LEGGI – Tutti contro Netanyahu, che “mette a rischio la democrazia”
ASCOLTA – Moni Ovadia, un ebreo contro (A. Di Battista)
Oggi arriva in Italia il primo ministro israeliano Netanyahu ma non sarà la festa che avevano immaginato per lui i suoi ammiratori Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Matteo Salvini. E riuscirà impossibile a Netanyahu tacciare di antisemitismo le proteste di chi lo chiama ospite indesiderato, visto che a promuoverle sono vari Itamar, Eitan, Dorit, Rachel, David, ovvero suoi concittadini israeliani residenti a Roma; al fianco dei quali, domani alle ore 15 in piazza Santi Apostoli, manifesteranno anche molti ebrei italiani, allarmati dalla svolta autoritaria con cui il governo di estrema destra rischia di soffocare la democrazia israeliana.
Da nove settimane ormai Israele è teatro di una sollevazione popolare senza precedenti che coinvolge centinaia di migliaia di persone e che sta assumendo una dimensione internazionale perché vi sono coinvolte anche le comunità della diaspora. Netanyahu dovrà raggiungere in elicottero l’aeroporto di Tel Aviv dopo che i manifestanti hanno promesso di circondarlo, in quella che definiscono “giornata nazionale di resistenza alla dittatura”.
Il motivo scatenante, si sa, è la riforma con cui verrebbe tolta alla Corte Suprema la facoltà di bocciare provvedimenti governativi approvati dal parlamento che risultassero però in contrasto con le leggi fondamentali dello Stato. Fra questi già si annuncia il salvacondotto per sottrarre il primo ministro ai processi che, se condannato, ne provocherebbero l’impeachement; ma poi anche l’estensione del potere normativo delle Corti rabbiniche e la moltiplicazione degli insediamenti di coloni nei territori palestinesi.
Per colmo di disonore, la Knesset ha approvato in prima lettura l’introduzione della pena di morte, riservata -si badi bene- unicamente a chi commetta un omicidio con motivazioni di razzismo contro lo Stato d’Israele e il popolo ebraico. Come dire: pena di morte riservata ai terroristi palestinesi. Dalla sua fondazione solo una volta, nel 1962, e dopo molte esitazioni, venne comminata una pena capitale in Israele: toccò al pianificatore dei campi di sterminio nazisti Adolf Eichmann.
Alla protesta partecipano riservisti dell’esercito, ex ministri e capi degli apparati di sicurezza, intellettuali, giuristi e manager della new economy. Eppure Netanyahu non si è vergognato di definire “anarchici” i manifestanti che hanno effettuato blocchi stradali a Tel Aviv, giungendo a paragonarli agli autori di un vero e proprio pogrom nel villaggio palestinese di Hawara.
Così Netanyahu, da amico prezioso in grado di fornire credenziali democratiche ai post-fascisti del governo italiano, si è trasformato in ospite ingombrante, screditato nelle altre capitali occidentali. Anche a Roma Bibi si sentirà gridare dietro in ebraico busha, busha (vergogna!). Resta solo il dubbio che quella famigerata riforma della giustizia non dispiaccia ai suoi partner italiani.