Era previsto per venerdì 3 marzo il voto del Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea sul Regolamento Ue che blocca la produzione e la commercializzazione dei veicoli che emettono CO 2 dal 2035. È stato, però, all’ultimo rinviato a data da destinarsi e il nostro governo, che aveva già espresso in precedenza la sua intenzione a votare per il no, ha giudicato questo slittamento “un successo italiano”. Non sono, infatti, mancati nella giornata di venerdì le dichiarazioni di soddisfazione sia del ministro dell’Energia Gilberto Pichetto Fratin che della premier Giorgia Meloni. Ulteriori commenti sono emersi a latere di questa decisione di rinviare il voto. Commenti che, come Italian Climate Network, continuano a disorientarci. Abbiamo potuto leggere la dichiarazione del ministro Pichetto Fratin secondo cui l’utilizzo di carburanti rinnovabili compatibili con i motori termici contribuirà a una riduzione delle emissioni senza richiedere inattuabili sacrifici economici ai cittadini. Ma, andando direttamente al punto, la disposizione EU prevede anche l’utilizzo di combustibili rinnovabili nelle auto endotermiche, non il loro totale abbandono e il passaggio all’elettrico come unica soluzione. Perciò l’Italia ha annunciato un voto contrario nonostante la disposizione europea contenga già ciò che il ministro Pichetto ritiene necessario. Inoltre, sottolineiamo anche che nella disposizione non si parla di un obbligo verso i cittadini a non circolare, ma di uno stop di produzione. Entro il 2030, uno dei target è ridurre del 55%, rispetto ai valori del 2021, le emissioni di CO2 generate dalle automobili e andare verso l’azzeramento completo nel 2035.
Tuttavia, è prevista una “tappa intermedia” nel 2025: in quell’anno la Commissione Europea dovrà presentare una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di anidride carbonica generate durante l’intero ciclo di vita delle autovetture vendute sul mercato della UE. Entro dicembre 2026, poi, Bruxelles dovrà monitorare il divario tra i valori limite di emissione e i dati reali sul consumo di carburante ed energia, trovando una quadra fra i target ambientali, sociali e industriali. Sempre dal 2025, infine, la Commissione dovrà pubblicare, con cadenza biennale, una relazione per valutare i progressi compiuti verso la mobilità a zero emissioni. Si tratterebbe dunque di una strategia progressiva verso target di riduzione delle emissioni condivisi, ogni rallentamento non può essere valutato come un successo. Difficile interpretare questo atteggiamento, se non come una decisione molto maldestra che non può fare bene alla transizione e all’economia italiana. Qualsiasi motivazione a questa posizione ministeriale appare inaccettabile, ancor più se mossa da una volontà del governo di accontentare un’opinione pubblica spaventata dal cambiamento in atto, complici alcuni organi di stampa che stanno comunicando tematiche come la mobilità elettrica in modo superficiale e polarizzante.