corso sono state raggiunte da aziende interessate a bilanciare le loro emissioni di carbonio. Soldi – tanti- ne offrono in cambio dei carbon credit, “crediti di carbonio”, quei certificati che compensano le emissioni di Co2 attraverso il finanziamento di progetti di sostenibilità ambientale. (O almeno dovrebbero). Da qualche anno è iniziato un duello silenzioso e complicato: le terre ancestrali delle tribù stanno diventando il bacino del business in cui vanno a pescare quelli che hanno cominciato a chiamare “pirati dei carbon credit”, non ancora veramente regolati da alcuna istituzione.

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