Da più parti si è posta la questione dei cattolici in rapporto al Pd dopo l’esito delle primarie che hanno decretato la vittoria di Elly Schlein. Sul punto regna una discreta confusione riconducibile alla peculiare storia politica italiana a lungo segnata dalla (pur relativa, mai totale) unità politico-partitica dei cattolici raccolti intorno alla Dc.
A modo di premessa, si devono coltivare tre avvertenze spesso sorprendentemente trascurate. La prima: il cattolicesimo è categoria della sfera religiosa e non politica. Una distinzione chiara già a Sturzo, che così si esprimeva: la religione è il regno dell’universalità, la politica della parzialità. Egli aveva messo nel conto che non tutti i cattolici del tempo si sarebbero riconosciuti nel suo Partito popolare. Non i più conservatori (“fossili”, li definì), ancorché – aggiungeva – buoni cattolici. Seconda avvertenza: il “cattolicesimo politico” ha conosciuto molteplici versioni, anche assai diverse tra loro: reazionarie, conservatrici, moderate, progressiste; di destra, di centro, di sinistra. Terzo: il cosiddetto “cattolicesimo democratico” – sigla che la storiografia più avveduta ha definito con precisione – è una parte e non il tutto del cattolicesimo politico. Segnatamente quella contrassegnata da due tratti principali: a) il senso-valore dell’autonomia/laicità della politica e delle istituzioni; b) un orientamento politico-programmatico riformista e progressista.
Moro parlava del “principio di non appagamento” opposto al conservatorismo. Semplificando, potremmo tradurre naturaliter di centrosinistra. Celebre la metafora degasperiana di un centro che muove verso sinistra. A motivo di una concezione della democrazia che Dossetti (che, con De Gasperi, stabilì una concordia discors) qualificò come “democrazia sostanziale”. Cioè un impianto che la integra e la arricchisce con la tensione all’uguaglianza e alla partecipazione. Gli stessi cattolici democratici, a loro volta, si distinguono in cattolici liberali e cristiano-sociali. In certo modo storicamente eredi dei due summenzionati De Gasperi e Dossetti.
Questa lunga premessa per trarne una conclusione circa il nostro presente. I veri cattolici democratici difficilmente potrebbero riconoscersi nella destra-centro a trazione Meloni. La loro collocazione naturale è semmai nel campo progressista. Pongono male la questione coloro che, più o meno consapevolmente inclini a ipostatizzare il centro nella remota memoria Dc, mostrano una sorta di idiosincrasia verso la collocazione a sinistra. E persino verso la parola “sinistra”. A ben vedere, i cattolici democratici su due issue cruciali come l’agenda sociale e la pace e la guerra – semplifico – dovrebbero posizionarsi più a sinistra del Pd che abbiamo conosciuto. Basti pensare al magistero della Chiesa e di Papa Francesco.
Semmai, nei confronti del Pd a guida Schlein, anche ai cattolici democratici, questo sì, può porsi qualche problema sulle questioni cosiddette “eticamente sensibili” e sulla concezione dei diritti civili. Da non interpretare in senso angustamente individualistico. Su questo versante la neosegretaria Pd farebbe bene a farne oggetto di una libera, franca, laica discussione interna tesa a operare una sintesi tra le culture politiche e le concezioni etiche che abitano un partito per statuto plurale. Al fine di elaborare mediazioni politico-legislative grazie alle quali i principi etici possano raccordarsi con la nostra società liberale e pluralistica. Comunque rinunciando a una stretta disciplina di partito quando siano chiamate più direttamente in causa ragioni che per loro natura attengano alle coscienze personali.