Quella della Gkn è oggi senza dubbio la più lunga occupazione di una fabbrica nella storia italiana. Una vertenza che molti, al palesarsi nel dicembre 2021 di Francesco Borgomeo, prima advisor della vecchia proprietà e poi compratore (sedicente salvatore dello stabilimento) attraverso una nuova società – QF spa, un acronimo per quattro farsesche F: “fiducia” nel “futuro” della fabbrica di Firenze, a gennaio di quest’anno messa in liquidazione), già davano per risolta. Nei fatti un lungo vagheggiamento di piani industriali e di investitori mai visti sono l’essenziale riassunto della cosiddetta “fase Borgomeo”.
Invece gli operai affiancati dalla ricerca solidale, nella generale incapacità dello Stato di guidare la politica industriale del Paese e la preferenza per il trasferimento di risorse a privati poco affidabili piuttosto che per un intervento diretto, hanno progettato il futuro della produzione. In questo modo si è aperto uno spazio, secondo la più importante tradizione operaista, per riflettere su ciò che nello stabilimento si produce: una riflessione qualitativa su “cosa, come e quanto produrre”.
L’esito di questa ricerca è stato pubblicato nel gennaio scorso in un ebook gratuito della Fondazione Feltrinelli dal titolo Un piano per il futuro della fabbrica di Firenze. Dall’ex GKN alla fabbrica socialmente integrata. Contiene due linee di proposte di reindustrializzazione orientate verso la mobilità pubblica e la sostenibilità ambientale: un modo per riempire di contenuto gli impegni di transizione ecologica (i bus elettrici o a idrogeno, a mero titolo di esempio, da qualche parte andranno costruiti) e rimediare alla crisi dell’automotive italiano piagato da un costante processo di delocalizzazioni (le competenze per costruirli le abbiamo: perché bruciare ancora posti di lavoro?).
Un piano su cui lo Stato avrebbe potuto investire ma che è invece stato accantonato o forse del tutto ignorato.
Il collettivo e i solidali hanno dovuto ricominciare a lavorare. Da dicembre del 2022 il core business di una futura reindustrializzazione è stato individuato nella produzione di pannelli fotovoltaici efficienti e innovativi, che non prevedono neppure l’utilizzo delle controverse terre rare, brevettati da una start-up italo-tedesca. Gli altri due filoni di riconversione percorribili sono quelli della produzione di cargo bike, di cui è stato presentato un prototipo nel febbraio scorso e della creazione di una comunità energetica rinnovabile e solidale che possa fornire energia al territorio.
Per realizzare questo progetto e costruire il primo nucleo di capitale necessario per avviare la cooperativa è stato lanciato un crowdfunding (Gkn For Future) che, anche grazie al sostegno di Arci, Banca Etica e Fridays For Future nel momento in cui scriviamo ha già superato i 20 mila euro, raccolti peraltro in pochissimi giorni. Seguirà poi un più rilevante azionariato popolare nel percorso che si auspica garantisca le prime commesse alla nuova produzione.
Perché la Gkn, suo malgrado (non dobbiamo infatti dimenticare il disagio materiale in cui sono state gettate centinaia di famiglie da un’ingiusta delocalizzazione) è stata per molti l’unico esempio concreto di alternativa politica in un Paese in cui è stato fatto il deserto. Quel piano di reindustrializzazione passato nel silenzio generale ha rappresentato e potrebbe ancor più largamente rappresentare per un pezzo di Paese molto più della generalità dei programmi politici dei partiti, privi di immaginario e legati alla conservazione dello stato delle cose presente. Si tratta quindi di un baluardo di alternativa, di una nicchia di erosione del capitalismo, per riprendere l’efficace immagine del sociologo marxista Erik Olin Wright, che siamo tutti chiamati a difendere.
Per questo, per il proprio futuro e perché sente su di sé una responsabilità politica nell’indicare l’unica via percorribile di transizione sociale ed ecologica, dopo mesi di convergenza con i movimenti sociali e con Fridays For Future, il collettivo di fabbrica Gkn ha chiamato una manifestazione nazionale a Firenze domani 25 marzo. In giorni come questi dobbiamo ripetere a noi stessi che anche se vogliono fermare (a tutti i costi) le stagioni è pur sempre primavera. Sta a noi impegnarci perché lo sia davvero; rimuovendo quelle nuvole che “si mettono lì, tra noi e il cielo, a lasciarci soltanto una voglia di pioggia”. Le alternative, tra lavoro povero e precario e la crisi climatica che avanza (come ha ribadito anche l’IPCC nei giorni scorsi), dovrebbero solo motivarci a lottare.