La politica italiana deve prendere coscienza della crisi climatica e portarla in cima alla propria agenda. Sono finiti i tempi per anacronistici distinguo sul cambiamento climatico, è finito il tempo di continuare a giocare sulla vita delle persone, influenzando le opinioni e dando la colpa a nutrie e istrici quando franano intere colline. Vanno messi da parte tutti coloro che sono fuori dal tempo e dalla scienza perché abbiamo bisogno di competenza, responsabilità e azioni immediate.
Per questa ragione il WWF Italia chiede alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica di calendarizzare due sedute urgenti sul cambiamento climatico, per accelerare l’azione di mitigazione (abbattimento delle emissioni climalteranti) e le misure di adattamento necessarie per mettere in sicurezza il nostro territorio che si conferma straordinariamente fragile rispetto all’intensificarsi dei fenomeni climatici estremi che ormai si ripropongono con una velocità e aggressività senza precedenti. È ora che il Paese prenda atto che la crisi climatica è globale, ma gli effetti sono nazionali e locali, con ripercussioni ormai settimanali che devono essere affrontate con strumenti immediati. È ora che il Paese prenda atto che la crisi climatica è qui e ora.
L’inazione e la mancanza di un serio piano di mitigazione e adattamento provocano vittime, mettono in ginocchio intere comunità e producono danni di proporzioni incalcolabili. Solo per la calamità che ha colpito l’Emilia-Romagna si prevede un danno di miliardi di euro.
Anche la sorpresa per l’accelerazione dei fenomeni non giustifica affatto la carenza evidente di azione. Sono anni che gli scienziati disegnano scenari (con dati da incubo) come quelli che ci hanno colpiti in questi giorni. Tutti i dati scientifici ci dicono che non abbatteremo le emissioni climalteranti, la situazione potrebbe peggiorare e potremmo non riuscire a gestirla: ecco perché abbattimento delle emissioni e adattamento alle condizioni ormai provocate devono essere attuate insieme, spesso sono finanche possibili sinergie di azione. La sfida climatica è un problema molto serio: su di esso si misura la serietà della classe dirigente del Paese, a cominciare da quella politica.
Negare la crisi climatica o far finta che non ci riguardi non salverà il nostro Paese dalle conseguenze di una crisi globale che sta mettendo a durissima prova il nostro territorio e i cittadini. Siccità e alluvioni si alternano, con l’effetto di elevare esponenzialmente il rischio. Non agire subito per affrontare la realtà climatica, purtroppo, amplificherà le conseguenze sulla sicurezza e il benessere delle comunità.
Per il nostro Paese, è indispensabile definire il Piano di Adattamento al Cambiamento Climatico, dopo la consultazione chiusasi alcune settimane fa, e renderlo uno strumento efficace per operare le scelte necessarie. La Commissione VAS deve trasmettere gli esiti della consultazione quanto prima, il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica deve chiarire le scelte da compiere e stanziare i fondi necessari. È soprattutto indifferibile l’abbattimento delle emissioni di CO2, metano e degli altri gas climalteranti, per evitare scenari e impatti ingestibili: abbiamo poco tempo e l’Italia dovrebbe essere alla testa degli Stati che vogliono le emissioni zero, non in retroguardia come è attualmente.
Tra le politiche di adattamento che non possono più subire ritardi, quelle di gestione dell’acqua, recuperando una regia unica, superando la frammentarietà della sua gestione a partire dai bacini fluviali. È indispensabile l’azione per ripristinare la naturalità dei fiumi, poiché sono quasi sempre i tentativi umani di irregimentare i corsi d’acqua a moltiplicare i danni e la perdita di vite umane. Bisogna assicurare un effettivo ed efficace governo del territorio.
Ridare spazio alla natura è la migliore cura per la fragilità del nostro territorio. A cominciare dai fiumi. I fiumi hanno bisogno di spazio: gli eventi calamitosi in Emilia-Romagna, causati dagli effetti del cambiamento climatico che determinano precipitazioni violente e concentrate in poche ore provocando vere e proprie bombe d’acqua, hanno messo ancora più a nudo una gestione fallimentare dei nostri corsi d’acqua. Gli alvei sono stati canalizzati, le aree di esondazione naturale occupate, distrutti i boschi ripariali e le zone umide perifluviali che fungevano da vere e proprie spugne in grado di attenuare gli eventi calamitosi e purtroppo la Regione Emilia-Romagna, che peraltro dispone anche di importanti casse di espansione, si è distinta in questa opera di distruzione degli ambienti fluviali come il WWF ha più volte denunciato (dossier 2016).
Bisogna ridare spazio ai fiumi, recuperare aree di esondazione naturale, ripristinare, ove possibile i vecchi tracciati, avviare interventi di rinaturazione diffusi sul territorio. È sempre più urgente una politica di adattamento ai cambiamenti climatici che vada oltre la logica di emergenza e ne consideri gli effetti nella pianificazione ordinaria. Purtroppo la situazione è in continuo peggioramento, come dimostrano i dati sul consumo di suolo che ha ripreso a correre con maggiore forza del passato, superando la soglia dei 2 metri quadrati al secondo e sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, un ritmo non sostenibile che dipende anche dall’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale (ISPRA 2022).