Ogni tanto mi fermo a pensare ai miei vent’anni. Quel momento in cui, in fondo, ti senti una sopravvissuta: hai superato la tristissima fase delle medie in cui non sai chi sei e rimani totalmente concentrato nella costruzione della tua identità, ti vesti in modo indicibile e credi di essere felice. Non mi riferisco certo alle nuove generazioni, che sono super alla moda, ma noi, eravamo tremendi. Alle medie una cosa inenarrabile e alle superiori… considerate che siamo nel clou degli anni 90, che ora fanno tanto figo ma vi assicuro che io ho visto cose che voi umani… tipo camicie con l’intera famiglia dei Flintstones ricamata sopra, accostamenti di colore improponibili, ciuffi laccati, ragazze ricce con la frangetta liscia, camicia a quadri da boscaiolo in piena città, ma era il top solo perché la indossava anche Kart Cobain, collane con ciucci di plastica di svariati colori che pesavano quanto il mio gatto, orde di gente che riconoscevi arrivare grazie al jingle degli zoccoli Dottor Scholls. Sì, mi riferisco proprio agli zoccoli da infermiere, quelli bianchi con i buchini. Di un orrorifico che manco Amityville Horror! Forse in quanto a mostruosità solo le Crocs possono competere, che per quanto mi riguarda dovrebbero essere vietate dalla legge. Per non parlare poi delle Birkenstock, che esistevano già ma grazie a dio non andavano ancora di moda. Parliamoci chiaro… puoi indossare un paio di Birkenstock solo se sei Menelao in persona!
Ma in quel momento non fai certo queste considerazioni, ti senti fichissimo e non vedi l’ora di approcciarti al mondo. E come si avvicina una ventenne all’universo amoroso, alle relazioni? Faccio uno sforzo immane tornando indietro nel tempo stile Dark, e i ricordi cominciano a riaffiorare. Innanzitutto, una cosa davvero bella c’era: non esistevano ancora i social, c’erano soltanto i primissimi cellulari in commercio, grossi quanto un monolite.
E quindi, se ti piaceva qualcuno, come glielo facevi capire? So che ve lo state chiedendo. Immaginate un mondo libero dai follow/unfollow, dai visualizzati e da “Mi guarda le storie Instagram quindi è certamente innamorato di me”. Non so a voi ma a me suona meraviglioso!
Quando sei una giovane donna negli anni 2000, e ti piace qualcuno, fai una serie di cose come:
Riguardare Ghost tutte le sere per un mese intero, pensando a lui e struggendoti inutilmente, intanto perché il tuo lui era piuttosto vivo, e soprattutto ahinoi non era certo quel bonazzo di Patrick Swayze a mandare messaggi dall’aldilà.
Quando eri presa bene optavi per guardare Dirty Dancing per la diciottesima volta circa. Il giorno dopo ti facevi la permanente anche se il riccio ti stava malissimo ed eri uguale a tua zia Peppina.
Facevi cose come passare pomeriggi interi al telefono con le tue amiche, a ripercorrere ogni singolo gesto e azione del ragazzo di cui eri pazza d’amore. Telefonate infinite, mirate a dare un senso a cose che senso non ne hanno mai avuto. Tipo: “Mi ha detto che non c’è nessun’altra, io gli credo, il suo sguardo era sincero”, “Se ha alzato il sopracciglio destro in quel momento, vorrà dire sicuramente che mi ama”. Pensieri che purtroppo finiranno presto per degenerare: “Se mi cerca è senz’altro interessato a me anche se non ci vediamo mai, non ha mai tempo per me, il suo spazio emotivo disponibile sembra non esistere, la storia non è ancora partita e già siamo in troppe”.
Più tardi capirai che dietro a qualunque incomprensibile gesto di un uomo, si nasconde il NULLA assoluto, e che gli uomini che non hanno mai tempo per te non vanno neanche presi in considerazione, ma ora tutto è lecito… perché hai solo vent’anni, credi ancora nell’amore eterno, e gli ormoni contribuiscono a offuscare la tua mente.
Chissà perché noi donne abbiamo sempre un enorme bisogno di condividere le emozioni. Quante ore sprecate a parlare di uomini… ore che sommate, se ci pensate diventano giorni, mesi. Sono sicura che anche oggi le ragazze parlano inutilmente ore e ore di uomini, ma non con il mitico telefono doppio della Swatch, e con l’altra sorella che alza la cornetta per ascoltare tutta la conversazione, che poi userà contro di te all’occorrenza, per sputtanarti, qualora ne avesse bisogno.
E quando facevi uno squillo a “lui” per fargli capire che lo stavi pensando? Così, spontaneamente e senza paranoie e ripensamenti alcuni: un meraviglioso, semplice, eloquente squillo. Ribadisco… alla faccia di tutti i visualizzati del mondo e quasi alla stregua della dolcissima e semplicissima espressione, che tanto semplificherebbe le cose: “Ti vuoi mettere con me?”. Cinque parole per esprimere un concetto così bello e propositivo, nella sua semplicità e chiarezza. E invece adesso ci troviamo a combattere con demoni e mostri, appellandoci a medium, esorcisti, guru e analisti di ogni genere, nella speranza di arginare gli uomini ambigui che si aggirano nell’ombra, mandando messaggi vaghi e incomprensibili non si sa bene da quale dimensione occulta e sconosciuta.
E se lui ti chiamava? Ah, allora era giubilo! Eh già, si usava ancora telefonare alle persone. Quanto eros in un semplice gesto! Adesso al massimo ti arriva un messaggio destinato all’intera rubrica o nella peggiore delle ipotesi ti chiama la Vodafone per la sua ultima offerta.
Ma la cosa davvero curiosa è che quando sei una ventenne, e finalmente parte la storia d’amore tanto sognata, ogni volta il lui del momento è il potenziale amore della tua vita, e la cosa incredibile è che ci credi davvero.
Magari il fanciullino ti lascia un mese dopo per un’altra, tu soffri una settimana intera con il pathos di Eleonora Duse e dopo aver ammazzato le tue amiche a colpi di logorrea e aver compreso che “Il cielo è ancora lassù”, ritorni improvvisamente una giovane donna felice e fiduciosa nell’amore, pronta per il prossimo incontro, al quale non arriverai ancora traumatizzata ma gioiosa e piena di buone speranze per il futuro.
E a quarant’anni invece? Come reagirai?
Temo che minimo minimo mediterai il suicidio e sentimenti di odio e rancore ti accompagneranno per il prossimo decennio. Dopo anni di yoga e psicoterapia dirai stop agli uomini e finirai con l’avere un’intera colonia felina. Ma questa, è un’altra storia!