Giuseppe Graviano ha utilizzato – secondo i suoi racconti sottoposti al riscontro della Dia – durante la latitanza nel 1993 un appartamento a Milano 3. Al Fatto risulta che nell’informativa del 9 marzo 2022 la Dia dedichi un paragrafo a una circostanza inedita e senza alcun rilievo penale: un altro appartamento del medesimo palazzo era in quegli anni di proprietà di Fedele Confalonieri e della moglie, che lo avevano comprato a maggio 1991 e affittato subito, sin dal settembre 1991, a un tal G.V., senza mai abitare lì. Vicenda che nulla c’entra con Graviano. La circostanza è narrata nell’informativa di 37 pagine dedicata all’individuazione dell’appartamento di cui parla Graviano.
Gli appartamenti esaminati nell’informativa firmata dal capo della Dia di Milano, il colonnello Nicola Bia, sono decine. Tra quelli ‘scartati’ c’è anche l’attico allora intestato a Confalonieri. L’appartamentino ‘giusto’, cioé corrispondente alla descrizione di Graviano è quello di 56 mq al secondo piano. Il proprietario, Corrado Cappellani, ha raccontato al Fatto (e alla Dia) che lui non conosceva gli inquilini ma affittava mediante la Edilnord, società del gruppo dei Berlusconi che ha costruito Milano 3. Il proprietario quindi non avrebbe trovato lui l’affittuario nel 1993. L’attico di Confalonieri invece era una casa ben diversa dall’appartamentino descritto dal boss: sesto e ultimo piano, nove vani catastali, 179 metri quadrati più terrazza e box. Quindi, dopo un esame che prende un paio di pagine, è stato ‘scartato’ dalla Dia.
La circostanza, ribadiamo, non ha rilievo penale, ma fa riflettere sull’attitudine di Graviano a stare sempre in zone in cui c’era una sorta di ‘profumo di Berlusconi’. A leggere le informative della Dia che Il Fatto sta pubblicando si scopre che nel 1993 Graviano fa il Carnevale a Venezia quando lo organizza il gruppo Berlusconi (Publitalia Grandi Eventi) e – secondo la Dia – c’era in città anche Marcello Dell’Utri con altri manager del gruppo; ai primi di agosto è a Forte dei Marmi, dove per la Dia ad agosto in alcuni giorni c’erano i familiari di Dell’Utri; poi va in Sardegna, dove tra fine agosto e i primi di settembre fa capolino Marcello. Ora scopriamo che si autocolloca in un appartamento di Milano3, residence simbolo del berlusconismo immobiliare. Insomma, Berlusconi doveva essere un chiodo fisso per il boss. L’ultimo pranzo lo fa al ristorante “Giannino”, definito dai giornali una sorta di ‘sede parallela’ del Milan. Si fa arrestare a cena con un favoreggiatore che vuole portare il pargolo a giocare proprio al Milan. In tasca ha già i biglietti per andare a vedere Dorelli. Dove? Al Manzoni, teatro di Berlusconi. Una settimana prima stava a Roma con Gaspare Spatuzza a parlare, secondo Spatuzza, di Berlusconi e Dell’Utri al bar “Doney”, poco distante dall’hotel Majestic dove in quei giorni, secondo la Dia, Dell’Utri lavora sulla nascente Forza Italia. Tutte coincidenze che la DIA segnala e che magari non indicano nulla a carico degli indagati Dell’Utri e Berlusconi, ma almeno fanno pensare a un’attrazione fatale da parte di Graviano. In questo senso anche l’appartamentino della Residenza Alberata sotto l’attico di proprietà di Confalonieri sembra coerente con il quadro.
La Residenza Alberata non interessa alla Dia perché lì aveva comprato Confalonieri, ma perché, secondo Graviano, il secondo piano sarebbe stato messo a disposizione di suo cugino Salvatore da Berlusconi. E perché, sempre secondo Graviano, in quell’appartamentino il boss avrebbe incontrato Berlusconi a fine ’93 poco prima dell’arresto a Milano.
La Dia sulla base delle indicazioni fornite da Graviano (due stanze, affaccio sulla caserma dei carabinieri, primo o secondo piano) ritiene di averlo individuato al secondo piano della Residenza Alberata. Scrive la Dia: “Gli accertamenti di cui sopra, che hanno condotto all’individuazione dell’appartamento 223 di proprietà di Cappellani Corrado e del locatario pro tempore Fiore Emanuele, zio di Mangano Antonino (un boss mafioso, Ndr) hanno tratto origine dalle dichiarazioni rese da Graviano Giuseppe all’Autorità giudiziaria fiorentina”.
Come ha scritto ieri Il Domani l’appartamento è stato acquistato da Corrado Cappellani e affittato a Emanuele Fiore, zio paterno di Antonino Mangano. Un personaggio chiave della mafia in quegli anni: arrestato nel 1995 e condannato, come Graviano, per le stragi del 1993. Le stesse stragi per le quali ora sono indagati Berlusconi e Dell’Utri con l’ipotesi, tutta da dimostrare, di aver avuto un ruolo di ‘mandanti esterni’.
Berlusconi e Dell’Utri vanno considerati innocenti. Sono accuse gravissime per fatti enormi di 30 anni fa: gli attentati a Roma contro Maurizio Costanzo e le basiliche nonché le stragi di Firenze e Milano, 10 morti. Le indagini sono state aperte, chiuse e riaperte più volte e potrebbero richiudersi per l’ennesima volta con una richiesta di archiviazione dei pm. Sono ripartite per le dichiarazioni del boss Graviano, che non è un collaboratore di giustizia e potrebbe mentire, inviare messaggi ricattatori e calunniosi.
