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Cuore e cura del territorio: insieme per l’Emilia-Romagna con la Fondazione Il Fatto Quotidiano

Raccolta fondi per chi ha perso tutto - Un 93enne mi ha detto: non si può morire nel 2023 per un’alluvione

Di Natascia Ronchetti
31 Maggio 2023

DONA ORA: UN AIUTO CONCRETO PER CHI HA PERSO TUTTO

“In un certo senso la tragedia della pandemia ci aveva abbrutiti, ci aveva isolati e divisi. Il dramma dell’alluvione ci ha invece accomunati, con uno spirito di fratellanza che ha coinvolto tutti: sfollati e soccorritori, tra i quali tanti volontari, cittadini che hanno perso tutto e altri che si sono salvati”: gli stessi volontari, da Ravenna a Forlì e a Faenza, a cui ha reso omaggio anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nella sua visita di ieri nei territori devastati dall’alluvione. “Ma c’è ancora bisogno di generi alimentari, di vestiti, di abiti per i bambini. È c’è la assoluta necessità di un sostegno economico: dobbiamo aiutare chi ha perso ogni cosa, a partire dall’abitazione”, spiega Giovanni Morgese, luogotenente dei carabinieri. Morgese è il presidente dell’associazione di volontariato di Ravenna “Cuore e territorio”, che, col sostegno della Fondazione Il Fatto Quotidiano, ha lanciato una campagna di raccolta fondi a favore della popolazione della Romagna, piegata dall’alluvione. L’associazione, nata per affiancare il reparto di Cardiologia dell’ospedale di Ravenna, negli anni ha ampliato il proprio raggio d’azione alle scuole, per sensibilizzare i giovani contro bullismo e violenza di genere, e a tutto il territorio romagnolo per aiutare le persone in difficoltà.

Morgese, ci racconta cosa è accaduto il 16 maggio, quando il fiume Lamone ha rotto gli argini nel Faentino?

La risposta è stata immediata. Alle 22 tutti noi volontari ci siamo recati nella sede del Comune di Ravenna, convocati dal sindaco Michele De Pascale. Poi abbiamo aiutato i soccorritori a raggiungere le persone che abitano nelle aree dove era già arrivata l’acqua o dove si rischiavano gli allagamenti: dovevamo convincerle ad abbandonare le abitazioni. Non è stato facile. Che fossero giovani o anziani, la reazione era in molti casi sempre la stessa. Tanti non volevano lasciare le proprie case, si rifugiavano nei secondi piani. Dicevano: stiamo qui. Preferivano rischiare l’ondata del fiume, piuttosto che perdere ciò che avevano costruito, magari in una vita intera. Il Comune e la Protezione civile avevano allestito vari hub per accogliere gli sfollati: 800 a Lido di Classe, altri 500 a Ravenna, e così via. Lì abbiamo subito inviato i nostri cardiologi e soprattutto i nostri psicologi.

Come hanno reagito gli evacuati?

C’era un fortissimo stato di ansia, ma ci siamo accorti che la presenza di medici e soprattutto di psicoterapeuti contribuiva ad alleviarlo un po’. E c’era tanta paura. Tutti si domandavano come avrebbero fatto a proseguire, ad andare avanti. Intanto dai vari territori arrivavano notizie sempre più drammatiche. Faenza sott’acqua, Lugo allagata… e l’ansia aumentava. Sono stati momenti terribili. Un anziano ci ha detto: ‘Non è possibile nel 2023 morire per una alluvione’.

Cosa è accaduto dopo?

Abbiamo pensato di poter aiutare le persone non solo distribuendo pasti, ma anche raccogliendo materiali per pulire e ricostruire. Io sono anche presidente della Consulta del volontariato di Ravenna. Abbiamo messo in moto il tam tam delle associazioni di volontariato in tutta Italia e sono arrivati trenta camion stracolmi di pale per spalare il fango, gruppi elettrogeni per ridare energia elettrica, candeggina. Adesso è rimasto aperto un solo hub, la maggioranza delle persone è rientrata nelle proprie abitazioni. Ma la situazione è ancora drammatica. Servono generi di prima necessità. Non solo cibo. Anche vestiti, soprattutto per i bambini. Poi ci sono paesi ancora in condizioni fortemente critiche. A Conselice, tuttora allagata, l’acqua è stagnante, con gravi rischi sanitari. E ci sono strade bloccate da tutti i materiali travolti dall’acqua, che sono diventati rifiuti esposti al sole. L’odore è nauseabondo.

Qual è la prima richiesta delle popolazioni alluvionate?

Devono ricostruire: è questo il primo pensiero. Molte persone hanno perso tutto, hanno necessità di un sostegno economico. Per questo abbiamo accolto con grande favore l’iniziativa di avviare una raccolta fondi in collaborazione con la Fondazione del Fatto Quotidiano. La popolazione romagnola ha bisogno di aiuto.

Che cosa l’ha colpita di più?

Tutti abbiamo percepito in modo chiaro la nostra provvisorietà su questa terra. E su quanto la natura sia forte. Così forte da poter spazzare via tutto, travolgendo la vita di migliaia di persone. C’è poi la sensazione di impotenza che queste catastrofi provocano. Ma il pianeta non è nostro. E tutti siamo consapevoli di aver forse sottovalutato i pericoli che derivano dai cambiamenti climatici e che è necessaria una maggiore tutela dell’ambiente.

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