Da oggi la comunità del Fatto Quotidiano ha uno strumento in più per far sentire la propria voce e combattere le proprie battaglie, denunciando problemi e proponendo soluzioni: una piattaforma online tutta nostra, IO SCELGO, per lanciare petizioni e raccogliere firme. In questi primi 14 anni di vita, il Fatto ha coinvolto i cittadini in varie iniziative civiche. Ora vogliamo sfruttare le nuove tecnologie per ampliare le opportunità di partecipazione digitale e rendere la nostra democrazia più accessibile al maggior numero di persone. Offriremo dati e materiali informativi in esclusiva a tutti voi che deciderete di partecipare, e vi chiederemo di suggerirci nuovi obiettivi e di impegnarvi concretamente a cambiare e a migliorare le cose, cioè a prendere in mano il nostro destino e a far valere fino in fondo i nostri diritti.
Tutti possono accedere a IO SCELGO, senza barriere né filtri: basterà dare il proprio nome e indirizzo email e rispettare un regolamento con pochi criteri utili a rendere la piattaforma più sicura per ogni utente e per ogni petizione proposta e a evitare infiltrazioni dei soliti disturbatori, cultori dell’odio, del razzismo e delle discriminazioni. I temi su cui ci batteremo abbracciano l’intera visione della nostra realtà.
Partiremo da due petizioni, rivolte al governo e al Parlamento italiani, per progredire nei diritti sociali e civili: una per l’approvazione del salario minimo e l’altra per il riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali. Poi proseguiremo con una petizione per il ripristino dei bonus in favore della mobilità elettrica, che vede l’Italia in posizione di fanalino di coda, e con una perché il governo – ora del tutto inerte – accolga una serie di nostre proposte contro il dramma incombente della crisi idrica e dell’emergenza siccità.
Ecco i testi delle prime due petizioni, da firmare subito.
Il salario minimo è dignità: il governo ci ripensi e lo introduca
Il salario minimo è una questione di dignità lavorativa. Mentre in 22 Stati europei su 27 e in altri 140 circa nel mondo il minimo salariale è già previsto ed è dimostrato che porta con sé diversi benefici, come la riduzione della disuguaglianza salariale e l’aumento della produttività, il governo italiano è contrario alla sua introduzione. Eppure, in Italia, nonostante l’inflazione, in 30 anni i salari sono cresciuti solo dello 0,3% e, secondo la relazione del gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa, nominato dall’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ben un quarto dei dipendenti italiani, considerando anche i lavoratori part-time e gli stagionali, ha una retribuzione annua lorda al di sotto degli 11.500 euro annui, cioè sotto la soglia del lavoro povero. Le denunce di lavoro sottopagato sono sempre più frequenti. E gli sfoghi sui social – come quello dell’ingegnera che ha raccontato di aver rifiutato un posto di lavoro per 750 euro netti al mese – sono all’ordine del giorno. Per questo l’introduzione del salario minimo rappresenta un primo passo nell’affrontare il problema. Chiediamo al governo di ripensarci e di valutare le proposte che arrivano da più parti dell’opposizione per varare subito questa misura di dignità.
Dopo una sentenza della Cassazione del 30 dicembre scorso (solo il padre biologico che ha donato il seme in una maternità surrogata può essere registrato all’anagrafe come genitore), il ministero dell’Interno ha imposto con una circolare ai Comuni che registravano i figli nati da coppie omogenitoriali di fermarsi. A oggi, quindi, è ammissibile solo la trascrizione di bimbi nati all’estero da due madri e non i figli di due uomini diventati genitori con la gestazione per altri praticata all’estero, né i figli di due donne che hanno fatto la procreazione medicalmente assistita all’estero ma con parto avvenuto in Italia. Si crea così una discriminazione non solo per le coppie Lgbtqi+ in Italia, ma anche per gli stessi bambini, come ha evidenziato anche il Parlamento europeo che ha condannato le “istruzioni” impartite dal Viminale a Comuni come quello di Milano. Anche Amnesty International Italia è intervenuta sul tema, sottolineando che, con la mancata registrazione, non solo i figli delle coppie omogenitoriali non sono protetti, ma si vedono anche negare la possibilità di godere appieno del “dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli”, previsto dall’articolo 30 della Costituzione. La strada dell’adozione, che pure viene citata dagli stessi giudici della Cassazione, appare oggi farraginosa e difficilmente percorribile. Per questo chiediamo subito un intervento legislativo, del governo e del Parlamento, per autorizzare la trascrizione all’anagrafe dei figli nati da coppie omogenitoriali, garantendo ai bambini e ai genitori i loro diritti.