“La migrazione ha creato il mondo”: la ricerca di Ruth Padel, poetessa e docente al King’s College di Londra, sulle origini e le continue trasformazioni del Pianeta affronta la migrazione come fenomeno universale di sopravvivenza in un habitat sempre più inospitale a causa di crisi climatiche e guerre. “Veniamo tutti da un altro luogo. Migrazione e sopravvivenza”, sapientemente portato ora in libreria da Elliot, è diviso in 11 capitoli in prosa, che introducono altrettante sezioni di poesia: partendo dal viaggio originario delle cellule, dalla migrazione di uccelli e animali selvatici, Padel approda alla diaspora umana del mondo contemporaneo. Pubblichiamo uno stralcio dell’introduzione.
Mentre scrivevo la prima edizione di questo libro, la migrazione umana stava già cambiando drasticamente sul Pianeta. Quando ho cominciato, nel 2004, era già uno dei movimenti più rilevanti del nostro tempo. Da allora, il numero delle persone che affrontavano il Mediterraneo per sfuggire ai conflitti, alla precarietà e alla perdita di risorse in Africa, Asia e Medio Oriente è enormemente aumentato. Nel 2011, l’anno in cui ho finito il libro, cominciarono le rivolte siriane che portarono alla guerra e alle migrazioni di massa in Europa, con un aumento del quaranta per cento in tutto il mondo di spostamenti forzati, e in particolare un venticinque per cento di aumento dell’emigrazione negli Stati Uniti dal “triangolo settentrionale” del Sud America – El Salvador, Guatemala e Honduras – innescata da fattori umani (bande criminali in aumento, numero crescente di delitti, violenza domestica) ma anche da cause geofisiche. Il cambiamento climatico e i mutamenti nel sistema delle correnti di El Niño hanno causato una diffusa siccità e una diminuzione dei raccolti. Alla fine del 2014, con quasi sessanta milioni di persone costrette a lasciare casa in tutto il mondo (il livello più alto dalla Seconda Guerra Mondiale), milioni di persone hanno avuto bisogno di aiuto alimentare. È cominciata così la Via Crucis del Migrante: “carovane” che viaggiavano dal confine tra Messico e Guatemala al confine tra Stati Uniti e Messico. Nel 2019, quinto anno della siccità, Trump – la cui amministrazione aveva più di ogni altra istituzione incrementato le ingiustizie nel trattamento dei migranti – intensificò la paura di queste carovane per promuovere la sua politica di “tolleranza zero”, arrestando chi aveva attraversato illegalmente e separando i genitori dai figli.
L’incitamento all’odio di tipo populista contro i migranti era aumentato dappertutto. Nell’aprile 2015, poche ore prima della morte in mare di ottocento migranti al largo della Libia, il più diffuso quotidiano inglese The Sun pubblicò un articolo indegno dal titolo “Salvataggio dei barconi? Mandiamo piuttosto elicotteri d’assalto per fermare i migranti!”. I migranti di Calais, a bordo dei camion diretti in Gran Bretagna, erano definiti un’invasione di selvaggi. Le città inglesi erano infestate da sciami di richiedenti asilo. I migranti erano simili a scarafaggi. Il commissario Onu per i diritti umani sollecitò il governo inglese a rispettare il diritto internazionale nel tenere a freno l’incitamento all’odio, ricordando loro che i nazisti, e gli autori del genocidio in Ruanda, avevano utilizzato la stessa immagine disumanizzante. Resta da vedere se questo cambierà dal momento che le persone, sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, hanno capito che i “lavoratori chiave” – specialmente quelli del settore sanitario, che stanno cercando di salvarli da una pandemia globale – sono soprattutto di origine migrante.
È questo il motivo per cui ho aggiornato questo libro. L’unica poesia che ho aggiunto è stata scritta al ritorno da una visita fatta nel 2016 in un’isola greca in prima linea sul fronte dell’immigrazione europea. L’ho scritta in collaborazione con l’artista siriano Issam Kourbaj per rendere onore al coraggio dei rifugiati siriani scappati a Lesbo nel 2015 e al senso di umanità degli isolani che li hanno accolti. Quando sono tornata, nel febbraio 2020, la situazione era deteriorata in maniera catastrofica, e il campo principale di accoglienza era dominato da violenza e disperazione. La pandemia mondiale sta ulteriormente peggiorando le cose. L’agenzia Onu per i rifugiati aveva già richiesto l’evacuazione urgente delle famiglie e dei malati, dichiarando che “la Grecia è stata generosa e compassionevole nei confronti dei rifugiati, nonostante la difficile e complessa situazione, e le isole dell’Egeo orientale si sono accollate un peso sproporzionato”. Il governo greco potrebbe arrivare a costruire una barriera galleggiante intorno all’isola per fermare il flusso dei migranti, e una parte degli isolani ha affermato di volersi riprendere la propria isola. Ma questo non sminuisce l’umanità della loro prima reazione.
Se rispondiamo alla crisi climatica trasformando i confini in fortezze, chi ci sta dentro adotterà un linguaggio che ne giustifica l’esistenza. Nel gennaio 2020, le Nazioni Unite hanno stabilito che è responsabilità internazionale vietare ai governi di rimandare indietro i migranti nei luoghi in cui le loro vite sono a rischio a causa di fattori climatici, ma le tesi a favore del respingimento dei migranti climatici si moltiplicheranno dappertutto. Il Pianeta potrebbe diventare come la Zattera della Medusa, su cui alcuni si salvano gettando a mare i compagni più deboli.
Ma c’è speranza, e compassione. Durante la stesura di questo libro ho incontrato molte persone e organizzazioni che sostengono senza sosta i migranti in tutti i luoghi, inclusa Lesbo. Nel frattempo scrittori, musicisti e artisti immigrati stanno condividendo la propria esperienza con il pubblico che vuole conoscerla. Spero che questo libro ricordi alle persone che, quando la casa diventa invivibile, la migrazione è la reazione naturale. Così nel 1885 il nonno di Trump arrivò negli Stati Uniti, dopo cinque anni di siccità terribile nella campagna bavarese. Un ragazzo, sedicenne, in tutto simile alle migliaia di ragazzi nel campo di detenzione di Lesbo oggi. È con la migrazione che è stato creato il mondo. Veniamo tutti da un altro luogo.
*Ruth Padel è nata a Londra, dove risiede, e insegna poesia al King’s College. Natura, scienza, musica sono motivi ricorrenti nella sua opera che in dodici raccolte poetiche, tre romanzi e innumerevoli saggi documenta la sua preoccupazione e il suo impegno per la sorte dell’uomo e della natura. Nel 2009 è stata la prima donna a ottenere la
cattedra di Poesia a Oxford. Ha ricevuto numerosi premi ed è stata più volte finalista del T.S. Eliot Prize. Dell’autrice, Elliot ha già pubblicato una singolare biografia/autobiografia poetica di Beethoven, “Variazioni Beethoven. Una vita in versi” (2021) nella traduzione di Paola Splendore.