Il Corriere rivendica la ormai celebre paginata – con tanto di foto segnaletiche – sui “putiniani d’Italia”. E, nel farlo, insulta Il Fatto liquidando le critiche a quella lista di proscrizione come “propaganda” per vendere qualche copia in più.
Tutte tesi esposte non sulle pagine del Corriere, ma di fronte agli studenti della Luiss da Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del giornale di via Solferino e autrice, ormai un anno fa, dell’articolo in questione, in cui si denunciavano come “putiniani” giornalisti, docenti e opinionisti vari, tra cui Alessandro Orsini, Maurizio Vezzosi e Manlio Dinucci, colpevoli di aver criticato le politiche Nato o essere contrari all’invio di armi a Kiev. Il Corriere si era giustificato citando “fonti di intelligence”, ma l’allora sottosegretario Franco Gabrielli ha più volte smentito che i nomi citati provenissero da un report dei servizi, i quali avevano monitorato solo notizie di stampa su 3 di quei 10 presunti putiniani.
Lungi dal fare un passo indietro, il Corriere oggi rilancia. È il 4 maggio e Sarzanini partecipa alla conferenza “Giornalismo moderno, tra sfide e opportunità”, all’interno di un ciclo di incontri organizzato da alcuni giornali studenteschi della Luiss tra cui Globetrotter.
Ed è proprio Michelangelo Mecchia, direttore di Globetrotter, a chiedere lumi: “Questo tipo di classificazione non rischia di essere uno scivolone per un dibattito pubblico sano, trasparente, non eccessivo e non polarizzato?”. Sarzanini dà ragione allo studente, ma tira dritto: “È così. Infatti l’articolo ha fatto scalpore perché abbiamo dato conto di una verifica che l’intelligence stava facendo attraverso un’indagine su internet e tv riguardo le posizioni che miravano a radicalizzare l’opinione dei cittadini un po’ incerti. C’era un martellamento per orientare l’opinione pubblica. Noi abbiamo dato conto di cosa succedeva in quel momento sui social, per esempio, se Draghi parlava di una certa iniziativa politica”. E ancora: “Siamo finiti sotto attacco di un giornale, Il Fatto, che è un giornale piccolo e ha fatto della propaganda al contrario la sua cifra, perché altrimenti per la politica estera Il Fatto avrebbe avuto pochi lettori. Per questo c’è stata una contrapposizione”. Dunque tutte le critiche alla politica estera di Mario Draghi e degli Usa non erano libertà di espressione disinteressata, ma preciso disegno politico e mediatico. Mecchia è perplesso: “Perché le idee espresse dal Fatto sono bollate come propaganda?”. Ma Sarzanini non arretra: “Il Fatto ha preso questa indagine, che era sulla propaganda, per farne motivo di contrapposizione. Cioè: per un settimana dice ‘Il Corriere, il Corriere, il Corriere…’. Hanno sposato quelle posizioni di propaganda, peraltro propagandando notizie spesso non vere, solo perché potevano diventare la voce antagonista del Corriere e incuriosire il lettore”.