Entro giugno 2023, gli Stati Membri sono chiamati ad inviare alla Commissione europea l’aggiornamento del proprio Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) con orizzonte 2020-2030. Il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima è lo strumento normativo chiave per la definizione della strategia di decarbonizzazione del Paese al 2030, tracciando il percorso verso le emissioni nette nulle al 2050. Strategia che passa per il progressivo abbandono delle fonti fossili. In pratica, si tratta del quadro di misure di attuazione nazionale degli impegni europei di riduzione delle emissioni, presi nell’ambito dell’Accordo di Parigi.
Tre sono i requisiti minimi attorno ai quali il Piano dovrebbe essere sviluppato, ovvero:
- la sua utilità nel centrare gli obiettivi energia e clima al 2030, allineando la strategia di decarbonizzazione rispetto agli obiettivi 2050;
- la sua trasversalità nell’identificare le politiche di supporto alla transizione, fornendo gli elementi per una sostenibilità economica e sociale della transizione;
- la sua efficacia nel consegnare i risultati attesi.
La transizione riguarda una complessità di attori e dimensioni della nostra società e determina implicazioni nella vita di tutti i cittadini. Questo impone che il PNIEC sia il più possibile rappresentativo e trasversale, rendendolo un Piano per tutti.
Per garantire questa trasversalità, occorre valorizzare tre dimensioni. La prima è la dimensione sociale, un elemento chiave per la sua attuazione. Il PNIEC dovrebbe, quindi, includere:
a) principi e strategie per governare la giusta transizione in termini di occupazione, conciliando le esigenze di oggi con quelle delle nuove generazioni;
b) una valutazione dell’efficacia e l’efficienza della spesa pubblica rispetto agli obiettivi sociali e climatici;
c) proposte di riforme fiscali e tariffarie eque e funzionali agli obiettivi;
d) l’estensione delle politiche per la povertà energetica all’accesso alle risorse economiche per finanziare la decarbonizzazione delle abitazioni e della mobilità.
In secondo luogo, la dimensione economica. La revisione del PNIEC dovrà affiancare alla traiettoria di decarbonizzazione una strategia per finanziare la transizione attraverso risorse pubbliche e private.
Tale strategia non può prescindere:
a) dalla concreta quantificazione degli investimenti per la transizione. Non solo nei settori che determinano una riduzione diretta delle emissioni al 2030, ma in tutta la catena del valore, di un’economia in via di trasformazione verso l’abbandono delle fonti fossili;
b) dalla capacità di legare le necessità di investimento alle politiche di finanziamento pubblico: il PNRR, REPowerEU e i fondi europei nel loro complesso;
c) dalla definizione del ruolo della finanza pubblica e l’identificazione degli strumenti per finanziare la transizione. Ridefinire il ruolo di SACE, CDP (Cassa Depositi e Prestiti) e Invitalia in ottica di “banche per il clima” anche in funzione della necessità di attivare la leva della finanza privata;
d) dall’identificazione di principi base per l’incentivazione pubblica, per assicurare che la spesa sia funzionale al raggiungimento degli obbiettivi climatici;
e) dalla capacità di considerare la revisione del Patto di stabilità, il regolamento sugli aiuti di stato e la definizione delle priorità del piano industriale verde europeo, elementi essenziali per la finanziabilità della transizione.
Infine, c’è la dimensione partecipativa. Il PNIEC dovrà garantire il più ampio coinvolgimento delle rappresentanze degli attori a vario titolo coinvolti dal Piano.
In questo senso, la costruzione del PNIEC dovrebbe prevedere – come richiesto dalla norma – un dialogo multilivello strutturato in cui autorità locali, organizzazioni della società civile, comunità imprenditoriale, rappresentanze dei lavoratori, investitori fino ai singoli cittadini dovranno poter partecipare attivamente. Un dialogo che andrebbe inaugurato nella fase di revisione del PNIEC e garantito nella valutazione periodica della strategia. Tale confronto consentirebbe adeguata informazione verso tutte le rappresentanze che, a vario titolo, si troveranno ad “attuare” il PNIEC, come Comuni e Regioni, ma anche i singoli cittadini mediante i loro comportamenti.
Il PNIEC, nella sua attuale versione, risulta uno strumento ancora poco efficace nell’assicurare l’attuazione della politica climatica. l’Italia non è in linea con il raggiungimento degli obiettivi clima, in particolare sui settori del trasporto stradale e degli edifici. In questo senso, una prossima tappa cruciale sarà il Consiglio europeo del 29-30 giugno, nel quale i leader dei 27 si confronteranno su Fondo sovrano, riforma del mercato dell’elettricità e sulla legge sull’industria a zero emissioni. Una cartina di tornasole importante per comprendere la volontà del governo italiano nel raggiungere gli obiettivi climatici del Green Deal europeo.
Infine, alcune raccomandazioni per aumentare l’efficacia del PNIEC:
1) Maggior coerenza e coordinamento delle politiche pubbliche rispetto agli obiettivi climatici, attraverso il rafforzamento dello strumento legale la gestione della sua attuazione.
2) Inclusione di riforme funzionali al raggiungimento degli obiettivi.
3) Identificazione di un piano di monitoraggio dello stato di attuazione delle riforme e degli obiettivi ad esse correlate, attraverso indicatori chiave, quantitativi e qualitativi, per garantire e proponendo misure di ‘correzione’.