Un post su Facebook di Giorgia Meloni che si dice inorridita per la “ferocia” contro di lei e la sua famiglia. L’apparente atto di dolore si trasforma in realtà in un ordine di servizio della esecrazione contro la vignetta di Natangelo che punta la matita su Arianna Meloni, sorella di Giorgia e moglie di Francesco Lollobrigida, ministro cognato e teorico della sostituzione etnica.
In un attimo e in fila indiana i commenti degli indignati speciali. Subito Ignazio La Russa, sconvolto dall’ardire del vignettista, di corsa e unito nella disperazione il trio Boschi-Calenda-Renzi schifato (“schifo” dichiara sommessamente Calenda) per ciò che scrive e legge sul Fatto. Giornale che il ministro della Difesa Guido Crosetto (piuttosto appannato oggi) non legge più. Infine e in fondo un pensierino affettuoso di Carlo Cottarelli, che non capisce come sia potuto accadere, e affettuosissimo è anche il giornalista liberal Piero Sansonetti, che darebbe la vita per farti dire le cose che lui non pensa ma in questo caso no. Lui è nientemeno che il neodirettore dell’Unità, e qui siamo allla versione Sol dell’avvenire by Alfredo Romeo.
Dunque non solo continua la sfilata dei politici che invece di fare il loro mestiere decidono di essere il supremo giudice della satira e del giornalismo, al punto che la presidente del Consiglio prende le distanze dalla vignetta sulla sostituzione etnica e non sul fatto che della definizione marcatamente suprematista e neonazista si sia fatto portavoce un suo ministro, per inciso anche suo cognato.
Da ridere, o piangere, infine l’ultima nota di colore: la deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli, intervenuta alla Camera con un severo atto d’accusa contro il nostro giornale per aver pubblicato una vignetta descritta come inqualificabile atto di violenza sulle donne. Montaruli, e la circostanza è piuttosto fantastica, ha appena subìto una condanna per peculato passata in giudicato. Tra gli oggetti acquistati con fondi pubblici, al tempo in cui era consigliere della Regione Piemonte, anche il libro “Mia suocera beve”. L’acquisto andò in porto nel giorno in cui la Montaruli partecipava a un premio per la migliore poesia contro la violenza delle donne. “Non si coglie il nesso con l’evento letterario”, scrissero i giudici. Amen.
Poi nel pomeriggio anche da sinistra sono iniziate a piovere critiche. “La critica e la satira sono essenziali per la nostra democrazia. L’umiliazione delle donne no. Per questo speriamo che questa ritrovata presa di coscienza porti a degli atteggiamenti più conseguenti”, ha scritto su Facebook Marco Grimaldi, vicecapogruppo dei deputati dell’Alleanza Verdi Sinistra. Un fiume di dichiarazioni anche in casa Pd: “Molto male. La satira è satira, qui mi pare che siamo decisamente oltre. A chi è colpito da questo modo di fare satira bisogna soltanto trasmettere e dare solidarietà”, ha commentato Alfredo D’Attorre. E ancora: “La vignetta sulla famiglia Lollobrigida è sessista e disgustosa! Piena solidarietà ad Arianna Meloni e alla sua famiglia”, ha twittato la senatrice del Pd Beatrice Lorenzin.
Leggi Il Fatto Quotidiano: scopri tutti i nostri abbonamenti