È stato appena pubblicato il rapporto “Le emissioni di gas serra in Italia: obiettivi di riduzione e scenari emissivi”, da parte di ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Si tratta di un rapporto “ufficiale” sull’andamento delle emissioni italiane, in quanto gli autori sono in buona parte componenti del gruppo che annualmente realizza le stime delle emissioni di gas serra (e degli assorbimenti di CO2) per l’Italia, dati che sono poi comunicati a livello europeo e alla Convenzione delle Nazioni Unite sul clima (UNFCCC).
Dopo le 7 pagine del capitolo 2, “Il contesto normativo internazionale ed europeo”, un riassunto molto utile sui principali risultati degli ultimi 30 anni di negoziato sul clima e politiche europee, le 28 pagine del capitolo 3, “L’inventario nazionale dei gas serra”, presentano un quadro dettagliato e coerente delle emissioni italiane, il trend dal 1990 al 2021, e la suddivisione per i settori emissivi: nelle 8 tabelle e 29 figure sono mostrati anche gli andamenti dei fattori che determinano le emissioni, ad esempio le percorrenze veicolari o il numero di viaggi aerei.
La riduzione delle emissioni di gas serra in Italia
La sostanza è che l’Italia ha ridotto le sue emissioni climalteranti annue, calcolate in termini di CO2 equivalente, senza considerare i cambiamenti di uso dei suoli (chiamati LULUCF), da 521 a 418 milioni di tonnellate nel periodo 1990-2021.
Dopo aver rispettato gli impegni del primo periodo del Protocollo di Kyoto (dal 1990 al 2008-2012), seppur con l’acquisto di crediti del mercato del carbonio per circa un terzo del suo obiettivo di riduzione, l’Italia ha rispettato i suoi impegni europei per il periodo 2013-2020, superando di molto i propri obiettivi di riduzione.
La riduzione del 20% delle emissioni, rispetto al 1990, (che diventa del 25% se includiamo gli assorbimenti di CO2 del settore LULUCF) riscontrata in particolare dal 2008, è conseguenza della riduzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali a causa della crisi economica e della delocalizzazione di alcune produzioni industriali, ma anche della crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico ed eolico) e di un incremento dell’efficienza energetica.
L’obiettivo di riduzione sul totale delle emissioni è definito a livello europeo; pari al 20% delle emissioni del 2020 rispetto al 1990, per il 2030 è stato fissato in una riduzione del “-55%”, come sancito dal secondo “contributo determinato a livello nazionale” (NDC) trasmesso dall’Unione europea in ottemperanza all’Accordo di Parigi.
La riduzione delle emissioni nei settori “effort sharing”
L’obiettivo per le emissioni italiane è relativo solo ai settori non soggetti al sistema di emission trading (settori non-ETS), ovvero trasporti, riscaldamento civile e terziario, agricoltura, rifiuti e piccola industria, settori coperti da obbiettivi chiamati di “effort sharing”, ossia condivisione dello sforzo. In altre parole, le emissioni dei grandi impianti (centrali termoelettriche, raffinerie, cementerie, acciaierie, vetrerie, ecc.) sono nella “bolla” europea del sistema cap and trade dell’emission trading; quindi, deve essere ridotto il totale (il cap) ed è permesso uno scambio di quote (il trading) fra impianti italiani, francesi tedeschi ecc.. Per le altre emissioni ci sono invece obiettivi specifici nazionali, definiti nell’ambito di accordi di “effort sharing” (condivisione dello sforzo) in ambito europeo, e sono questi a dover essere rispettati.
Il capitolo 4, “Gli obiettivi di riduzione”, spiega come gli obiettivi per i settori “effort sharing” sono stati definiti inizialmente per l’anno 2020 (effort sharing decision, ESD), e poi declinati a livello annuale con una traiettoria lineare, come allocazioni di emissioni annuali che non possono essere superati. L’obiettivo al 2020 (riduzione del 13% rispetto al 2005 e relativa traiettoria con obiettivi annuali) è stato sempre rispettato, nel periodo 2013-2020, con minori emissioni cumulate per circa 190 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (MtCO2eq). Il 2021 è stato invece il primo anno in cui le emissioni ESD hanno superato il limite assegnato, di circa 11 MtCO2eq.
Obiettivi al 2030
Il problema è che gli obiettivi per i settori effort sharing al 2030 (effort sharing regulation, ESR) sono diventati molto, molto più impegnativi. Inizialmente per l’Italia l’obiettivo era stato definito nel -33% (rispetto al 2005), nell’ambito di un obiettivo complessivo dei settori ESR europei del -30%. Poi il rilancio dell’obiettivo europeo in ambito UNFCCC (con il secondo NDC, da -40 a -55% delle emissioni (rispetto al 1990) ha portato ad un obiettivo dei settori ESR per l’Italia a -43,7% (sempre rispetto al 2005, con obiettivo totale EU dei settori ESR ora diventato pari a -40%). Questo valore è stato proposto dalla Commissione Europea e approvato dal Parlamento Europeo il 14 marzo 2023, ma non ha ancora concluso il suo iter. A meno di colpi di scena, è comunque legittimo attendersi che sarà confermato.
Il passaggio dell’obiettivo dal -33% al -43,7%, con una conseguente modifica delle traiettorie di riduzione dal 2023 al 2030, è un aumento davvero significativo dell’impegno italiano nella lotta al cambiamento climatico. In termini assoluti, significa che le emissioni di questi settori ESR, pari nel 2021 a 284 MtCO2eq, dovranno passare nel 2030 non a 230 Mt CO2eq, ma a 194 MtCO2eq: una riduzione del 32% in 9 anni! In particolare dal 2026 al 2030 la riduzione nei settori ESR dovrà essere del 6% l’anno!
Settore civile e traporti più in difficoltà
Come siamo messi? Siamo nella direzione per rispettare questo obiettivo? La risposta arriva dal capitolo 5 del rapporto ISPRA, che riporta uno scenario delle emissioni italiane al 2030 per i diversi settori, considerando le politiche implementate e adottate al 31 dicembre 2021: uno scenario “di riferimento”, ufficialmente inviato alla Commissione Europea il 15 marzo 2023. Secondo questo scenario, le emissioni ESR nel 2030 – con le politiche decise fino a fine 2021 – sono previste in circa 246 MtCO2eq, ben lontane dal nuovo obiettivo ESR 2030 di 194 MtCO2eq (-43,7%): una riduzione del 14%, meno della metà del -32% necessario. Lo scenario di riferimento prevede una riduzione inferiore a quanto necessario nel settore del civile (riscaldamento edifici) e dei trasporti (per il 93% trasporti stradali); in questi settori in particolare si dovrà agire in maniera più incisiva ed efficace, tramite ulteriori politiche dedicate.
Conclusione: è necessario cambiare marcia
Se si esaminano i numeri contenuti in questo rapporto dell’ISPRA emerge in modo chiaro come per fare i “compiti a casa” dell’Accordo di Parigi e della Legge Europa sul Clima, l’Italia dovrà aumentare – e di molto – il suo impegno e le sue politiche per ottenere riduzioni di gas climalteranti, in un tempo molto rapido: i prossimi 7 anni.
Testo di Stefano Caserini, con contributi di Marina Vitullo, Simone Casadei, Giorgio Vacchiano, Vittorio Marletto e Sylvie Coyaud.