L’Italia è il paese dei 1000 campanili. Per la loro altezza e la posizione centrale dagli anni 2000 sono stati scelti per l’installazione di antenne telefoniche. L’ente ecclesiastico incassa un canone dalle aziende di telecomunicazioni: questo comporterebbe l’uso del campanile per finalità commerciali e la perdita dell’esenzione fiscale dedicata agli immobili della chiesa destinati al culto. Ma non sempre è così, come mostra l’inchiesta “Segnale Divino“, di Chiara De Luca, con la collaborazione di Marzia Amico in onda nella puntata di questa sera di Report su Rai3, condotto da Sigfrido Ranucci.
Da Wind a Vodafone a Tim, le aziende guardano con interesse ai campanili delle Chiese per migliorare la copertura dei servizi di rete. Rispetto ai grattacieli che si concentrano solo nelle grandi città, i luoghi di culto sono più diffusi e meglio ripartiti nel Paese. Per le diocesi, però, incassare l’affitto di locazione da parte di un gestore telefonico significherebbe perdere la finalità di culto prevalente dell’edificio e cominciare a pagare l’Imu e l’imposta sul reddito, come prevede la legge.
Per questo la Conferenza episcopale italiana ha invitato i parroci a tutelare l’esclusività del luogo sacro. Alcuni hanno rispettato la direttiva, come è accaduto ad Acireale, altri meno.
Da un lato c’è il caso di Pontedera, in Toscana, dove il parroco, con l’approvazione dell’arcidiocesi di Pisa, ha acconsentito all’installazione di due antenne della telefonia mobile sul campanile del duomo, prima nel 2000 e poi nel 2016. Qui la parrocchia riceve un canone di locazione e paga le tasse.
Dall’altro però c’è il caso di Treviso, dove Tim, Vodafone, Wind3 e Illiad hanno installato, attraverso Inwit e Cellnex, le società di telecomunicazioni proprietarie dei dispositivi, le antenne della telefonia mobile su ben cinque campanili: quattro di proprietà della diocesi e uno di proprietà comunale. Per i campanili di sua proprietà, però, la Diocesi ha escogitato questo sistema: le parrocchie hanno ceduto i campanili in comodato d’uso al comune, che a sua volta ha stipulato il contratto di affitto con le società proprietarie delle antenne. Il comune incassa ma il 60 % lo gira nelle casse delle parrocchie. Dal 2015 a oggi il comune ha versato agli enti ecclesiastici più di 350 mila euro, senza pagare un euro di tassa. Il comune difende la scelta.