Le prossime mosse saranno la tassa sul celibato e il premio alle fattrici di almeno 14 figli. Del resto l’inverno demografico è un serio problema. Ma lo è anche l’eccessivo uso di forestierismi, come da proposta di legge del fidato Rampelli, che propone multe salatissime per chi usa termini stranieri che abbiano un corrispondente in italiano. Ha ragione il fratello d’Italia quando dice che dal Duemila a oggi il numero di parole inglesi confluite nella lingua italiana scritta è aumentato in maniera esorbitante (del 773 per cento, pare). Tutto giusto, peccato che l’idea dell’olio di ricino in danè (fino a 100 mila euro!) per chi “parla in straniero” sia autarchicamente ridicola. Parola di Claudio Marazzini, presidente della Crusca: “L’eccesso sanzionatorio rischia di gettare nel ridicolo tutto il fronte degli amanti dell’italiano”.
A noi è venuto in mente subito il “made in Italy” che a ’sto giro dei destri al governo è diventato financo un ministero: ma il titolare, Adolfo Urso, può stare tranquillo che “dalle sanzioni è escluso chiunque, rappresentando gli interessi economici dell’Italia all’estero, è costretto a usare termini stranieri” (Rampelli al Corriere). Ci sarà anche il liceo del made in Italy, idea rilanciata da Giorgia Meloni al Vinitaly di Verona, rivolgendosi ad alcuni studenti di un istituto agrario: “In un mondo in cui è stato detto che se avessi scelto il liceo avresti avuto un grande sbocco alla tua esistenza e se invece avessi scelto un istituto tecnico le tue opportunità sarebbero state minori, dimentichiamo che in questi istituti c’è una capacità di sbocco nel mondo professionale molto più alta di quello che danno spesso altri percorsi di formazione. Ma per come la vedo io questo è il liceo. Non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura di quello che questi ragazzi sono in grado di studiare, tramandare e portare avanti”. Il liceo del made in Italy e poi l’Università della vita: del resto la nostra premier si è diplomata in un istituto professionale, non è laureata ed è arrivata fino a Palazzo Chigi. Va detto che le due cose, il bando al parlar foresto e il liceo del Made in Italy, non stanno benissimo insieme, come del resto il sopracitato ministero. Sono i guai dei conservatori di oggidì: hanno la testa rivolta all’“Italia farà da sé” e il cuore diviso tra Bruxelles e Washington. Quando c’era lui era tutto più semplice.
Sull’istruzione professionale, va ricordato alla premier (si potrà ancora dire premier?) che gli indirizzi agrari sono già presenti nel bouquet (multa!) delle offerte del nostro sistema scolastico. Ma – leggiamo sulla Stampa – non sono molto popolari: secondo i dati forniti dal ministero dell’Istruzione, negli istituti tecnici solo l’1,5% degli iscritti al prossimo anno scolastico ha scelto l’indirizzo Agraria, Agroalimentare e Agroindustria; la musica non cambia nei professionali dove l’indirizzo Agricoltura, Sviluppo rurale, Valorizzazione dei prodotti del territorio e Gestione delle risorse forestali e montane raccoglie solo lo 0,8% degli iscritti, mentre Industria e artigianato per il made In Italy (sic) appena l’1,1%.
Pensavamo che l’idea della scuola che serve a trovare lavoro fosse tramontata da un po’, in favore di una concezione più formativa (intesa come formazione intellettuale e civile degli studenti), ma evidentemente non è così. Di questo passo, ritireranno fuori anche il caro vecchio avviamento professionale. Sempre alla fiera di Verona, in Vinitaly veritas (il latino littorio sarà concesso), il ministro Lollobrigida ha detto: “Dobbiamo mettere tutti gli italiani che sono in condizione di lavorare di farlo, perché voglio lanciare un messaggio chiaro, lavorare in agricoltura non è svilente. Lo dico a chi è sul divano mentre prende il Reddito di cittadinanza”. Servono braccia, possibilmente sottopagate. I cervelli meglio che smettano di funzionare.