Il Fatto di domani. Nomine di Stato, Meloni nel segno di Draghi e cede a Salvini & B. Il bavaglio della riforma Cartabia sull’informazione libera

Di FQ Extra
12 Aprile 2023

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NOMINE DI GOVERNO: GIORGIA “PIGLIATUTTO” CEDE ENEL AGLI ALLEATI. Dopo la notte dei lunghi coltelli e il nulla di fatto di ieri, la maggioranza ha concordato le nomine per i vertici delle società partecipate dallo Stato. Giorgia Meloni ha provato a forzare la mano per mettere i suoi uomini a capo dei colossi Eni, Enel, Terna, Leonardo e Poste. Ma Lega e Forza Italia sono riusciti a contenere la premier. All’Enel dovrebbe andare il tandem Flavio Cattaneo (amministratore delegato in quota Lega) e Paolo Scaroni (presidente, indicato da Berlusconi). Giorgia Meloni, all’Enel, avrebbe preferito Stefano Donnarumma, che invece dovrebbe restare ad di Terna. Le certezze sono Roberto Cingolani a Leonardo e Claudio Descalzi al quarto mandato in Eni. Matteo Del Fante dovrebbe restare in sella a Poste. Giuseppina Di Foggia affiancarebbe Donnarumma come presidente a Terna: sfuma dunque la promessa della premier di portare una donna a capo di una grande società pubblica. Il vicepremier forzista Antonio Tajani ha esultato per la “competenza” dei manager, lontani dalla politica e dal bilancino della lottizzazione. Eppure, gli addetti ai lavori si chiedono come mai l’ex ministro Cingolani sia stato paracadutato in Leonardo, senza esperienza nel settore armi e difesa. Oppure l’approdo a Terna di Giuseppina Di Foggia (ex dirigente Alcatel e Nokia): secondo molti, più per l’amicizia con la sorella della premier – Arianna Meloni – che per il curriculum. Sul Fatto di domani vi racconteremo tutta la partita delle nomine, che non riguarda solo le grandi aziende di Stato. Il governo moltiplica le emergenze e i commissari straordinari, per agire in deroga alle leggi vigenti.


PNRR, FITTO RIMANDA LA RELAZIONE IN PARLAMENTO. In Senato ha preso il via la discussione del decreto che ridisegna la governance del Pnrr. Il testo, licenziato dal governo il 24 febbraio, snellisce le procedure di affidamento delle opere e accentrato la regia nelle mani del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. La questione è strettamente legata al tema delle nomine, visto che saranno le partecipate di Stato a occuparsi di realizzare molti dei progetti in cantiere, come vedremo sul Fatto di domani. Fitto era presente a Palazzo Madama, ma non è intervenuto per riferire sullo stato di attuazione degli obiettivi, ovvero sui ritardi ammessi dal governo, come chiedono da tempo le opposizioni. Anzi, in una nota ha fatto sapere che interverrà a decreto approvato, “e riservandosi di comunicare se intende svolgere l’informativa in Assemblea o nelle commissioni competenti”. Non proprio la massima disponibilità sbandierata da Meloni e dal diretto interessato come un’opportunità solo la settimana scorsa. E infatti il Pd ne ha chiesto conto, protestando con i suoi senatori. Sui ritardi del Pnrr è intervenuto anche il commissario Paolo Gentiloni, che sui fondi Pnrr si gioca la candidatura alla segreteria generale della Nato quando scadrà il mandato di Stoltenberg a giugno. “Ci siamo accordati con le autorità italiane per qualche settimana di ritardo per il terzo versamento, lo abbiamo fatto anche con altri Paesi”, ha dichiarato Gentiloni provando a ridurre la tensione sulla questione.


ALTRO CHE PRESUNZIONE D’INNOCENZA: LA RIFORMA CARTABIA È UN BAVAGLIO ALLA CRONACA. Doveva essere una norma sulla presunzione d’innocenza, quella voluta dalla ministra Marta Cartabia ai tempi del governo Draghi. Invece si è trasformata in un bavaglio per l’informazione, tanto efficace quanto invisibile. I giornalisti campani di cronaca nera e giudiziaria hanno denunciato – in una lettera aperta – i silenzi della questura partenopea su 2 omicidi: non una parola, né un comunicato è stato divulgato dalle autorità di sicurezza. Accade sempre più spesso, da quando i Migliori hanno approvato il decreto legislativo per recepire la direttiva europea sulla presunzione d’innocenza. Era il novembre 2021: tutelare la reputazione degli indagati e degli imputati, è diventato il pretesto per la mordacchia ai cronisti. La norma infatti vieta ai magistrati di parlare con i giornalisti. Solo il procuratore della Repubblica può diffondere notizie sulle indagini – per i fatti di rilevanza pubblica – con un comunicato o in conferenza stampa. Risultato? I comunicati degli inquirenti diventano incomprensibili, perfino per notizie gravissime. Ad esempio: chiuse le indagini sulla gestione della pandemia, la procura di Bergamo ha diffuso un comunicato senza i reati e i nomi degli illustri indagati: Giuseppe Conte e Roberto Speranza, Giulio Gallera e Attilio Fontana. Oppure criminali arrestati in flagranza di reato, di cui nessuno conosce il nome. Sul Fatto di domani vi racconteremo il bavaglio strisciante e gli effetti nefasti della riforma Cartabia. Intervisteremo il conduttore di Report Sigfrido Ranucci, per capire tutti gli ostacoli sulla via del diritto all’informazione.


