Azione contro la Fame: con interventi di formazione, progetti innovativi e nuove tecnologie, prepariamo le comunità più vulnerabili a reagire agli eventi climatici estremi
Da tempo, e con sempre maggior frequenza, stiamo assistendo a eventi meteorologici estremi come inondazioni e incendi. Un fenomeno avvertito anche in Italia, che non è nuova ad alluvioni e valanghe, e dove la siccità è diventata recentemente una vera e propria emergenza. Finalmente, seppur faticosamente, la crisi climatica sta conquistando spazio nel dibattito pubblico, anche se la risposta politica si è dimostrata finora debole e inadeguata, a cominciare dagli esiti della recente COP27.
Nell’attesa di un’urgente e decisa azione politica globale, soluzioni per rispondere alle conseguenze della crisi climatica – sviluppando resilienza e strategie di adattamento – sono state efficacemente introdotte in molti paesi del mondo, applicando ricerca scientifica e innovazione ai più tradizionali contesti produttivi, come quello agro-pastorale.
Azione contro la Fame, organizzazione umanitaria internazionale specialista nella lotta alla fame e alla malnutrizione infantile, ne ha sviluppate e promosse alcune, contribuendo a ridurre l’impatto della crisi climatica sull’insicurezza alimentare.
Il problema crisi climatica è anche crisi alimentare
In tutto il mondo gli eventi climatici estremi distruggono case e raccolti. Ma ciò che è meno noto è che il cambiamento climatico è diventato una delle principali cause dell’aumento della fame a livello globale, con oltre 828 milioni di persone in condizioni di insicurezza alimentare.
L’emergenza climatica è anche un’emergenza umanitaria: senza una rapida e decisa inversione di rotta, il riscaldamento globale e la perdita di biodiversità saranno all’origine di nuove crisi alimentari. Gli eventi meteorologici estremi diventeranno via via più frequenti e le stagioni colturali si accorceranno.
Dal 2008, quasi 175 milioni di persone in alcuni dei Paesi più poveri e vulnerabili del mondo sono state costrette a fuggire dalle loro case a causa di disastri legati al clima. E il numero aumenta di anno in anno.
Il fatto più grave è che le conseguenze peggiori del cambiamento climatico sono pagate dai più poveri, dalle comunità che hanno contribuito di meno a causare il problema.
Si tratta di un fenomeno in rapido peggioramento: i Paesi di tutto il mondo stanno sperimentando un numero sempre maggiore di disastri legati al clima e la siccità è la causa principale della denutrizione in più di un terzo dei Paesi che hanno registrato un aumento dei livelli di fame negli ultimi 15 anni.
Il cambiamento climatico è, quindi, una minaccia a lungo termine per la sicurezza alimentare. Entro il 2050, il rischio di fame e malnutrizione potrebbe aumentare del 20% se non si riuscirà a ridurre e prevenirne gli effetti negativi. Siamo oltremodo lontani dal raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile “fame Zero” previsto dall’Agenda 2030.
Le soluzioni, tra tradizione e innovazione
Eppure, alcune soluzioni per mitigare gli effetti della crisi climatica e favorire l’adattamento, esistono e possono essere efficacemente implementate, integrando ricerca scientifica e innovazione alle più tradizionali attività di coltivazione, allevamento e pastorizia.
In molti Paesi Azione contro la Fame sta insegnando agli agricoltori le tecniche di coltivazione più intelligenti dal punto di vista climatico, introducendo pratiche innovative e colture resistenti che possono sopravvivere meglio alle condizioni più estreme.
In Sudan, dove le alluvioni hanno spazzato via i campi e le colture tradizionali, la trasformazione degli appezzamenti allagati in risaie ha rappresentato uno strumento di adattamento ai cambiamenti climatici, e di empowerment per le donne della comunità.
In Bangladesh, dove la crisi climatica è anche crisi alimentare, Azione contro la Fame sta insegnando nuove competenze agricole e offrendo formazione per la micro imprenditoria. Questo duplice intervento assicura che le famiglie possano accedere a cibo sufficiente e nutriente, sia grazie all’autoproduzione che alla generazione di un proprio reddito.
Anche in Pakistan l’organizzazione umanitaria lavora con gli agricoltori per creare terreni dove le colture possano prosperare. Qui sta sviluppando progetti per introdurre colture come le barbabietole da zucchero, che possono contribuire a ridurre i livelli di sale nel terreno.
Nella regione del Sahel, in Africa occidentale, grazie a un innovativo sistema satellitare di allarmi in tempo reale, che li aiuta a trovare i pascoli migliori, i pastori riescono ad adattarsi alla siccità.
In regioni colpite da siccità o da ondate di calore, inoltre, le comunità rurali sono accompagnate a trasformare l’energia solare in energia per alimentare pompe per l’acqua o sistemi di irrigazione. È quanto sperimentato in Kenya con il sistema Smart Tap: gli abitanti della comunità ricevono un piccolo token che se appoggiato su un’interfaccia elettronica consente di prelevare acqua da un pozzo alimentato a energia solare, evitando sprechi e razionalizzando gli usi.
Un altro modello di intervento, infine, è quello sviluppato nelle Filippine, dove Azione contro la Fame collabora con le autorità governative locali per integrare i dati climatici nei loro processi di pianificazione, contribuendo alla creazione di sistemi di allerta precoce per avvisare le comunità vulnerabili dell’imminenza di eventi meteorologici estremi. Inoltre, sono in atto dei progetti per formare gli agricoltori a nuovi approcci agricoli che favoriscono lo sviluppo, creano sicurezza alimentare, aumentano la resilienza e riducono le emissioni di carbonio. Sono solo alcuni esempi di come soluzioni di adattamento ai cambiamenti climatici esistano e siano già state efficacemente implementate in alcune regioni del mondo. Queste, tuttavia, non possono rappresentare una strategia a lungo termine, in assenza di un intervento politico globale in grado di contenere il riscaldamento terrestre sotto il limite di 1,5°C.