Anche per questo i pm e la Dia stanno cercando riscontro o smentita alle parole del boss e la questione dell’appartamento (come l’inchiesta tutta) va raccontata in questa chiave di dubbio e verifica, non di certezza.
Nell’informativa del 16 marzo 2022, la Dia di Firenze racconta come nasce questo filone. Si parte dal video della conversazione intercettata in cella il 10 aprile 2016 tra Graviano e il compagno di detenzione Umberto Adinolfi: “Graviano accenna alla propria latitanza e al fatto che in quel periodo aveva a disposizione, tra l’altro, un appartamento all’interno del noto complesso residenziale di Milano 3, la cui proprietà era riconducibile a una persona che il detenuto si guarda bene dal nominare, definendolo genericamente ‘lui’. Inoltre, il predetto riferiva di aver utilizzato un soggetto prestanome per creare una copertura sull’immobile”.
Il 7 febbraio 2020 Graviano torna sul tema al processo “’Ndrangheta Stragista”. Dopo aver descritto le sue pretese economiche verso Berlusconi (derivanti da asseriti e mai riscontrati rapporti di affari del nonno materno con B. negli anni 70) Graviano dice: “Milano 3 faceva parte anche di questo (…) e un giorno mio cugino Salvo mi ha detto: ‘Lo sai? Mi ha dato un appartamento’. Io ci sono stato in questo appartamento’”. Graviano non fa il nome, ma lascia intendere che sia stato Berlusconi a darlo in uso al cugino. Il 20 novembre 2020 ai pm di Firenze offre dettagli:
PM: ci descriva l’appartamento di Milano 3.
Graviano: era un appartamento piccolo, forse un paio di stanze, al primo o secondo piano e c’era l’ascensore.
PM: Quando è stato tratto in arresto aveva con sé le chiavi dell’appartamento di Milano 3?
Graviano: Le chiavi sono sempre state custodite da mio cugino Salvatore, che qualche giorno prima del mio arresto le aveva consegnate, (…) per farmele avere in modo che io potessi utilizzare tale appartamento durante la mia latitanza.
Il centro Dia di Firenze ha fatto quattro informative per trovare l’appartamento (17 dicembre 2020, 5 marzo 2021, 26 novembre 2021 e 4 febbraio 2022) e il 9 marzo 2022 è arrivata la quinta, stavolta a firma del colonnello Bia, capo della Dia di Milano.
Conclusione: “L’unico appartamento corrispondente alla descrizione fatta da Graviano Giuseppe rimane sempre quello di proprietà di Cappellani Corrado (…) Non sono emersi nominativi di ulteriori individui di interesse investigativo oltre a quelli (già indicati in precedenti note) di Fiore Emanuele e, conseguentemente, del fratello Fiore Giuseppe, zii paterni del noto Mangano Antonino da più collaboratori di giustizia indicato come colui che – vicinissimo all’allora latitante Bagarella Leoluca – sostituì i fratelli Graviano, a seguito del loro arresto, nella guida del mandamento palermitano di Brancaccio”. Emanuele Fiore è nato nel 1945 ed è morto nel 2012. Anche il fratello è morto nel 2006.
La Dia dedica un paragrafo all’appartamento di Confalonieri solo per escludere che corrisponda alle indicazioni di Graviano.
La vista sulla caserma dei carabinieri ci sarebbe, ma non è al secondo piano ed è enorme. Come un altro appartamento che vede la caserma ma è di 230 metri, comprato da A.D.M. nel 1991. “Quindi l’ampiezza, il numero dei locali e le caratteristiche specifiche dei due appartamenti sopra indicati hanno concorso a farli escludere dal novero di quelli fra i quali dovrebbe collocarsi quello indicato da Graviano Giuseppe”, scrive la Dia. L’informativa ricostruisce anche la storia delle ‘cessioni’ dichiarate alla Questura per l’appartamento dei Confalonieri. Risulta che è stato affittato subito dopo l’acquisto, già nel settembre 1991. Confalonieri non ha rischiato quindi di incontrare nell’ascensore della Residenza Alberata Graviano, perché non ha mai occupato l’appartamento che poi ha venduto nel 2011.
Se anche Graviano è stato nell’appartamento di 56 metri quadrati al secondo piano affittato da Corrado Cappellani a Emanuele Fiore ciò prova solo che il boss amava stare vicino al mondo di Berlusconi. Il fatto che Graviano frequentasse l’appartamentino di Milano 3 non prova invece che fosse stato messo a disposizione di suo cugino – come insinua Graviano – da Berlusconi. Era affittato allo zio del boss Nino Mangano, non parente di Vittorio. Graviano poteva benissimo aver abitato o visitato quell’appartamento grazie ai suoi amici siciliani, senza agganci milanesi.
Anche perché la Dia scrive che “Indiscutibili sono, infatti qualificati rapporti – anche per il tramite del nipote Mangano Antonino – di Fiore Emanuele, ma soprattutto del fratello Fiore Giuseppe, con soggetti contigui a Cosa Nostra”. Anche Giuseppe Fiore, annota la Dia, è morto nel 2006. Non resta che chiedere al proprietario, Corrado Cappellani, per saperne di più.
Il farmacista di Avola, in provincia di Siracusa, al Fatto dichiara: “Non sono mai stato a Milano 3 e non ho mai visto questo appartamento né ho mai conosciuto Fiore. Pensava a tutto l’agenzia della società costruttrice, la Edilnord. Io ricevevo solo i bonifici”. Le indagini proseguono.
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