KIEV SMENTISCE PRESENZA DI FORZE NATO IN UCRAINA. IL VIAGGIO DI LULA IN CINA. Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, da Madrid dov’è in visita, ha negato la presenza di piccoli contingenti di militari Alleati su territorio Ucraino. Questa è una delle rivelazioni emersa dai documenti Usa del leak del Pentagono. I soldati verrebbero da cinque Paesi: 50 dal Regno Unito, 17 dalla Lettonia, 15 dalla Francia, 14 dagli Stati Uniti e una sola unità dai Paesi Bassi, tutti con funzioni non specificate ma probabilmente di intelligence e coordinamento con i comandi Nato. L’Alleanza ha sempre negato di essere presente nel Paese “boots on the ground”. Dopo aver derubricato la fuga di notizie a un’operazione russa per inquinare le acque, Zelensky oggi ha stimolato le reazioni internazionali di indignazione per un video circolato sui social che mostra (ma le immagini non sono state autenticate) la decapitazione di un militare ucraino attribuita a soldati russi. La missione Onu a Kiev si è detta inorridita, l’Ue garantisce che indagherà i responsabili per crimini di guerra. Il servizio di sicurezza di Kiev (Sbu) ha avviato un’indagine, ma anche Mosca annuncia un’inchiesta e il capo del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin ha negato il coinvolgimento della sua brigata. Sul Fatto di domani parleremo anche di Cina, dove è arrivato in visita il presidente del Brasile Ignacio Lula Da Silva, seguito da uno stuolo di imprenditori desiderosi di rinsaldare i legami commerciali col Dragone. Nel frattempo continua lo scambio di accuse tra Pechino e Taiwan sui rischi di un’escalation militare. Sul tema del referendum contro l’invio di armi a Kiev dall’Italia leggerete un’intervista al giurista Pasquale De Sena, esperto di diritto internazionale.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Un morto che cammina? Il Comitato politico del “Terzo polo”. Stamattina sembrava addirittura che Italia Viva non dovesse partecipare, dopo che negli ultimi giorni sono volati gli stracci tra Matteo Renzi e Carlo Calenda. E invece quelli che dovevano costituire il partito unico si sono riuniti poco fa, probabilmente per vedere chi rimarrà col cerino in mano. Sul giornale di domani l’esito della questa riunione.

Stipendi Juve, indagini chiuse con nuova contestazione. La Procura della Figc ha notificato al club l’avviso di chiusura indagini per la “manovra stipendi, partnership e agenti”. Il procuratore Chinè contesta alla società anche la violazione del principio di lealtà sportiva (articolo 4.1) per i tre filoni. La contestazione si va ad aggiungere alla questione plusvalenze.

Euro-mazzette, Eva Kaili esce dal carcere dopo 4 mesi. La Procura belga ha disposto gli arresti domiciliari con l’obbligo di braccialetto elettronico per l’ex vicepresidente del Parlamento europeo, arrestata il 9 dicembre 2022. Prima di lei erano stati scarcerati, e sono adesso in libertà vigilata, anche l’eurodeputato Tarabella e l’ex eurodeputato Panzeri.

L’ex medico della Virtus Bologna indagato anche per la morte della suocera. Dall’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Giampaolo Amato, accusato di aver ucciso la moglie con le benzodiazepine, emerge che il professionista è sotto inchiesta anche per la scomparsa – 22 giorni prima – della madre di lei. Non solo: secondo il Gip, sarebbe stata a rischio anche l’amante dell’uomo.

Nuove accuse per Gérard Depardieu. L’attore francese è stato accusato da 13 colleghe di “comportamento sessualmente inappropriato”, cioè di molestie vere e proprie, “oscene proposte sessuali e talvolta gemiti insistenti”. Lo riporta Mediapart.


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Niente scuola per chi non usa il velo: l’Iran contro le donne miete altre vittime

di Roberta Zunini

I corrotti gerontocrati che sono al vertice della teocrazia iraniana dal lontano 1979, anno della rivoluzione khomeinista che ha trasformato l’impero persiano in una repubblica islamica sciita governata dagli ayatollah, continuano a tentare di fiaccare con i mezzi più spietati la rivolta popolare in corso da settembre, prendendo di mira soprattutto le donne, specialmente di etnia curda. Sono infatti le donne ad aver innescato le proteste di piazza al grido di “donna, vita, libertà” contro l’obbligo del velo (hijiab), diventate in questi lunghi mesi una ribellione dei giovani di entrambi i sessi, contro il regime islamico.

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