L'iniziativa

In carcere e doppiamente “cattive”: le madri cui la destra vuole togliere i figli

14 maggio - L'appello della Società della Ragione per la Festa della mamma: visitare le detenute che hanno con sé i propri bambini. È stata da poco ripresentato un disegno di leggere che vorrebbe escluderle dalla patria potestà, perché colpevoli due volte: di aver infranto la legge e di aver tradito la propria “missione” genitoriale

Di Grazia Zuffa, presidente di “La Società della Ragione” Onlus
8 Maggio 2023

Madri Fuori: dallo stigma e dal carcere, con i loro bambini e bambine”: questo il titolo dell’appello che invita a entrare in carcere in occasione del 14 maggio, Festa della Mamma, per portare la solidarietà alle donne detenute, alle donne madri in particolare. L’iniziativa è nata dalla proposta di togliere la responsabilità genitoriale (quella che i nostalgici reazionari continuano a chiamare la “patria potestà”) alle donne condannate con sentenza definitiva. L’idea non è nuova, era già contenuta nel disegno di legge a prima firma dell’allora senatore di Fratelli d’Italia Edmondo Cirielli (oggi viceministro), depositato nella scorsa legislatura e ripresentato in quella attuale. La gravità non è solo nella proposta, che si configura come un attacco ai diritti fondamentali delle persone detenute, delle donne in prima linea, guarda caso. È significativa anche l’occasione in cui l’idea è stata rilanciata: la discussione in sede di commissione parlamentare dell’annoso e dolente problema dei “bambini dietro le sbarre” che seguono le madri punite col carcere. Questione seria per un Paese civile, tanto di più se si considera che le donne sono in larghissima maggioranza condannate per reati minori, e dunque la detenzione in carcere potrebbe facilmente essere commutata in pene alternative sul territorio. Ciò che peraltro avviene in molti casi, ma non in tutti: sono le madri più povere – di relazioni, di mezzi, di domicilio stabile – ad avere necessità di portare con sé i bambini in prigione.

Proprio quando in Parlamento si cercava di trovare una via per lasciarsi definitivamente alle spalle questa ingiustizia, gli esponenti della maggioranza hanno depositato emendamenti per rilanciare la campagna contro le “madri indegne”, le “madri degeneri”: perché rimangano in carcere, insieme ai loro figli. E se sono recidive o “pericolose”, che stiano in prigione senza figli. Con lo stigma e lo spettro della perdita della responsabilità genitoriale.

Il rilancio ideologico della “cattiva madre” poggia sull’archetipo patriarcale della donna “doppiamente colpevole”: infrangendo la legge, queste donne hanno “tradito” la “natura femminile”, sono venute meno alla “missione” di madre. L’icona della “missione materna”, pilastro dell’assoggettamento storico femminile, è ormai stata smascherata dalle donne stesse e ha perciò poco corso nella società “fuori”. Ma “dentro” (le mura del carcere), il vento di libertà fatica a entrare. Le donne detenute convivono quotidianamente con la paura “che portino via i bambini”, sulla base del pregiudizio della “cattiva madre”. Ed è una delle “sofferenze aggiuntive” alla perdita della libertà più acute, come emerge dalle ricerche degli ultimi anni. Molte si ribellano, rivendicando con parole piene di dignità di essere madri “sufficientemente buone”, contro lo stereotipo del materno. Come si legge nel volume La prigione delle donne, 2020, Ediesse, p.98: “Non ci reputano capaci di occuparci dei nostri figli solo perché abbiamo agito fuori dalla legge. Vogliono toglierci i figli che sono la nostra unica ragione di vita e l’unica speranza per un futuro diverso” (detenuta, Lecce); “L’ho cresciuta per otto anni, adesso cos’è? Improvvisamente sono diventata una madre incapace?” (detenuta, Firenze)

Per rispondere a questo attacco alle donne, e all’idea di pena finalizzata al reinserimento sociale secondo Costituzione, le donne della Società della Ragione (un’associazione che si batte per i diritti e che da anni conduce ricerche e progetti sul carcere femminile) hanno promosso l’appello citato per dedicare alle donne detenute la Festa della Mamma, dando un nuovo significato, fuori dalla retorica, a questa giornata.

All’appello hanno aderito in tante e tanti, insieme a molte associazioni (fra le tante, la Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Antigone, il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza-CNCA, Altro Diritto, Sbarredizucchero). Sono previste iniziative per discutere della questione e più in generale della detenzione femminile; e si stanno preparando le delegazioni (di parlamentari, consigliere regionali, volontarie, attiviste femministe, garanti dei diritti delle persone private della libertà) per visitare le donne in carcere per la Festa della Mamma (a Bergamo, Torino, Milano, Firenze, Roma, Frosinone e altre città).

Partecipiamo tutte e tutti a questa Festa della Mamma fuori dall’ordinario: perché sia un giorno dedicato alla libertà femminile, al sostegno ai diritti, alla responsabilità e alla solidarietà sociale.

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