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Presa la laurea, la Calderone s’è presa pure l’università. E ne ha fatto un’autostrada per i titoli dei consulenti del lavoro, dopo aver investito nell’ateneo 15 milioni della loro Cassa di previdenza.
C’è voluta un’indagine approfondita per scoprire che studi abbia fatto la ministra del Lavoro. Il sito del governo cita una generica laurea in “Economia aziendale”, non dice dove, non dice quando. Idem i cv che ha depositato per assumere tanti incarichi, compresi quelli per Finmeccanica. “Laureata a Cagliari”, scrivono giornali e agenzie l’indomani della nomina. Copiano tutti Wikipedia, ma quella laurea non esiste. “Non è laureata presso il nostro ateneo”, taglia corto l’università sarda dopo un accesso agli atti. L’istanza fatta a Cagliari – chissà come – viene intercettata da Roma, quasi fosse un affare di Stato. L’ufficio stampa del ministero chiarisce così l’arcano: Marina Calderone ha conseguito una triennale in Economia aziendale internazionale nel 2012 e la magistrale nel 2016. Dove? Entrambe alla Link Campus University di Roma. E che male c’è?
Non è certo un peccato originale: per 20 anni la “libera università di Malta” è stata “l’esamificio” dei potenti d’ogni colore. Meno noti sono invece i legami – anche di natura finanziaria – tra l’attuale ministra e l’ateneo. A partire dal fondatore della Link Vincenzo Scotti, oggi alla sbarra insieme agli ex vertici dell’ateneo per una vicenda di “lauree facili” che avrebbe garantito ai poliziotti della Questura di Firenze convenzionati dal sindacato Siulp tra il 2016 e il 2018. Docenti e studenti hanno evitato il processo, ma la procura ha fatto appello perché attestati di frequenza, esami e voti finivano pur sempre nei libretti. Anche i consulenti del lavoro hanno una convenzione con la Link. Ed è stata proprio la Calderone, fresca di laurea ma da anni presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine (Cno), a spalancare nel 2013 le porte dell’ateneo ai suoi 26 mila iscritti. Partendo dalle sue lauree “fantasma”, si scopre così che – oltre a quelle – il capo dei consulenti si è presa anche le cattedre e le mura della Link, utilizzando i contributi previdenziali degli iscritti.
A darle una mano è il marito Rosario De Luca, consigliere nel Cno guidato dalla moglie e presidente della Fondazione Studi che ne è emanazione diretta. La coppia vanta già forti legami con i vertici dell’università. Tanto che nel 2015, De Luca entra perfino nel cda dell’ateneo, dove lei in quel momento studia, ed entra pure in quello della “Fondazione Link Campus”. Nessun imbarazzo. Neppure quando, da neo laureata, si ritrova presidente e docente del corso magistrale per i consulenti: a chi non capita? Lo inaugura nella primavera 2018 insieme a Scotti. “Per il corso ha tenuto alcune docenze”, fa sapere l’università. Presentandolo, teorizza la necessità di una “contaminazione tra mondo accademico e delle professioni”, che tanti suoi stretti collaboratori già praticano seguendo il suo esempio: si laureano e salgono in cattedra esperti, dirigenti e consulenti della Fondazione Studi e dell’Ordine, ma anche i loro figli. Insieme al rettore, De Luca fonda anche l’Accademia internazionale del lavoro e più tardi sarà consigliere scientifico di un master. A incentivare le iscrizioni è l’Enpacl, che in quattro anni finanzia borse di studio per 1 milione.
Ma si scopre che la cassa dei consulenti fa molto di più: investe 15 milioni direttamente nella sede della Link. In che modo? Il campus si trova a Roma nel cinquecentesco Casale di San Pio V, prestigiosa tenuta con 35 mila metri quadrati di verde e 5 edifici. Appartiene al centro regionale per i ciechi Sant’Alessio Margherita di Savoia che a dicembre 2015 lo dà in concessione all’ateneo per 25 anni. Il complesso è però da ristrutturare ma farlo costa almeno 6 milioni di euro. Nel 2016 la Link tenta con l’art bonus, ma la raccolta di erogazioni liberali si ferma a 25 mila euro, mentre i suoi conti traballano sotto il peso dei debiti: tanto che è in ritardo con i pagamenti dell’affitto della sede. Un problema anche per i bilanci del centro per i ciechi. Infatti, a dicembre 2017, l’ente conferisce tutto il Casale al Fondo immobiliare Sant’Alessio, insieme al resto dei suoi immobili. Cosa cambia? Adesso sulle proprietà dei ciechi si può investire. Ma il problema è la morosità degli inquilini, e la Link è in testa. Tanto che il gestore del fondo definisce l’investimento “a rischio medio-alto”. E infatti in soccorso arriva un solo investitore: l’Ordine di Calderone e De Luca.
I soldi li mette l’Enpacl, che gestisce le pensioni dei consulenti. A marzo 2018 acquista 300 quote del Fondo Sant’Alessio iniettando ben 15 milioni di euro. L’investimento è “rivolto alla formazione universitaria”, scrive l’Enpacl nei suoi bilanci. Più precisamente, dicono quelli del centro per i ciechi, la liquidity injection servirà per finanziare i lavori di ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio”. Con i loro 15 milioni i consulenti avrebbero potuto pagare 18 anni di affitto in una sede che ne vale 21. Poco di più e la compravano. Invece, per uscire dall’investimento, la Cassa dell’Ordine dovrà trovare chi compra le sue quote, posto che si trovi. “Gli unici ad aver investito nel fondo al momento sono loro”, conferma tuttora il presidente dell’istituto per i ciechi, Amedeo Piva. Intanto però, alla Link i consulenti del lavoro di Calderone&DeLuca possono sentirsi a casa loro. Un’operazione “apparentemente a vantaggio della categoria, ma in definitiva per garantire prebende come docenze ad amici, parenti e affini”, si legge in uno degli esposti rivelati dal Fatto sui quali indaga la Finanza.
Sono i frutti della “contaminazione” evocata dalla studentessa stakanovista divenuta ministro. Tra un esame universitario e l’altro, la Calderone era presidente del Cno, del Comitato unitario permanente degli ordini e collegi professionali, componente del Comitato economico e sociale europeo e consigliere di Finmeccanica. Faceva consulenze alla Regione Sardegna, ogni anno organizzava il suo Festival del Lavoro, con Scotti e i docenti della Link ospiti della loro allieva. Ha scritto pure due libri.
Le abbiamo chiesto di autorizzare la Link a fornire copia dei suoi libretti telematici d’esame. Risponde il suo portavoce, già dipendente nella Fondazione del marito: “Non è solita ostentare i pieni voti”. E infatti non lo fa.