Cosa sta succedendo a Giorgia Meloni? Dopo la difficile conferenza stampa di Cutro, dove la presidente del Consiglio è apparsa talmente impreparata da arrivare a fornire informazioni sbagliate sulla tragedia dei migranti per poi correggersi una volta ripresa dai giornalisti, ora la premier sostiene di non essere “stata fortunata”. Davanti alla platea di prelati e monsignori accorsi nella sede di Civiltà Cattolica per la presentazione del nuovo libro di padre Antonio Spadaro, Meloni si lamenta perché “delle volte cerchi di affrontare un problema e se ne apre un altro ancora più grande” e afferma di essersi ritrovata “a guidare l’Italia forse nel momento più complesso dalla fine del Secondo conflitto mondiale”.
Le cose ovviamente non stanno così. Dopo la Seconda guerra mondiale vi sono stati presidenti del Consiglio che hanno dovuto fare i conti con stragi di mafia e la svalutazione della lira (Carlo Azeglio Ciampi); gli anni di piombo (tutti quelli che si sono succeduti dal 1969 fino almeno il 1980); il sequestro Moro (Giulio Andreotti), l’austerity del 1974 (Mariano Rumor); l’inchiesta Mani Pulite (Giuliano Amato e Ciampi); i fatti di Genova del 1960 e le proteste che portarono alle dimissioni del governo di Ferdinando Tambroni appoggiato dal Msi; il piano Solo e il fallito golpe Borghese.
L’elenco di momenti drammatici e complicati nella storia della Repubblica è lungo e se pure Giorgia Meloni è giovane dovrebbe almeno ricordare bene la pandemia e le scelte difficilissime di Giuseppe Conte che lei tanto contestava. All’improvviso, invece, la prima donna italiana premier non si ispira più a Margaret Thatcher, la lady di ferro tanto amata dai conservatori di tutto il mondo (e odiata dalla working class inglese), ma indossa gli abiti di una figura ben conosciuta a Napoli: quella del chiagne e fotte.
Nessuno ovviamente vuole qui sostenere che governare sia una cosa semplice. E nemmeno che la guerra in Ucraina o le decine di migliaia di migranti in procinto di rovesciarsi sulle nostre coste non siano un enorme problema (specialmente se per anni hai promesso agli elettori blocchi navali che sapevi benissimo di non poter fare). Ma i fatti e non le opinioni raccontano come per ora l’esecutivo Meloni abbia dovuto percorrere una strada molto meno in salita del previsto. La recessione da tutti paventata non è arrivata; i dati sul lavoro sono buoni, tanto che gli occupati sono al massimo storico; il prezzo di gas e idrocarburi è in discesa; l’export continua ad andare bene. In Parlamento solo ora l’opposizione comincia dare qualche timido segno di vita, mentre in Italia i cittadini alle elezioni regionali hanno disertato le urne non per preconcetta contrarietà alla premier, ma per sfiducia generalizzata nella politica.
Il fatto che ogni giorno chi è a Palazzo Chigi debba affrontare un problema nuovo, spesso più grande del precedente, è nella normalità delle cose. Lo stesso avviene nelle aziende o in qualsiasi organizzazione che dipenda da un leader o da una leader. Cara Meloni, verrebbe da dire, hai voluto la bicicletta? Adesso pedala. Noi qui non condividiamo le tue idee e molte delle tue scelte, alcune delle quali per noi sono ingiuste e addirittura potenzialmente disastrose. Ma i tuoi elettori ti hanno messo lì per governare, mica per lamentarti. Capiamo che la tua paura più grande, come ci hai detto tempo fa, “è quella di deludere” gli italiani. Ma forse ne dovresti coltivare pure un’altra. Quella per uno slogan che adesso rischia di diventare popolare: “All’opposizione leoni, al governo Meloni”.