L’altra sera, a Dimartedì, Michele Santoro ha avuto il grave torto di rinfrescarci la memoria sui non-epurati Fazio e Annunziata e sulla ridicolaggine dei paragoni con l’editto bulgaro. Siccome dire la verità è peggio che schierarsi per la pace, Santoro è stato malmenato dal servizio d’ordine del Corriere, cioè da Aldo Grasso (“livore, rabbia, violenza verbale”) e Massimo Gramellini (“livore, massimalismo, cuccagna della destra”). Su Fazio non c’è nulla da aggiungere ai ricordi di Santoro e a quelli di Luttazzi sul Fatto. Sull’Annunziata qualcosa c’è. Nel 1996 Prodi vince le elezioni e lei, da un anno conduttrice di Linea3 su Raitre, sale sul palco di piazza Santi Apostoli per festeggiare coi leader dell’Ulivo: tre mesi dopo è direttrice del Tg3 con la benedizione degli amici Prodi e Fini. Nel ’98 se ne va sbattendo la porta: “Il Tg3 è l’unica isola di socialismo reale”. Nel 2001 B. torna al potere e nel ’02 si prende la Rai, facendone cacciare Biagi, Luttazzi e Santoro. Il 7 marzo ’03 i presidenti delle Camere, Casini e Pera, nominano presidente “di garanzia” della Rai Paolo Mieli, scelto in una rosa di nomi avanzata dall’Ulivo: il resto del Cda va alla destra (Alberoni, Petroni, Rumi e Veneziani). Mieli pone alcune condizioni, soprattutto una: riportare in video Biagi e Santoro (Luttazzi è già archiviato). La Casa delle Libertà risponde con una raffica di attacchi e insulti (in prima fila Calderoli e Butti, futuri membri del governo Meloni), conditi da leggiadre allusioni allo stipendio e alle origini ebraiche.
Il 12 marzo Mieli rinuncia. Ufficialmente il centrosinistra si chiama fuori. Ma poi, in segreto, Fassino vede Casini e gli fa il nome dell’Annunziata che, dopo una variopinta carriera dal manifesto a Repubblica al Foglio, è editorialista e “garante” del Riformista di Polito, giornale di area Ds che piace a destra. B. approva, FI e An plaudono. Il 13 marzo, appena Fassino, Casini e Pera la chiamano, Annunziata accetta senza neppure le minime pregiudiziali poste da Mieli (il rientro di almeno due epurati). “Ci ho pensato un attimo – racconterà – forse meno di un attimo. Poi ho risposto: perché no?”. Dura meno di 14 mesi, la “bresitende ti caranzìa”, senza riuscire a garantire alcunché, a parte le epurazioni permanenti (Biagi, Luttazzi e Santoro) e quelle nuove (Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, Massimo Fini): una contro quattro quando vota contro, quinta dei cinque quando si associa a decisioni sconcertanti delle destre, come la “sospensione” (così chiama la chiusura definitiva) di RaiOt della Guzzanti e l’ispezione contro il Tg3 che ha osato riprendere e trasmettere la contestazione di Piero Ricca a B. in tribunale. Se Grasso e Gramellini hanno qualcosa da smentire, si facciano avanti. Altrimenti abbiano il buon gusto di tacere.