“Perché Frontex – dice la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa a Cutro – segnala dopo 3 giorni l’imbarcazione e solo quando è in acque italiane? Uno potrebbe chiederselo, perché prima di arrivare in acque italiane, secondo la geografia, ha attraversato i mari di altre nazioni. Questa è una domanda che io mi sono fatta”. Il punto è che, se questa domanda la pone pubblicamente un presidente del Consiglio, diventa un attacco politico all’Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera. Anche perché l’Agenzia ha un obbligo previsto dal regolamento Ue 2019/1896. Ovvero l’obbligo di cooperare in buona fede previsto dall’articolo 11: “L’Agenzia, le autorità nazionali responsabili della gestione delle frontiere, comprese le guardie costiere nella misura in cui svolgono compiti di controllo di frontiera, e le autorità nazionali responsabili del rimpatrio sono soggette all’obbligo di cooperare in buona fede e all’obbligo di scambio di informazioni”. Mettere in dubbio che Frontex non abbia volutamente segnalare prima, quindi alla Grecia, la presenza del barcone significa dubitare che abbia rispettato la legge e l’obbligo di buona fede previsto dall’articolo 11. A dirla tutta, significa sospettare che abbia anche violato l’articolo 12 che prevede l’obbligo dello “scambio di informazioni” e devono essere condivise in “modo tempestivo e accurato”. Toccherà a Frontex sciogliere il dubbio insinuato dalla premier. Nel frattempo, però, è possibile fare un po’ di chiarezza. E in base agli elementi che abbiamo a disposizione, la presidente Meloni, ha fatto quantomeno una dichiarazione avventata. Vediamo perché.
Per quanto riguarda il Mediterraneo Frontex è presente con tre missioni: Poseidon in Grecia, dove monitora il mare Egeo a partire dalla Turchia, Themis per quanto riguarda l’Italia (include canale di Sardegna e basso e medio Adriatico) e infine Indalo in Spagna. Esistono poi operazioni “minori” tra Montenegro e Albania. Frontex, per quanto riguarda Themis, utilizza mezzi italiani, come avviene con qualsiasi altro stato membro, e mezzi propri, gestiti dalla centrale di Varsavia. Con i mezzi propri sorvola l’area di “pre – frontiera”, ovvero sorvola le acque internazionali. Immaginare che Frontex sia una sorta di radar perennemente acceso è un errore. Gli aerei sorvolano lo spazio in modalità “random”, quindi in modo casuale, utilizzando parametri che, in base all’esperienza acquisita, consentono di individuare imbarcazioni “sospette”. Al Fatto risulta che, per Themis, gli aerei gestiti direttamente da Frontex sono un paio. Va da sé che individuano quel che possono. E quando intercettano un’imbarcazione sospetta la segnalano. Le proporzioni di Themis valgono sostanzialmente anche per la missione Poseidon. Con una caratteristica in più. E non da poco. La rotta turco – greca non è tra le più battute e non è paragonabile, per esempio, a quella che porta i migranti a sbarcare a Lampedusa. Non a caso è sguarnita anche dalle navi inviate dalle Ong. Frontex investe i suoi mezzi (che sono limitati) nelle rotte più seguite. Non solo. Il limite delle acque territoriali greche (come quelle turche) non è di 12 miglia, come quello italiano, ma della metà: 6 miglia. Navigando a una velocità di 6 nodi, come l’imbarcazione individuata da Frontex la sera del 25 febbraio, per superarle basta meno di un’ora. Ma soprattutto: quante imbarcazioni del genere navigano nelle acque territoriali di un paese? Centinaia. Finché restava nelle acque territoriali greche Frontex correva il rischio di confonderla con centinaia di imbarcazioni simili. E’ proprio l’uscita dalle acque territoriali, la rotta intrapresa, che rende sospetta un’imbarcazione simile. Certo, tocca Frontex rispondere a Meloni, e spiegare se davvero l’ha avvistata prima e, in questo caso, perché non l’abbia segnalata alle autorità greche. Ma alla luce di questi elementi, la domanda della presidente del Consiglio sembra avere una sola risposta: Frontex l’ha segnalata quando l’ha vista. Tutto qui.